La sentenza che potrebbe cambiare tutto nel difficile rapporto tra AI e copyright
Una sentenza destinata a segnare un punto di svolta nel rapporto tra intelligenza artificiale (AI) e diritti d’autore è stata emessa nei giorni scorsi da un tribunale federale degli Stati Uniti, distretto Nord della California. Il giudice William Alsup ha stabilito che è legittimo per la società Anthropic utilizzare opere letterarie pubblicate per addestrare i propri modelli linguistici (LLM), anche senza il consenso esplicito degli autori.
La decisione è arrivata nell’ambito del procedimento Bartz v. Anthropic e, secondo quanto riportato nell’articolo di Amanda Silberling per techcrunch.com, rappresenta la prima affermazione giudiziaria concreta del principio secondo cui il “fair use” può estendersi anche al training degli algoritmi di intelligenza artificiale.
Il primo riconoscimento giudiziario del fair use per l’addestramento AI
Secondo la sentenza, l’utilizzo di libri a scopo di addestramento – a condizione che sia trasformativo e non replichi l’opera in modo sostanziale – può essere considerato “uso corretto” ai sensi della normativa americana sul diritto d’autore (Copyright Act). Questo approccio legale, finora solo ipotizzato nelle difese di aziende come OpenAI, Meta e Google, ha ora ricevuto per la prima volta un riconoscimento ufficiale da parte di un tribunale federale.
Il giudice ha tuttavia distinto l’attività di addestramento dall’eventuale responsabilità nella modalità di acquisizione delle opere. Secondo quanto emerge dagli atti, Anthropic avrebbe scaricato milioni di libri da siti pirata per costruire una “libreria centrale” da conservare “per sempre”.
Su questo punto, almeno, il giudice ha stabilito che ci sarà un processo separato per valutare le responsabilità in atti di pirateria digitale e i danni connessi all’uso di copie illegali.
“Il fatto che Anthropic abbia successivamente acquistato una copia di un libro che inizialmente aveva ottenuto illegalmente non la assolve dal reato di furto”, ha scritto Alsup nella sua decisione, “anche se ciò potrebbe influenzare l’ammontare dei danni risarcitori”.
Cosa cambia per i titolari di copyright
La decisione sarà seguita sicuramente da aspre critiche e al momento rappresenta un colpo significativo per autori, editori e creatori di contenuti, che da anni denunciano l’uso non autorizzato delle loro opere da parte delle Big Tech.
Gli effetti principali sono diversi. Sicuramente c’è una riduzione del del controllo sulle opere: gli autori potrebbero non avere più strumenti legali per impedire che le proprie opere vengano utilizzate per scopi di addestramento, a meno che non riescano a dimostrare una violazione specifica al di fuori del fair use.
A cui bisogna aggiungere i mancati introiti da licenze: le aziende AI non saranno obbligate a stipulare accordi economici con gli aventi diritto, rendendo difficile la monetizzazione di contenuti usati come dati di training.
La maggiore incertezza giuridica ne è una conseguenza diretta: ogni caso sarà valutato singolarmente in base al grado di trasformazione e allo scopo d’uso, aumentando i costi e i rischi per chi intende far valere i propri diritti.
Per il settore editoriale e artistico, la sentenza rappresenta un precedente preoccupante, mentre per l’industria dell’intelligenza artificiale è una vittoria significativa, che apre nuovi spazi di manovra nell’uso di contenuti protetti.
Verso una nuova regolamentazione del fair use?
Questa decisione potrebbe accelerare il dibattito sul bisogno di una riforma del diritto d’autore, che negli Stati Uniti non viene aggiornato in modo sostanziale dal 1976 — molto prima dell’avvento dell’AI generativa. Il Congresso sarà ora sottoposto a forti pressioni da entrambe le parti: chi chiede maggiore tutela delle opere creative e chi invoca libertà nell’innovazione tecnologica.
Da notare, infine, che questa evoluzione giurisprudenziale si inserisce in un contesto più ampio di deregolamentazione e interpretazione espansiva del fair use, favorito anche dal clima giudiziario in qualche modo influenzato dal lavoro frenetico e aggressivo dell’amministrazione Trump, anche se la connessione diretta con politiche specifiche resta debole al momento.
Uno scenario aperto e in rapida evoluzione
Sebbene non vincolante a livello nazionale, la sentenza del giudice Alsup è destinata ad avere un forte impatto su cause simili in corso contro OpenAI, Meta, Google e altri attori del settore.
Un eventuale ricorso potrebbe portare la vicenda fino alla Corte Suprema, ponendo le basi per una definizione più chiara — e forse definitiva — del perimetro legale dell’intelligenza artificiale in relazione alla proprietà intellettuale.
Nel frattempo, le aziende AI sembrano ottenere un primo via libera giudiziario, mentre per autori e creativi si apre una stagione di incertezza legale e rivendicazioni complesse.
Come spiegato bene in un recente documento pubblicato dall’EUIPO, l’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale, la tecnologia AI, se utilizzata con rispetto e responsabilità, può diventare un alleato del diritto d’autore, non un suo antagonista, servono però regole chiare, interoperabilità tra sistemi, incentivi alla trasparenza e soluzioni tecniche per la rilevazione automatica della provenienza dei contenuti.