L'intervento

Cingolani: “La transizione green ha un costo, servono infrastrutture nuove e accordi internazionali”

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Tutto a un costo, anche la strada da percorrere per arrivare a vivere in un mondo più pulito, rispettoso dell’ambiente, dove comunque si continuerà a innovare e fare impresa, ma in un altro modo. Per il ministro della Transizione ecologica bisogna puntare su nuove tecnologie green e cooperazione internazionale.

Tutto ha un costo, quante volte ce lo siamo sentiti dire e ne ha uno molto grande anche il passaggio ad un’economia a zero emissioni. “La sostenibilità, la difesa dell’ambiente, hanno un costo ed è anche molto alto perché dobbiamo mettere su tecnologie molto impegnative e infrastrutture nuove“, ha dichiarato a RaiNews24 il ministro della transizione ecologica, Roberto Cingolani.

Costo della transizione green e PNRR

In fondo, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), oggi al vaglio del Consiglio dei ministri, è una lista delle spese da effettuare bene, in un tempo congruo e in maniera trasparente ed equa, ma è pur sempre una lista della spesa e soprattutto, per la maggior parte, si tratta di indebitamento e interessi da pagare negli anni a venire.

Costituito strutturalmente in sei missioni base e 16 componenti, per quel che riguarda la transizione green le risorse dovrebbero così essere ripartite: per “Rivoluzione verde e transizione ecologica” circa 57 miliardi di euro (34,6 miliardi per nuovi progetti) e, in aggiunta, anche se è una missione a parte, per “Infrastrutture per mobilità sostenibile” altri 25,33 miliardi (14,13 per nuovi progetti).

Soldi che andranno spesi per realizzare tutto ciò che manca, soprattutto le infrastrutture strategiche, ma anche soluzioni tecnologiche “clean” e agevolazioni per ridurre le emissioni di diossido di carbonio (CO2) e altri inquinanti e per sviluppare nuovi modelli di business “amici dell’ambiente”.

Ieri il Governo sloveno ha annunciato il suo piano per raggiungere l’obiettivo economia a zero emissioni entro il 2050, che dovrebbe costare circa 27 miliardi di euro, proprio per realizzare le infrastrutture necessarie per generare (serviranno nuovi impianti per l’energia pulita), distribuire e stoccare energia elettrica (prodotta da fonti rinnovabili) per alimentare industrie, trasporti, imprese e città (gas e carbone saranno accantonati).

Fondamentali gli accordi di cooperazione internazionale

Deve essere chiaro che se un altro paese produce l’acciaio utilizzando le sorgenti sporche, quest’acciaio ovviamente è più economico. Ci deve però essere un costo dell’anidride carbonica per fare un prodotto che più economico del nostro. Allora – ha spiegato Cingolani nell’intervista riportata da borsaitaliana.it – se il costo di questa anidride carbonica è ben calcolato, e oggi andiamo a 30-40 dollari a tonnellata, ma potrebbero arrivare a 100 dollari, il compratore andrà sempre a chi offre il prodotto al prezzo più basso, perché è più conveniente in termini economici”.

Ecco perché, sempre secondo il ministro, è fondamentale raggiungere degli accordi internazionali, che hanno la forza di imporre coerenza ed equità, ma anche di realizzare politiche orientate senza mezzi termini alla decarbonizzazione.

Il grande piano di investimenti “Green Deal” dell’UE

Per portare avanti il faraonico programma di riduzione delle emissioni inquinanti in tutti e 27 i Paesi dell’Unione europea (-55% entro il 2030, emissioni zero entro il 2050), il Green Deal lanciato dalla Commissione europea, con l’obiettivo di decarbonizzare senza dover rinunciare a crescita e innovazione, migliorando sensibilmente la qualità della nostra vita, necessita di un piano investimenti da più di 1000 miliardi di euro in dieci anni.

Più o meno 500 miliardi saranno messi sul tavolo dall’Unione, di cui 100 miliardi di euro saranno necessari per sostenere chi perderà il lavoro durante questa transizione epocale. Basti pensare che in Europa, nel 2015, c’erano ancora attive 128 miniere di carbone, che davano lavoro a 238 mila persone. Questi impianti andranno tutti chiusi e i suoi lavoratori impiegati altrove, e tutto questo genera un grande costo.

Dal costo ai vantaggi sociali e ambientali

È chiaro che non c’è alternativa a questa transizione. Il degrado ambientale è giunto al suo limite estremo. Se il punto di ritorno è stato passato nessuno lo sa, ma è certo che il clima sta cambiando in maniera rapida e i suoi effetti sono già evidenti a tutti in diverse parti del mondo, con danno enormi all’agricoltura, scarsità di risorse idriche e soprattutto di acqua potabile, carestie, epidemie, dissesto idrogeologico e desertificazione, con conseguenti migrazioni di decine di milioni di persone.

Uno studio pubblicato dalla Stanford University, nei mesi scorsi, stimava la spesa mondiale per la transizione energetica green 100% a trazione rinnovabili attorno ai 73.000 miliardi di dollari per la metà del secolo.

Un costo enorme, da cui però trarre vantaggi di pari dimensione, come aria pulita, migliore qualità della vita in città, ridotto impatto delle malattie legate all’inquinamento, e nuovi posti di lavoro, quasi 29 milioni per l’esattezza.