Twitter si avvicina a quota 500 milioni di utenti. Dal Papa ai leader politici mondiali, a tutti piace ‘cinguettare’

di Alessandra Talarico |

Il sito, nato nel 2006, ha fatto da cassa di risonanza a tutti gli ultimi grandi eventi mondiali, dalla primavera araba alla morte di Bin Laden, dal movimento degli indignados alla morte di Steve Jobs. Ora si avvicina a Facebook e sogna da media company.

Stati Uniti


La nuova homepage di Twitter

Il ‘counter’ di Twitter su Twopcharts.com si avvicina inesorabilmente a quota 500 milioni di utenti: il traguardo dovrebbe essere raggiunto entro oggi e avvicinerà il sito di microblogging al rivale Facebook, che di utenti ne conta 850 milioni.

 

Twitter viaggia ormai a un ritmo di 12,7 nuovi utenti al secondo. Per dare un’idea basti pensare che il sito – nato a marzo del 2006 per consentire agli utenti di esprimere le loro opinioni e pensieri in 140 caratteri – nella seconda metà del 2009 contava appena 50 milioni di iscritti.

Dieci mesi fa, l’ultima volta che sono stati rilasciati numeri ufficiali, sul sito c’erano 200 milioni di utenti iscritti e 100 milioni di utenti attivi (in Italia erano 2,4 milioni) e, se anche c’è chi storce il naso e mette in dubbio la veridicità di questa escalation, è tuttavia innegabile che negli ultimi mesi si è registrata un’accelerazione non da poco per un sito considerato inizialmente uno ‘sfizio’ per VIP, appassionati ed esperti di comunicazione digitale e che conta fra i suoi estimatori anche il Papa, che a giugno 2011 in occasione della festività dei Santi Pietro e Paolo, protettori della città di Roma, ha inviato il primo tweet della storia della Chiesa Cattolica.

Ultimo arrivato in ordine di tempo, il presidente francese Nicolas Sarkozy, il cui debutto è stato però costellato da gaffe (ha scambiato per vero un falso profilo di Mario Monti) e tentativi di censura degli account satirici o parodistici nei suoi confronti.

Tra i personaggi italiani che hanno saputo ritagliarsi uno spazio sul sito, Fiorello e Jovanotti, mentre anche i politici nostrani cominciano a comprenderne l’importanza.

 

A dicembre dello scorso anno, anche il principe saudita Al-Waleed bin Talal ha deciso di investire 300 milioni di dollari (circa 230 milioni di euro) per assicurarsi una partecipazione ‘strategica’ nella società, che ad agosto aveva raccolto finanziamenti per 800 milioni di dollari da diversi investitori tra cui anche la DST Global.

 

A ottobre 2011 il valore della società è arrivato, secondo il Ceo Dick Costolo, a circa 8 miliardi di dollari mentre le stime di eMarketer parlano di introiti pubblicitari per circa 140 milioni di dollari nel 2011.

 

Sempre a ottobre dello scorso anno è stato calcolato che ogni giorno gli utenti inviano qualcosa come 250 milioni di tweets (erano 100 milioni all’inizio di del 2011).

Per dare una prospettiva a questi numeri, basti pensare che per raggiungere il primo miliardo di tweets ci sono voluti tre anni e due mesi.

Durante gli ultimi tre minuti del Super Bowl, la finale del campionato americano di Football vinta quest’anno dai Giants di New York – sono stati generati circa 10 mila tweets al secondo, polverizzando i record dello scorso anno, quando in diversi momenti della partita si sono registrati picchi di 4 mila tweets al secondo e anche i livelli toccati in Giappone per il Capodanno 2011, con quasi 7 mila tweets al secondo.

 

A dare lo sprint al numero di micro-messaggi, la ‘primavera araba‘, il movimento degli indignados, la morte di Steve Jobs. Questi e altri avvenimenti di portata globale – uniti alla crescente diffusione degli smartphone – hanno guidato l’impennata e l’affermazione del sito come piattaforma privilegiata delle comunicazioni mondiali.

 

Grazie a Twitter, ad esempio, il mondo ha saputo della morte di Bin Laden prima che la notizia fosse diffusa dai media tradizionali mentre anche il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton ha sottolineato l’importanza di usare Twitter per stabilire dei contatti diretti con i giovani dei Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente in preda alle contestazioni civili.

 

Una crescita esplosiva, dunque, che genera un flusso travolgente di contenuti con cui hanno fatto i conti anche le maggiori media company mondiali, molte delle quali – tra cui Sky News e BBC –  hanno invitato i giornalisti a non pubblicare sul sito le breaking news e a non retwittare quelle di altri.