Relazione Agcom: gli italiani avidi consumatori di social network, ma la Tv resta il medium preferito per l’informazione

di Raffaella Natale |

Il caso Italia evidenzia come sia ancora la tv il veicolo di gran lunga prevalente per l’informazione: quasi il 90%; poi vengono i quotidiani col 61%; internet è per ora soltanto al 20%.

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Servizi over the top, software nella nuvola, nuove applicazioni, realtà virtuale, internet delle cose: lo scenario digitale che si apre davanti a noi, già oggi tecnicamente realizzabile, è senza confini“, ha detto stamani il presidente dell’Agcom, Corrado Calabrò, presentando la relazione annuale dell’Autorità.

“L’umanità si proietta sempre più nel mondo informatico“, ha sottolineato Calabrò, commentando però la particolarità dell’Italia.

Nonostante le nuove tecnologie e piattaforme frammentino l’audience e spostino l’attenzione sulla rete e benché gli italiani siano fra i più avidi consumatori di social network (con il maggior tempo giornaliero speso su Facebook rispetto a tutti gli altri Paesi europei -dati OFCOM), “il caso Italia evidenzia come sia ancora la tv il veicolo di gran lunga prevalente per l’informazione: quasi il 90%; poi vengono i quotidiani col 61%; internet è per ora soltanto al 20%”.

Per il settore audiovisivo, è sicuramente adatta la dizione mass media, vista l’ampia platea televisiva a livello mondiale (con oltre un miliardo di famiglie dotate di apparecchi televisivi), nonché il suo intenso consumo giornaliero (l’OCSE ha stimato un valore medio superiore alle tre ore per TV household). Per il consumo televisivo nei paesi dell’OCSE si è fatto riferimento a OECD, Communications Outlook, 2009. Se non diversamente specificato, i dati riportati sono aggiornati a dicembre 2010 e sono il frutto di elaborazioni dell’Autorità basate su Idate, World Television Market Database, dicembre 2010.

Tale incremento può essere spiegato, inter alia, dal progresso tecnologico: le fruizione di contenuti audiovisivi è oramai possibile su una molteplicità di piattaforme, e non è più dunque confinata alla sola trasmissione analogica terrestre.

Se dunque la disponibilità è aumentata anche in ragione dei nuovi diversi sistemi di ricezione, è da rilevare come la digitalizzazione dei contenuti audiovisivi abbia permesso altresì un allargamento dell’offerta anche all’interno di una stessa rete. La conversione del segnale da analogico a digitale (con la sua conseguente compressione) ha consentito la trasmissione di un maggior numero di canali, pur in presenza di vincoli dovuti alla scarsità di risorse condivise, come nello scenario satellitare e terrestre. Per dare un’idea dell’aumento dei servizi audiovisivi fruibili nel mondo, si consideri il numero dei canali in alta definizione trasmessi in Europa, che è cresciuto di un ordine di grandezza nell’ultimo quinquennio, passando da 65 canali nel 2006 a 721 nel 2010. (Fonte: Screen Digest, Global Media Intelligence, dicembre 2010.)

A seguito di questo ampliamento della domanda e dell’offerta, i ricavi complessivi del settore nel 2010 sono cresciuti sia a livello mondiale che europeo. Tuttavia, rispetto al 2009, si osserva una diversa ripartizione percentuale dei ricavi, con un aumento della componente a pagamento (la cosiddetta pay-tv). Infatti, gli editori attivi nella free-to-air, tradizionalmente finanziati con il canone e la raccolta pubblicitaria, iniziano ad affiancare ai contenuti gratuiti un sempre maggior numero di contenuti premium a pagamento (from free to fee).

