ANICA e APT precisano: fermare gli aggregatori di film online, gli Over The Top rispondano alle leggi nazionali

di di Raffaele Barberio |

Per le associazioni, ‘i servizi di comunicazione ICT sono strumenti di accesso all'offerta legale per gli spettatori così come lo sono le sale cinematografiche e non riteniamo debbano essere sottoposti a prelievo’.

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Cinema

L’industria del cinema non ci sta. Non ci sta a vedere depredati i prodotti da una pirateria organizzata e internazionale che non perdona e che impoverisce l’intero ecosistema. Ma è consapevole della forza del proprio prodotto, non solo dal punto di vista industriale, ma anche culturale e sociale. Il cinema non dà solo emozioni: se da un lato fa sognare, dall’altro informa, sollecita, dà appartenenza sociale e culturale, aggrega. Insomma ci sono tutti gli ingredienti per chiamare alla mobilitazione.

Internet è una cosa fin troppo importante, come viene riconosciuto oggi da tutte le associazioni del mondo del cinema, e il malinteso diritto di accesso illegale ai prodotti dell’industria culturale rischia di arrecare danni ideologici su una rete che sarebbe incapace di proteggere i prodotti, creare valore, competenze, occupazione e benessere.

Ma così non è.

Difendere i prodotti su rete dallo sfruttamento illecito, che spesso arricchisce le mafie che si stanno spostando da tempo dalla strada ai bit, diventa così una battaglia di civiltà.

 

Qualche giorno fa 17 associazioni dell’industria cinematografica hanno inviato ai ministri Flavio Zanonato (Ministero Sviluppo Economico) e Massimo Bray (Ministero Beni Culturali) un appello in 8 punti in cui si chiedeva tra l’altro di “…Introdurre un prelievo di scopo integrale sulla filiera degli utilizzatori successivi alla sala che coinvolga anche gli operatori della rete (Siti e Provider, Over-The-Top e Telecom), favorendo la creazione di piattaforme di commercializzazione e fruizione legali, per ristabilire il corretto rapporto economico tra le opere e il pubblico che le sceglie, su qualsiasi mezzo…”.

 

Una richiesta, va precisato, un pò sommaria nel non fare i dovuti distinguo tra operatori della rete e piattaforme di commercializzazione. Tra queste ultime figurano infatti anche operatori di TLC che offrono servizi in regola con la normativa vigente e rispettose delle prerogative dei possessori dei diritti di sfruttamento. Altra cosa sono le sacche di mancato rispetto delle norme a causa delle asimmetrie regolatorie (società che operano in Italia, ma rispondono a leggi estere o società che operano in Europa e rispondono a leggi americane) di cui godono piattaforme internazionali, quasi sempre riconducibili ai cosiddetti Over-The-Top.

 

Necessaria quindi la precisazione di due tra le associazioni firmatarie, ANICA e APT, che stamane hanno puntualizzato:

ANICA e APT, anche alla luce della collaborazione che si è instaurata tra Confindustria Cultura Italia – di cui le due associazioni fanno parte – e Confindustria Digitale sulle fondamentali materie dell’offerta legale in rete di prodotti audiovisivi e della lotta alla pirateria, pensano che sia corretto distinguere tra le diverse figure degli operatori della rete.

I servizi di comunicazione ICT sono strumenti di accesso all’offerta legale per gli spettatori così come lo sono le sale cinematografiche e non riteniamo debbano essere sottoposti a prelievo. La giusta remunerazione deriva già dal corretto rapporto tra domanda e offerta.

ANICA e APT ritengono invece che sia necessario trovare strumenti che inducano i grandi aggregatori, che fanno affari come intermediari senza alcun investimento, a contribuire al finanziamento della produzione audiovisiva“.

 

Il riferimento è chiaramente agli operatori Over The Top, i quali non fanno alcun investimento di tipo remunerativo a favore dei detentori dei diritti.

Naturalmente siamo alle solite.

E’ lo stesso copione che si rinnova: gli operatori Over-The-Top usano le reti di telecomunicazioni, senza fare alcun investimento sulle reti, diffondono o fanno diffondere i contenuti dell’industria editoriale senza preoccuparsi dell’esistenza di accordi commerciali a tutela del prodotto e quando servono quei contenuti si appropriano dei dati degli utenti facendo fruttare anche quelli.

E’ del tutto evidente che un fenomeno di tale rapacità commerciale non può durare a lungo, pena l’impoverimento delle industrie coinvolte, poiché la mancata remunerazione è destinata a spingere autori e produttori a rivolgersi altrove o semplicemente a non produrre più.

Ben venga quindi l’appello delle 17 associazioni ai ministri Flavio Zanonato e Massimo Bray, ma indispensabile la precisazione di stamane di ANICA e APT, che indica linee precise di azione.

Si avverte, ci pare, l’esigenza che su tutta questa materia si lanci una campaign dell’intero settore in difesa del prodotto culturale in rete, per il rispetto delle leggi vigenti e per la tutela di una rete internet sana, capace di produrre valore, occupazione, benessere.

I tempi sono maturi e di questo bisogna rendere consapevoli anche i rappresentanti delle forze politiche e i titolari delle responsabilità governative.

Su queste cose si misurano le capacità delle classi dirigenti: fare scelte, che siano quelle giuste, anche se a volte possono risultare impopolari e poco civettuole.