Rai, servizio pubblico all’asta? Catricalà non lo esclude

di Raffaella Natale |

Nel 2016 scade il contratto con la Rai. Il Viceministro ha spiegato che il Paramento potrebbe anche decidere che il servizio pubblico passi ‘al migliore tra tutti i possibili competitors'.

Italia


Antonio Catricalà

C’è baruffa nell’aria. Il Report di Mediobanca, secondo il quale se lo Stato decidesse di vendere la Rai potrebbe arrivare a incassare “circa 2,4 miliardi di euro” (Leggi Articolo Key4biz), accompagnato alle riflessioni su quanto è successo alla Tv pubblica greca e alle indiscrezioni di stampa che ipotizzano un bando aperto per l’assegnazione del contratto di servizio e la dismissione di parte degli asset dell’azienda televisiva, ha sollevato un polverone.

Oggi il Viceministro allo Sviluppo economico con delega alle Comunicazioni, Antonio Catricalà, ha dovuto chiarire un po’ di cose in un’intervista rilasciata a Radio Radicale.

 

Il capogruppo del Pd in commissione di Vigilanza, Vinicio Peluffo, ha chiesto “Qual è esattamente l’idea del governo e del viceministro Catricalà sul futuro della Rai? Quando, dove e come inizierà questa discussione su che tv vorrete guardare e pagare?”.

Peluffo ha ricordato che il contratto di servizio tra Rai e governo è scaduto lo scorso 31 dicembre e che azienda e governo devono predisporre il nuovo che durerà fino al 2016. A riguardo, la Commissione di Vigilanza deve esprimere un parere obbligatorio. Per questo, ha concluso l’esponente democratico, “chiederò al presidente della Commissione di Vigilanza di audire il Viceministro Catricalà, subito dopo l’audizione dei vertici Rai prevista per martedì prossimo”.

 

Catricalà ha, intanto, chiarito a Radio Radicale che “Nel 2016 scade una concessione, la convenzione scade anche prima ma il fatto giuridicamente rilevante è che a maggio 2016 la Rai è priva della concessione per la gestione del servizio pubblico radiotelevisivo, quello che potrà accadere appartiene al domani, noi però dobbiamo preparare ogni eventualità“.

 

“Io non credo  – ha aggiunto – che sia probabile che altri soggetti pubblici attrezzati come la Rai, in termini di competenze, di risorse, di frequenze e di potenza dal punto di vista trasmissivo possano coprire il servizio pubblico meglio di quanto non faccia la Rai”.

 

“E’, però, chiaro – ha indicato – che il Parlamento italiano potrebbe dire ‘vorrei che andasse al migliore tra tutti i possibili competitors'”. “Quello che noi possiamo fare è preparare il terreno – prosegue – In che modo? Oggi abbiamo la possibilità di fare una mini consultazione, anche limitata nel tempo, di soggetti estranei alla Rai e al circuito tradizionale di consultazione, ferme restando le competenze della commissione parlamentare di vigilanza, sul contratto di servizio che stiamo andando a rinnovare. Questa potrà essere poi un’occasione e un banco di prova per sperimentare una consultazione più vasta su quello che noi intendiamo debba essere il servizio pubblico. Comunque ogni decisione in questo campo passa per il Parlamento“.

 

Alla Rai potrebbe, quindi, succedere quanto successo alla greca ERT? Catricalà esclude “nella maniera più assoluta” che “possa esserci un pericolo come quello greco“, perché la Rai “è florida“.

 “No, io non penso che ci sia quel termine di paragone utile con la situazione del servizio pubblico in Grecia, da noi questo rischio non c’è”.

 

I dubbi, però, restano, specie perché la Tv pubblica sicuramente non è così ‘florida’ come sostiene il Viceministro, nel bilancio 2012 si sono registrate perdite pari a 244,6 milioni di euro, senza dimenticare i grandi sprechi per i cachet ‘stellari’ garantiti ad alcuni big del prime time (Leggi Articolo Key4biz).