In tal senso, l’aumento dei ricavi da pay-tv, in linea con le dinamiche già evidenziate negli anni passati, sembra riconducibile alla sempre maggiore personalizzazione dei contenuti, ossia a uno scenario dove l’utente non è mero fruitore passivo, ma in maniera consapevole richiede ulteriori servizi audiovisivi più aderenti al suo profilo di consumo; ciò a dimostrazione della progressiva evoluzione dei servizi audiovisivi, da lineari e uniformemente distribuiti (broadcast ossia one-to-many), a puntuali e trasmessi individualmente (singlecast ossia one-to-one).

Al riguardo, si osserva come le dinamiche di personalizzazione dei servizi siano trasversali a tutti i servizi di comunicazione elettronica (essendo state già rilevate per il mercato delle telecomunicazioni), e pertanto sono attribuibili all’intero ecosistema digitale in generale. Le dinamiche in questione caratterizzano il sistema dei media a livello mondiale e a livello europeo.

A livello europeo, i servizi di broadcasting hanno totalizzato oltre 84 miliardi di euro nel 2010, a fronte dei circa 80 miliardi fatturati dalle imprese televisive nell’anno precedente.

Disaggregando gli introiti in base alla tipologia, si conferma in Europa la prevalenza degli abbonamenti come fonte di ricavo (33 mld), seguiti dalla pubblicità e dal canone (rispettivamente 31 e 20 mld), in linea con quanto registrato nel 2009.

Sebbene i ricavi da finanziamento pubblico siano minoritari in termini assoluti, va tuttavia rilevato che in percentuale il canone rappresenta nondimeno circa un quarto dei ricavi complessivi, quota ancor più significativa se confrontata con quella degli altri continenti. Infatti, tradizionalmente nel contesto europeo i Public Service Broadcaster (PSB) svolgono un ruolo importante non solo in termini economici: ad esempio, in numerosi paesi i PSB sono coinvolti attivamente nel processo di roll-out della televisione digitale terrestre. Inoltre, in Europa si registra un aumento dei ricavi da canone con un tasso maggiore (9%) rispetto a quelli relativi agli abbonamenti (7%) e alla pubblicità (5%). In particolare, come avviene ormai da alcuni anni, in alcuni paesi europei è in riduzione l’affollamento pubblicitario nei canali del servizio pubblico, e i minori introiti sono compensati dall’aumento dei ricavi da canone. A tal proposito, si segnala la nuova tipologia di finanziamento pubblico introdotto in Spagna, che ha portato a raddoppiare i contributi statali nel 2010 (stimati in poco meno di 2 miliardi di euro).

Contestualizzando invece i ricavi su base geografica, si conferma la concentrazione dei guadagni in determinate aree: Francia, Germania e Regno Unito cumulano quasi il 45% dell’intero fatturato europeo, mentre i restanti 26 paesi considerati rappresentano l’ulteriore 55% (I paesi analizzati sono Austria, Belgio, Bulgaria, Danimarca, Estonia, Finlandia, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Norvegia, Olanda, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia, Romania, Russia, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia, Ungheria). Nei principali paesi sono inoltre localizzati i primi cinque operatori audiovisivi europei, ossia le tedesche ARD e RTL Group, le inglesi BSkyB e BBC, e la francese Vivendi, e 10 dei primi 30 gruppi al mondo.

Tuttavia, tale polarizzazione potrebbe modificarsi, nel lungo periodo, stante i diversi differenziali di crescita dei vari paesi: mentre il mercato tedesco è ormai stabile (1%), nuovi paesi europei presentano tassi di sviluppo dei ricavi a due cifre (ad esempio in Norvegia 10% e in Spagna 30%).

