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Agenda 2030, il Rapporto per l’Italia: solo il 38% delle imprese innova, diminuisce la CO2

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L’Istat ha rilasciato la sua seconda indagine nazionale sugli obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdg) contenuti nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Crescono le aziende che innovano e scendono anche se di poco le emissioni inquinanti. L’Italia nella media Ue, ma con forti differenze interne.

A distanza di quattro anni dal lancio dell’Agenda 2030 da parte delle Nazioni Unite, l’Istat ha pubblicato la seconda edizione del “Rapporto Sdgs 2019. Informazioni statistiche per l’Agenda 2030 in Italia”. Gli Sdg sono i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile, finalizzati all’eliminazione della povertà, alla protezione del pianeta e al raggiungimento di una prosperità diffusa, contenuti all’interno dell’Agenda.
L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità, che è stato sottoscritto nel settembre 2015 dai Governi dei 193 Paesi membri delle Nazioni Unite.

L’Istat, come gli altri istituti nazionali di statistica, ha il compito di costruire l’informazione statistica necessaria al monitoraggio dell’Agenda 2030 per il nostro Paese e a contribuire alla realizzazione di questo progetto globale.
I 17 obiettivi sono declinati in 169 sotto obiettivi. Lo United Nations Inter Agency Expert Group on SDGs (UN-IAEG-SDGs) ha proposto una lista di 244 indicatori (di cui 232 diversi) necessari per il loro monitoraggio, che costituiscono il quadro di riferimento statistico a livello mondiale.

Il Rapporto Istat propone un ulteriore ampliamento del panorama degli indicatori: gli indicatori UN-IAEG-SDGs sono ora 123, per un totale di 303 misure statistiche nazionali (di cui 273 diverse), tutte disponibili sul sito dell’Istituto nazionale di statistica.

Per quanto riguarda l’Italia, prendendo come riferimento l’obiettivo 9 (Imprese, innovazione e infrastrutture), risulta che solamente il 38,1% delle imprese ha avviato attività innovative di prodotto e/o processo. Altro dato rilevante è quello relativo all’obiettivo 13 (Lotta contro il cambiamento climatico), che segna un calo della CO2: abbiamo raggiunto 7,2 tonnellate di CO2 emesse per abitante.

Sull’Sdg 9, l’incidenza di imprese che introducono innovazioni tecnologiche è tornata a crescere nell’ultimo triennio. Grazie alla maggiore crescita registrata dalle imprese del settore industriale e da quelle con un numero di addetti tra 10 e 49, il numero di imprese innovative è aumentato nell’ultimo triennio di 6,2 punti percentuali, arrivando a quota di 38,1 imprese ogni 100.
La propensione all’innovazione risulta superiore al Nord (con l’eccezione della Valle d’Aosta), con 43 imprese innovative su 100, e inferiore al Centro (34,7%) e al Sud (28%).

Il punto 13, quello relativo all’inquinamento e il contrasto al climate change, registra un aumento e livello mondiale delle emissioni di diossido di carbonio o CO2 del 40% rispetto al 2000.  In Europa (Ue28), l’indicatore sulle “Emissioni di gas serra ed altri gas climalteranti pro capite” registra una lieve diminuzione tra il 2015 ed il 2016, passando da 8,8 a 8,7 tonnellate di CO2 equivalente pro capite.
Anche in Italia, con un valore al di sotto della media Ue28, la variazione è analoga, da 7,3 a 7,2 tonnellate pro capite.

Tra le attività produttive, la prima responsabile delle emissioni nel nostro Paese è l’industria manifatturiera (22,1%), quindi la fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata (21,7%). Seguono, a pari livello, le due componenti che derivano dalle attività delle famiglie (24%): “Riscaldamento/raffreddamento” e “Trasporto”, che incidono per il 12% ciascuna. Le posizioni successive sono occupate dalle attività della componente produttiva “Trasporti e magazzinaggio” (10,8%), da “Agricoltura, silvicoltura e pesca” (9%), da “Fornitura di acqua, reti fognarie, attività di trattamento dei rifiuti e risanamento” (5,7%).

In termini energetici, infine, l’Italia ha visto diminuire progressivamente nel tempo l’intensità energeticaprimaria: da 113,2 (2006) a 98,4 (2016) tonnellate equivalenti di petrolio per 1000 euro di PIL.
Nel corso degli ultimi dieci anni la quota di consumo di energia da fonti rinnovabili ha registrato in Italia un incremento considerevole, anticipando al 2014 il raggiungimento dell’obiettivo nazionale fissato per il 2020 (17%). Dopo il rallentamento nella crescita segnato tra il 2013 e il 2015, nel 2017 torna a crescere la quota di consumo da fonti energetiche rinovabili, attestandosi al 18,3% (+0,9 punti percentuali rispetto al 2016).
Gli ultimi tre anni segnano però un’inversione di tendenza e la percentuale di consumi di energia elettrica coperti da fonti rinnovabili diminuisce nel 2015-2016, per calare ulteriormente di 2 punti percentuali nel 2017 e raggiungere il 31,1% (-2 punti percentuali).