Frequenze Tv: ecco perché a Cairo converrebbe partecipare all’asta

di Raffaella Natale |

Cairo sta valutando il dossier. L’investimento appare ragionevole: non inciderebbe in modo pesante sul business plan e gli garantirebbe anche la possibilità futura di rivendere il mux per la banda larga mobile.

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Urbano Cairo

Gli operatori hanno cominciato a studiare il dossier per valutare la partecipazione all’asta per le frequenze televisive (ex beauty contest) prevista per l’estate, anche se restano i problemi relativi al posizionamento dei canali sul telecomando.

Secondo voci, in lizza potrebbe esserci Urbano Cairo. Non è escluso che, oltre ad altri piccoli e medi broadcaster, anche banche d’affari (come Clessidra) o investitori finanziari possano essere interessati all’asta. Si tratta, infatti, di un piccolo investimento, la base d’asta è di 90,75 milioni per i tre multiplex in gara (30 milioni circa per 1 mux), che nel prossimo futuro, in vista della liberazione delle frequenze per la banda larga mobile, potrebbe essere monetizzato in maniera esponenziale ricedendo i mux allo Stato a peso d’oro. 

 

L’imprenditore torinese, che lo scorso anno ha comprato La7 da Telecom Italia Media per 1 mln di euro, sta giustamente valutando l’eventuale partecipazione all’asta, avendo in cassa gli 88 milioni avuti da Telecom Italia al momento della cessione.

L’operazione sarebbe fattibile, secondo voci raccolte da Key4biz, e Cairo potrebbe usare 30 mln di quella ‘dote’ per acquistare un multiplex.

Se così fosse, farebbe anche un piacere a Mediaset, per esempio, evitando che quelle frequenze vadano a un operatore già sul campo o a un new entrant.

 

Una possibile mossa di Cairo in questa direzione sembra, quindi, verosimile perché non peserebbe in maniera ‘stravolgente’ sul business plan e non si presenterebbe neanche il problema delle realizzazione delle reti di trasmissione, perché lo deve fare in cinque anni e coprire il 50% del territorio e il 10% di tutte le regioni italiane che si può fare tranquillamente con una ventina di trasmettitori e che comunque potrebbe anche affittare. Non si tratta quindi di un impegno gravoso per il proprio bilancio.

 

La base d’asta è, infatti, praticabile anche per piccoli operatori per cui può essere un’operazione ragionevole: compri le frequenze e diventi un operatore infrastrutturale senza l’onere di costruire le reti di trasmissione ma affittando i trasmettitori. Del resto Cairo oggi li affitta da Timb (Telecom Italia Media Broadcasting) che in ogni caso non vedrebbe ridurre di molto il suo valore se perdesse questo cliente, in quanto resta un potenziale carrier.

Sulle frequenze acquistate, Cairo potrebbe ospitare oltre ai propri canali televisivi anche altri e diventare un competitore sulla capacità trasmissiva, vista la fame di banda che c’è al momento e di cui potrebbe aver bisogno anche Mediaset in un prossimo futuro.

 

Molto più difficile, invece, capire quanto Sky Italia possa essere interessata a partecipare all’asta per ampliare l’offerta sul digitale terrestre dov’è già presente con il canale Cielo.

 

Il ragionamento sulla convenienza o meno di Cairo di partecipare all’asta è ovviamente estendibile anche per altri piccoli e medi broadcaster come Discovery che in Italia possiede sette canali.

La domanda che devono porsi è: conviene ammortizzare questi 30 mln di euro in venti anni di licenza con l’eventuale possibilità di partecipare alla liberazione dello spettro quando sarà necessario per i servizi di banda larga mobile e quindi di monetizzare in quella fase l’investimento?

La risposta sembra scontata ed è per questa ragione che sicuramente l’asta non andrà deserta.