Con riguardo invece alla platea dei fruitori di servizi televisivi, essa è cresciuta nel 2010 in maniera molto contenuta (meno dell’1%). Tuttavia, la stabilità del bacino d’utenza è dovuta al sostanziale equilibrio tra due opposte dinamiche interne: la crescita delle TV households con ricevitori digitali terrestri (+10%) e la contemporanea diminuzione delle famiglie che ricevono il segnale attraverso la rete di diffusione in tecnica analogica (-20%). Ovviamente tale trend è legato al processo di migrazione della televisione terrestre analogica verso il DTT (Digital Terrestrial Television), ossia il cosiddetto processo di switch-over, che si concluderà in Europa nel 2012. Inoltre, dal punto di vista della coverage del servizio televisivo terrestre, il 2010 rappresenta un anno di svolta a livello europeo, con il superamento della componente digitale rispetto a quella analogica (in termini di percentuale di popolazione servita). (Fonte: Screen Digest, Global Media Intelligence, ottobre 2010)

In termini assoluti, le famiglie dotate di apparecchiature televisive sono passate da 275,6 milioni nel 2009 a 277,5 milioni nel 2010 . Come per i ricavi, anche per i volumi si osserva una distribuzione disomogenea all’interno del continente, con Francia, Germania e Regno Unito che cumulano circa un terzo delle TV households.

Da questi dati (ossia ricavi in aumento e volumi costanti), si evince come l’Europa si confermi un mercato ad alta redditività (intesa come ARPU), con paesi come Francia e Regno Unito che registrano ricavi annui per utente pari rispettivamente a 439 e 480 euro. Tuttavia, i due casi proposti rappresentano i valori apicali a livello europeo, essendo ad esempio i ricavi unitari annui dei servizi televisivi in Romania pari a 97 euro. Dunque, in termini assoluti le redditività per TV households presentano valori diversi nei vari paesi europei.

Avuto riguardo alla distribuzione delle TV households in base alle piattaforme televisive utilizzate (terrestre, satellitare e via cavo tutte nelle due declinazioni digitale e analogica, nonché tramite IP), si evidenzia come i principali paesi europei presentino quote estremamente variabili.

A titolo esemplificativo, la televisione analogica terrestre è ormai “spenta” in Spagna e in Germania mentre è ancora presente in Grecia (88%), la televisione digitale via cavo è predominante in Germania (54%) invece è marginale in Italia (0,2%), e il satellite digitale si conferma diffuso nel Regno Unito (39%) (Figura 2.19).

È inoltre possibile estendere l’analisi al periodo 2006-2010 focalizzando l’attenzione su alcune direttrici, in modo da evidenziare taluni trend. Un primo aspetto da rilevare è la progressiva e marcata digitalizzazione delle tecniche trasmissive, la cui quota è raddoppiata nell’ultimo quinquennio, con le tradizionali piattaforme che migrano verso il numerico (vedi la televisione terrestre), e le nuove che nascono direttamente digitali (ad esempio, l’IPTV). Un’altra tendenza a livello europeo è l’incidenza sempre maggiore dei servizi a pagamento rispetto a quelli gratuiti, che vede il contributo della pay-tv passare dal 45% del 2006 al 57% del 2010. Infine, è di interesse esaminare le infrastrutture trasmissive adoperate, distinte in wired e wireless: in questo caso in Europa, tra il 2006 e il 2010, la trasmissione via etere, seppur predominante, fa evidenziare una leggera riduzione (dal 68% del 2006 al 63% del 2010). Si deve tuttavia rilevare che la differente diffusione delle diverse piattaforme appare ancora legata a fattori esogeni, come ad esempio lo stato di avanzamento del processo di switch-off per la televisione digitale terrestre o la disponibilità di infrastrutture a banda larga per la IPTV.

Nel settore televisivo, il 2010 ha rappresentato un anno di molteplici cambiamenti sia sul piano economico, sia su quello normativo. Sul primo fronte si rileva l’affermarsi di nuove offerte, gratuite e a pagamento (di cui si darà conto in dettaglio nel prosieguo), che vengono veicolate su nuovi mezzi digitali ed attraverso nuovi device. L’offerta di servizi audiovisivi continua ad essere caratterizzata da una serie di evoluzioni, all’insegna di tre caratteristiche: la convergenza, la personalizzazione, la flessibilità.

