Google agli editori, ‘Non siamo parassiti. Favorevoli a collaborazione commerciale anche in Italia’

di Raffaella Natale |

Ma, sottolinea Carlo D’Asaro Biondo, nessun esborso per i contenuti.

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Non siamo parassiti“. Carlo D’Asaro Biondo, vice president e responsabile South East Europe, Middle East e Africa di Google, risponde così alle accuse degli editori sul tema del diritto d’autore.

Il primo a definirli ‘parassiti’ fu nel 2011 il magnate dei media Rupert Murdoch, proprietario tra l’altro anche del Wall Street Journal, sostenendo che il servizio Google News “ruba” dai giornali senza alcun rispetto del diritto d’autore (Leggi Articolo Key4biz).

Da allora ne è passata acqua sotto i ponti. Il gruppo di Mountain View ha trovato l’accordo con gli editori francesi (Leggi Articolo Key4biz) e quelli belgi, mentre la Germania ha preferito la via legislativa con la Lex Google (Leggi Articolo Key4biz).

 

Nei giorni scorsi, una coalizione di editori ha invitato l’Antitrust Ue a respingere i rimedi proposti da Google, perché ‘totalmente indaeguati’ a far cadere l’accusa di sospetto abuso di posizione dominante sul mercato della ricerca online. Gli editori, tra i quali anche la Federazione Italiana Editori Giornali (FIEG), chiedono alla Ue di procedere, comminando le sanzioni previste dal Trattato Ue se Google non dovesse correggere il tiro (Leggi Articolo Key4biz).

 

E in Italia?

 

Il sottosegretario all’Editoria, Giovanni Legnini, oggi è tornato nuovamente sulla questione, proponendo “un accordo made in Italy tra editori e motori di ricerca”.

Legnini ha quindi evidenziato che “gli editori hanno il diritto di essere indennizzati per l’utilizzo dei contenuti editoriali da parte dei motori di ricerca e i motori di ricerca possono a ragione invocare anche un accrescimento della qualità dei contenuti dei prodotti editoriali“. Legnini ha poi spiegato che qualora andasse a buon fine questo accordo fra Google e gli editori, il governo chiederà “che le risorse ricavate vengano utilizzate per sostenere il progetto di innovazione nel settore dell’editoria con l’uscita degli anziani e l’ingresso dei giovani e con l’utilizzo di nuove tecnologie”. 

Carlo D’Asaro Biondo in un’intervista al Sole24Ore ha dichiarato: “Noi siamo disponibili al dialogo non solo con la FIEG ma con tutti. Ma se veniamo definiti parassiti diventa tutto più difficile“, aggiungendo “sul diritto d’autore siamo completamente d’accordo, va protetto. I contenuti sono un valore che ha un’importanza sia sociale che economica. E Google ha messo in piedi tutto quanto può per la tutela del diritto d’autore”.

 

Sul tema dell’indicizzazione delle notizie online, D’Asaro ha detto che Google “porta il 40-50% di traffico in cambio dell’indicizzazione” e dunque “dovrebbe essere considerato un amico o un partner. Non un parassita. Google fornisce un servizio gratuito ai clienti. Ma che per Google non è gratuito”.

 

Cosa dovrebbero, allora, fare gli editori per monetizzare i contenuti?

Per il manager di Google, “Bisogna discutere il modo. Con alcuni operatori italiani lo stiamo già facendo. Non si tratta di riconoscere esborsi per i contenuti, ma di stabilire forme di collaborazione con gli editori, perché siano messi nelle migliori condizioni di far crescere il loro business”.

 

Gli editori italiani, invece, come emerge dalla nella Lettera aperta al Governo, chiedono regole chiare che garantiscano un livello adeguato di protezione e remunerazione dei contenuti editoriali.

 

Sull’argomento è intervenuto anche il presidente dell’Antitrust, Giovanni Pitruzzella, che ha inviato a Governo e Parlamento una segnalazione per mettere all’ordine del giorno “una disciplina che contempli strumenti idonei a incoraggiare su internet forme di cooperazione virtuosa tra i produttori di contenuti editoriali e i fornitori di servizi innovativi che riproducono ed elaborano i contenuti protetti dai diritti di proprietà intellettuale” (Leggi Articolo Key4biz).

 

Il tutto poi si complica ulteriormente perché contro Google e gli altri OTT puntano il dito anche i broadcaster. Mediaset e Sky hanno denunciato le forti asimmetrie normative tra operatori televisivi e internet, che creano una competizione sbilanciata a vantaggio di questi ultimi (Leggi Articolo Key4biz).

 

A riguardo, in audizione presso la Commissione Cultura della Camera, il Viceministro con delega alle Comunicazioni, Antonio Catricalà, ha detto di ritenere “necessario che ci siano regole simmetriche per tutti i protagonisti del settore delle comunicazioni”, soprattutto per i cosiddetti OTT che “non investono e non producono, utilizzando il lavori di altri, e pagano le tasse nei paesi di comodo“.