SOCIAL NETWORK: ‘Uccidiamo la Gelmini’, minacciano decine di Gruppi Facebook

di Flavio Fabbri |

VINTI

Tempi duri per il ministro dell’istruzione Mariastella Gelmini, con il fiorire su Facebook di decine di Gruppi che inneggiano alla sua uccisione o alla sua morte. Dopo l’attrito istituzionale con il suo collega al dicastero dell’Economia, Giulio Tremonti, per il rinviato finanziamento della tanto contestata riforma scolastica, il reggente del MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) deve fare i conti con l’aggressività delle reti sociali.

Si tratta di pagine a dir la verità poco frequentate, in media tra 50 e 100 iscritti, ma sicuramente numerose e molto violente nella scelta dei nomi: ‘Uccidiamo la Gelmini‘, ‘Per chi odia la Gelmini’, ‘Gelmini a morte‘ e tanti altri più o meno simili. Il mondo della politica si è subito chiuso a riccio attorno al ministro dell’Istruzione, appellandosi alla calma e chiedendo di abbassare i toni di questi ultimi mesi, evidentemente troppo alti e concitati.

Maurizio Fugatti, parlamentare della Lega Nord, ha espresso immediatamente “massima vicinanza e solidarietà al ministro“. Mentre il ministro delle Pari Opportunità, Mara Carfagna, ha sottolineato come: “Tutte le grandi riforme e i veri riformatori sono stati sempre bersaglio di critiche e attenzioni violente che, spesso, scadono nell’insulto e nella minaccia“.

Certamente le vivaci e partecipate manifestazioni del mondo della scuola e delle università, dagli studenti ai ricercatori precari, hanno alzato la tensione e i toni del confronto, ma dare troppa importanza a ciò che accade su Facebook, invece che nel paese reale, è anche questo un errore.

Probabilmente, dar modo a chi crea e alimenta questi Gruppi ‘violenti’, anche se a parole, di accedere alla ribalta mediatica è un grave errore. La violenza, sotto qualsiasi forma, è sempre da condannare, ma bisogna saper discernere tra ciò che è realmente una minaccia e ciò che è pura e semplice goliardia, pur se brutale. Compito delle Istituzioni, oggi più che mai, è riallacciare al più presto un rapporto diretto con la società civile, quest’ultima sempre più lontana dai partiti e diffidente della politica. Solo così si isoleranno i violenti e si spegneranno tutti i focolai di intolleranza e di violenza, che la crisi economica promette drammaticamente di accendere in tutto il paese.