In particolare, da un lato, più che gli aspetti intrinseci dei contenuti, cambiano la tipologia di palinsesti e di format, dall’altro le modalità fruitive, che diventano sempre più multipiattaforma e interpiattaforma. Complice di questo fenomeno è l’interoperabilità di apparecchiature di accesso e servizi.

Le due principali distinzioni per l’utente finale diventano da un lato quella tra servizi gratuiti e a pagamento e dall’altro quella tra servizi non lineari e lineari, cioè fruibili in simultanea con la comunità degli altri spettatori sintonizzati sullo stesso contenuto.

I broadcaster tradizionali cercano di catturare l’attenzione dell’utente nell’arco dell’intera giornata, rendendo la loro offerta multimediale, diversificando i loro prodotti e le possibili apparecchiature di accesso sia di tipo hardware sia di tipo software.

Tra gli esempi più popolari di queste formule di follow on figurano la catch up tv, la snack tv, e le offerte di net tv che replicano o complementano quelle tradizionali. Nonostante questi cambiamenti, tali offerte seppur di grande interesse, rimangono tendenzialmente limitate sia da un punto di vista economico, sia da quello delle audience.

Nel complesso, resta infatti indiscussa la centralità della tv gratuita degli operatori storici. Dal punto di vista normativo, il quadro regolamentare è stato aggiornato al progressivo affrancamento della trasmissione e della fruizione dei servizi audiovisivi dalla rete che li veicola. Infatti, con le delibere n. 606 e n. 607 del 2010, l’Autorità ha attuato il Decreto Romani, definendo l’ambito oggettivo degli SMA (servizi media audiovisivi), lineari e a richiesta, diffusi su “altri mezzi di comunicazione elettronica”.

Nel 2010, l’andamento dei ricavi dei servizi televisivi è tornato a crescere, con un progresso significativo pari al 4,5%. L’anno precedente, il 2009, era stato, invece, segnato da un regresso, seppur assai limitato rispetto agli altri media classici (pari all’1,8%), per effetto della forte contrazione della televisione in chiaro (-7,3%), e nonostante il deciso incremento del mercato a pagamento (+9,3%).

Sempre nell’ultimo anno, i mercati della televisione in chiaro e a pagamento sono cresciuti a tassi analoghi, tanto che il perdurante progresso della componente pay, sul totale delle risorse, si è arrestato ad una quota ancora inferiore al 40% (36,9% nel 2010).

Inoltre, per l’anno 2010, si stimano in forte ripresa gli introiti pubblicitari – volti, secondo la logica del mercato a due versanti, a finanziare prevalentemente la televisione “gratuita” -, pari al 7,5%, rispetto al picco negativo dell’anno precedente.

La pubblicità rimane la principale fonte di finanziamento dei servizi audiovisivi su mezzi tradizionali, con una quota del 48,2% delle risorse totali. Non appare interessata dalla congiuntura economica negativa nemmeno l’offerta pay, che genera il 32,6% dei ricavi, con una crescita del 2% circa. In crescita dell’1,8% rispetto al gettito assicurato nel 2009, si registrano, infine, anche i ricavi derivanti dal canone del servizio pubblico radiotelevisivo.

Dal punto di vista della ripartizione dei ricavi per operatore, permane la tripartizione del settore tra Mediaset, Sky Italia e RAI, che congiuntamente raccolgono circa il 90% delle risorse complessive. Più in dettaglio, nel 2010, si assiste a un deciso incremento del fatturato del gruppo Mediaset, trainato sia dalla pubblicità, su canali tradizionali e digitali terrestri, sia dall’offerta pay. Più stabili, seppur in crescita, i ricavi di Sky Italia e RAI: in entrambi i casi, è stata la componente pubblicitaria a trainare il fatturato dei due gruppi televisivi.

