Start-up: l’Europa subisce l’avanzata degli Stati Uniti. Berlino nel mirino dei venture capitalist

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Ma perché le start-up europee non riescono ad attrarre fondi?

Europa


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Gli investimenti in venture capital subiranno una brusca frenata nel secondo semestre, confermando la tendenza osservata già nei primi sei mesi dell’anno. In Francia, scrive Les Echos, la situazione di ‘growth stage’ è diventata particolarmente preoccupante.

Si tratta di un problema ricorrente, ma cruciale. Le start-up europee continuano a soffrire per la mancanza di fondi. Soprattutto se paragonate a quelle americane che, anche in periodo di crisi, riescono a raccogliere regolarmente diverse decine di milioni di dollari.

 

Internet s’è mantenuto stabile se paragonato alle telecomunicazioni, alla sanità o alle cleantech, che hanno visto gli investimenti in capitale di rischio in forte calo.

Ma il settore sta fortemente subendo anche in Francia e dovrebbe registrare un deficit di finanziamento nel 2011, nel momento in cui la concorrenza americana ha invece accelerato.

Oltre agli IPO di LinkedIn, Groupon e Zynga, la raccolta fondi ha raggiunto livelli record oltre-Atlantico con Twitter (due round per un totale di 1,1 miliardo di dollari), LivingSocial (200 milioni di dollari) e Airbnb (112 milioni di dollari).

Nonostante le numero iniziative, anche a livello europeo, in Francia la situazione resta stagnante. 

Più precisamente, le società di venture capital francesi hanno investito, sia in Francia che a livello europeo, il 24% nel settore internet ed eCommerce, il 17% nel settore sanitario, il 15% in software, il 14% in cleantech e il 6% in tlc. 

 

Diverse aziende della prima generazione web hanno creato i loro fondi (Marc Simoncini con Jaina Capital, Xavier Niel con Kima Ventures, Pierre Kosciusko-Morizet con Isai, etc.) Ma questi player, come anche gli investitori più tradizionali, restano essenzialmente legati alla fase iniziale.

Nel tempo che intercorre tra la loro nascita e i primi due di vita, le start-up hanno poche difficoltà a trovare fondi. E’ nella seconda fase che invece le cose si complicano.  Pochi fondi sono disposti a investire somme a otto cifre, soprattutto perché i risultati sono incerti: i grandi gruppi industriali sono ancora riluttanti a investire sulle web company.

 

Il risultato, per Les Echos, è che si moltiplicano le vendite a gruppi americani o asiatici e i fondi oltre-Atlantico hanno cominciato a puntare sull’Europa.

“Fino a oggi – ha spiegato Jeff Clavier, associato a SoftTech VC ci siamo concentrati solo sugli Stati Uniti ma oggi varrebbe la pena venire in Europa almeno una volta l’anno, soprattutto a Berlino” (Leggi Articolo Key4biz).

 

Pertanto, secondo il parere di tutti, il settore si trova adesso in un momento di svolta, con molte aziende europee che si stanno allargando e internazionalizzando. E potrebbero tirarsi dietro, sulla loro scia, anche diverse start-up locali.

La svedese Spotify ha aperto la propria piattaforma di musica online, cosa che potrebbe interessare società di settore o sviluppatori che gravitano nel suo ecosistema, come quello creato da Facebook nel social gaming o da Apple.