Industria dei contenuti, Catricalà: ‘Subito nuove norme per eliminare asimmetrie con gli OTT’

di Raffaella Natale |

Agli investitori pubblicitari, il viceministro ha detto di fare come negli USA: ‘Autoregolamentazione contro gli spot sui siti pirata’.

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Antonio Catricalà

Si comincia a lavorare al tax credit per chi investe in pubblicità. Il viceministro per lo Sviluppo economico con delega alle Comunicazioni, Antonio Catricalà, ha accolto la proposta dell’Upa, associazione che rappresenta gli investitori pubblicitari, che per voce del suo presidente, Lorenzo Sassoli de Bianchi, aveva chiesto al governo ‘misure shock’ per uscire dalla crisi (Leggi Articolo Key4biz).

 

Nei giorni scorsi – ha dichiarato il viceministro – ho ricevuto la proposta dell’UPA e con convinzione mi sono subito adoperato con il Ministero dell’economia e la Ragioneria generale dello Stato per il suo accoglimento”, perché “credo che sia giusta, ragionevole e praticabile”.

 

Il viceministro ha poi risposto all’Upa anche in merito alla Rai, sottolineando che la tv di Stato sta attraversando un momento molto particolare, per la crisi di tutto il settore ma anche per via di un modello ormai obsoleto e inadeguato e per la necessità di dotarsi di un piano di politica industriale in cui inquadrare il suo ruolo di servizio pubblico.

 

La prima questione da affrontare, ha indicato Catricalà, è quella del finanziamento della Tv pubblica e, per quanto riguarda il canone, bisogna intervenire “studiando forme praticabili e ragionevoli che consentano un recupero dell’evasione”.

 

“Ma la vera questione di fondo – ha sottolineato – è forse l’unica vera grande ragione per giustificare non solo la lotta all’evasione, ma addirittura le motivazioni del pagamento di un canone, non può prescindere da un recupero di credibilità della Rai e della sua missione di servizio pubblico”.

 

In occasione del rinnovo della concessione nel 2016, ha ricordato Catricalà, il Ministero intende avviare una grande consultazione sulla missione di servizio pubblico.

Le misure prospettate potrebbero quindi essere oggetto anche di un intervento legislativo.

“E’, infatti, chiaro che, in assenza di ipotesi di rinnovo implicito, sarà una legge – di una riga o di cento articoli – a dire cosa si dovrà fare il 7 maggio 2016. Altrimenti sarà il caos totale, con la Corte dei Conti che potrebbe intervenire contro chi, senza titolo, potrebbe beneficiare di risorse pubbliche”.

 

Nessuno – ha ribadito – ha intenzione di togliere la concessione alla Rai. Quello che però non è più tollerabile, è l’esistenza di un partito Rai e di un mondo Rai incapaci di guardare oltre la siepe”.

 

L’idea di conferire la Rai a una Fondazione, come consigliato dall’Upa, “è certamente degna della massima considerazione. Ed è probabilmente un sistema efficace per governare un’azienda complessa che deve fornire al tempo stesso una programmazione di servizio e di qualità senza trascurare gli ascolti e la sua presenza nell’ambito di un mercato fortemente competitivo”.

 

Per quanto riguarda, invece, la seconda proposta dell’Upa per la Rai, quella di ipotizzare una rete generalista senza pubblicità, “ha dei pregi“, ma il “tema è complesso” ed è di competenza del legislatore.

 

Passando all’importanza di tutelare la produzione di contenuti, ha sottolineato la necessità di difesa della produzione italiana ed europea dalla “crescente egemonia degli aggregatori di contenuti che fatturano miliardi di pubblicità in Europa, non investono un euro in prodotto originale, occupano poche centinaia di persone rispetto alle centinaia di migliaia di lavoratori europei del settore e non pagano le tasse, se non in misura molto ridotta in

alcuni paesi a tassazione limitata”.

Cosa fare? “Prevedere un contesto di norme in grado di attuare un assetto equo e leale nel confronto con i colossi di Internet che, diversamente, potrebbero diventare gli unici interlocutori per mettere domani a disposizione i contenuti editoriali e audiovisivi a livello mondiale, spazzando via gli attuali equilibri della distribuzione“.

E ancora: “Occorre che la contaminazione tra piattaforme venga disciplinata in un contesto regolamentare appropriato che deve tener presenti le pesanti asimmetrie oggi esistenti in favore degli operatori over-the-top nei confronti del mondo delle telecomunicazioni e del settore televisivo”.

 

Sul diritto d’autore, Catricalà ha ricordato che l’Agcom sta definendo un intervento regolamentare. Il viceministro ha però voluto precisare che, riguardo alla crescente pubblicità sulle piattaforme illegali, oltreoceano le associazioni di categoria hanno dato vita ad accordi interessanti con l’obiettivo di sensibilizzare i propri membri ad autoregolamentarsi contro la pubblicità non intenzionale sui siti pirata.

Best practices che il viceministro auspica possano trovare applicazione anche in Italia: “Credo – ha commentato rivolgendosi agli investitori pubblicitari – che la strada intrapresa dalla vostra controparte americana sia un modello da seguire”.