Il rimanente 10% dei ricavi televisivi è disperso tra un elevatissimo numero di emittenti, nazionali e locali, tra cui spicca il gruppo Telecom Italia, presente sia nelle offerte pay (attraverso le proprie reti di telecomunicazione), sia nella televisione in chiaro (con la controllata Telecom Italia Media). Domanda di intrattenimento e di informazione televisiva

L’analisi dinamica dei dati di audience, relativa alle percentuali di ascolto, basate sullo share nel giorno medio, confermano il quadro di sostanziale stabilità, finora delineatosi in capo agli operatori storici.

A fronte di un lieve decremento per Mediaset, passato dal 39,5% del 2009 al 37,4% del 2010, si regista una lieve crescita di Rai, che sale al 41,2%, rispetto al 40,6% del 2009. Tale stabilità è determinata da due andamenti contrastanti: da un lato, un decisa flessione delle sei reti generaliste dei due operatori storici che complessivamente perdono 5% percentuali in un anno (dal 78,1% al 73,5%); dall’altro lato, tale perdita è (parzialmente) compensata dagli ascolti generati dai nuovi canali tematici dei due gruppi che, nel 2010, hanno raggiunto una audience cumulata superiore al 5%. Ne consegue, come detto, una certa stabilità degli ascolti di RAI e Mediaset, che, nel giorno medio, raggiungono ancora, complessivamente, il 78,6% dell’audience. Il comparto satellitare, guidato dagli ascolti dei canali del bouquet di Sky Italia, continua la sua ascesa, tanto che si attesta al 9,9% nel 2010 e oltrepassa la soglia del 10% (10,9%) nel primo trimestre dell’anno 2011, superando, in riferimento a tale trimestre, l’audience media delle altre emittenti terrestri. Quest’ultima, infatti, scende al 9,7%, dopo il picco di rialzo che, nel 2010, le posizionava all’11,4% di share media.

Se sul versante dell’offerta, con riguardo agli assetti degli operatori, emerge una sostanziale invarianza, in termini di risorse e di ascolti, dal lato della domanda, continua, nel 2010, il processo di evoluzione delle modalità recettive della televisione in Italia. Tra il mese di marzo 2010 e quello del 2011, complice il processo di digitalizzazione in corso, si è assistito al sorpasso degli ascolti della piattaforma digitale terrestre su quella analogica. A marzo 2011, lo share della prima supera il 60%, mentre quello della seconda scende a circa il 20%. Occorre rilevare che, all’inizio del 2009, il digitale terrestre contava uno share inferiore al 5%, mentre la piattaforma analogica raggiungeva più di tre quarti degli ascolti. Se a ciò si aggiunge che, sempre ad inizio 2009, satellite e IP TV detenevano esattamente la stessa quota di ascolti del mese di marzo 2011, (rispettivamente 15,7% e 0,3%), si evince che il processo di switch-off in corso si connota, anche dal lato della domanda, come una sostituzione delle vecchie modalità di ricezione analogica con quella digitale terrestre.

In Italia, la centralità della televisione spicca anche nel panorama informativo, considerato che il 90% degli individui la predilige come mezzo per informarsi sui fatti nazionali, a differenza che negli USA, dove la percentuale, seppur centrale, si attesta attorno al 65%. Inoltre, la dieta informativa degli italiani è condizionata da un ricorso alla lettura dei quotidiani, assai significativo (il 62%), ma pur sempre inferiore di quasi 30 punti percentuali, oltre che dal crescente ruolo di Internet.

Con l’avvento del digitale terrestre, è aumentato sensibilmente il numero di canali a disposizione del telespettatore. Il passaggio alla nuova tecnologia ha reso possibile l’ingresso di nuovi operatori: operatori di rete (Centro Europa 7) e fornitori di contenuti indipendenti, come la stessa Sky che veicola il canale Cielo attraverso i multiplex del gruppo L’Espresso. Inoltre, il panorama dell’offerta in chiaro sarà a breve ulteriormente condizionato dall’assegnazione del Dividendo digitale (5 reti nazionali, di cui almeno tre destinate a nuovi operatori). Al beauty contest, potrà partecipare anche il primo operatore della tv a pagamento cioè Sky Italia, facendo seguito alla decisione della Commissione europea ed al parere a ciò favorevole reso dal Consiglio di Stato75.

