L'attacco

Confindustria radio-tv, stop ai vantaggi fiscali per gli OTT

di R.N. |

Rodolfo De Laurentiis, presidente di Confindustria radio-tv, all’Assemblea di oggi ha attaccato frontalmente le web company: ‘Non sono più accettabili pratiche elusive. Le asimmetrie vanno corrette urgentemente’.

Per crescere serve equità fiscale. E’ questo il chiaro messaggio lanciato oggi da Rodolfo De Laurentiis, presidente di Confindustria radio-tv, nel suo intervento all’assemblea generale a Roma. Presenti, tra gli altri, vertici e dirigenti di Rai, Mediaset, Sky e tv locali.

L’equità fiscale, ha precisato De Laurentiis, è la prima condizione per garantire innovazione e crescita nel settore radiotelevisivo, recuperando ritardi accumulati nel tempo a causa di disparità tra Paesi in fatto di regimi fiscali.

Chiaro il riferimento del presidente di Confindustria radio-tv agli OTT, le grandi web company americane che fanno grossi profitti, aiutati dai sistemi di ottimizzazione fiscale che gli permettono di pagare al minimo le tasse.

Una situazione tante volte denunciata dai broadcaster che da tempo chiedono un level playing field.

L’ambito fiscale è quello in cui, ha sottolineato De Laurentiis, si registra la disparità più evidente. Alcuni OTT utilizzano infatti schemi di cosiddetta ottimizzazione fiscale, ad oggi legale, “che permettono di dirottare in Paesi con regimi fiscali favorevoli i ricavi su cui devono pagare le tasse dirette e indirette“.

L’Unione Europea ha calcolato quanto pesino le tasse sui ricavi extra Usa per le maggiori multinazionali del web ma non solo. Risulta, per esempio, che sui mercati extra americani le multinazionali del web generano in media il 48% dei ricavi totali (dal 26% di Yahoo al 63% di Apple) e su questi pagano in media meno del 2% di tasse.

“Non sono più accettabili – ha detto De Laurentiis – pratiche elusive che drenino risorse dai mercati in cui tali multinazionali operano, per giunta in certi casi restituendo poco in termini occupazionali e distogliendo gettito dalla fiscalità generale, a carico della quale restano i costi sociali e indotti”.

Come pure “non è più tollerabile la concorrenza interna nell’Unione favorita dal ruling internazionale”, ha aggiunto il presidente di Confindustria radio-tv.

E per quanto riguarda le tasse indirette, un esempio su tutti viene proprio dal settore radio-tv: gli abbonamenti ai servizi video on-demand incorporano un’aliquota Iva al 22%, mentre quelli di altri operatori che hanno sedi in Paesi a bassa fiscalità godono di un’aliquota fissata al 4%. E questo finisce “per trasformarsi inevitabilmente in uno svantaggio per tutto il sistema Italia“, ha ribadito De Laurentiis. Il quale ha anche sollecitato l’attuazione di un livellato campo di gara tra le diverse tipologie di servizio, ritenendo la parità di trattamento “precondizione per lo sviluppo di un mercato sano”.

Vanno quindi corrette “urgentemente” le asimmetrie del sistema “che attualmente penalizzano gli operatori tradizionali che si muovono all’interno di un quadro di vincoli e di norme stratificatosi nel tempo“.

Le aree di intervento sono quelle di sempre: tetti alla pubblicità, quote di programmazione e investimento, par condicio, tutela del diritto di autore sulla rete, allargamento delle tutele dei consumatori ai nuovi operatori. E ancora: ridefinizione dei mercati secondo un approccio per industria, la salvaguardia della pluralità e, appunto, la fiscalità.

Piuttosto che ‘inseguire’ i servizi OTT per sottoporli a queste regole stringenti, per De Laurentiis “è importante ritornare alla radice delle logiche sottese e degli interessi tutelati da questo impianto normativo e valutare rapidamente una ‘de-regulation’ per pervenire a soluzioni flessibili, ma effettivamente uniformi”.

 

Passaggio di De Laurentiis anche sugli impegni del governo sul fronte dell’innovazione e della banda larga: per accelerarne lo sviluppo è importante includere il settore radio-tv nell’Agenda digitale italiana ed europea. Si sa che sono stati fissati gli obiettivi e a breve verranno stanziati i fondi per promuovere le politiche industriali ad essi legate.

“Obiettivi e politiche che però ancora oggi non considerano l’audiovisivo, e non è possibile che le parole televisione e audiovisivo non siano contemplate nell’Agenda digitale dove invece il nostro settore deve esserne parte attiva e può giocare un ruolo propulsivo”.

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