In particolare, nel 2010, si registra da parte dei quattro maggiori operatori – Rai, Mediaset, Sky e Telecom Italia – il lancio di nuovi canali nazionali gratuiti in un’ottica di brand extension, prevalentemente improntata alla specializzazione tematica.

Il quadro finora emerso, caratterizzato dalla solidità del primato della televisione tradizionale, in un contesto parzialmente rimodulato dalla convergenza e dall’innovazione, è confermato dai risultati dell’analisi quantitativa sottostante, secondo il quale i due operatori storici della televisione in chiaro continuano a totalizzare oltre l’85% dei ricavi complessivi, inclusivi del canone di abbonamento al servizio pubblico. Il terzo operatore, Telecom Italia Media, si attesta, ad oltre 40 punti percentuale di distacco, con una quota di mercato inferiore al 3%.

La Tv a pagamento continua ad essere caratterizzata dalla flessibilità, dalla personalizzazione del palinsesto, nonché da una crescente apertura all’interattività.

La qualità continua ad essere incrementata mediante la formulazione di offerte in alta definizione, è il caso di Premium Cinema HD del Gruppo Mediaset, ma anche attraverso la tridimensionalità, la cui introduzione è avvenuta in Italia ad opera di Sky, con la trasmissione in 3D della Ryder Cup di golf nell’ottobre 2010.

Le offerte includono inoltre l’integrazione con servizi di VoD online, strategia perseguita da Mediaset, nei primi mesi del 2011, con il lancio di Premium Net.

I contenuti sportivi, in particolar modo quelli calcistici, emblema del prodotto di tipo premium, restano un driver essenziale del potenziale attrattivo dell’offerta pay, per cui la loro assegnazione è da considerarsi variabile impattante sulla competitività dell’offerta.

A tale indicatore di maggior concorrenzialità, fanno da contraltare l’uscita, nei primi mesi del 2011, del nuovo operatore a pagamento (sempre in DTT) Dahlia, nonché un certo declino delle offerte degli operatori di telecomunicazioni (in particolare in tecnica DVB-H).

A partire da questo anno l’Osservatorio dei mezzi di comunicazione nell’ambito della Relazione annuale dell’Autorità comprende anche il settore radiofonico.

Per quanto concerne l’andamento degli ascolti radiofonici, si ricorda, come nonostante gli interventi e le misure adottate dall’Autorità finalizzati, tanto al miglioramento del sistema di rilevazione degli indici di ascolto radiofonici, quanto alla risoluzione delle criticità emerse in seguito alla pubblicazione dei risultati delle rilevazioni del primo trimestre 2010, attualmente la società Audiradio ha sospeso la pubblicazione dei dati degli ascolti riferiti alle emittenti nazionali.

Come noto, la rilevazione dei dati di ascolto e di diffusione dei mezzi di comunicazione rappresenta un punto di riferimento essenziale per tutti gli operatori del mercato: investitori pubblicitari, emittenti radiofoniche, concessionarie di pubblicità e intermediari nella compravendita di spazi pubblicitari (centri media). L’audience conseguita dall’emittente attraverso la propria programmazione rappresenta una delle variabili che concorrono alla collocazione di spazi pubblicitari sul mercato e alla formazione dei relativi prezzi. Inoltre, i dati sull’ascolto radiofonico sono utilizzati, insieme ad altri strumenti di informazione (audience degli altri mezzi, database e software) dai centri media per pianificare il media mix in grado di ottimizzare l’investimento pubblicitario dei propri clienti. Infine, i dati sui contatti raggiunti dal mezzo radiofonico sono utilizzati dagli investitori pubblicitari per valutare il ritorno sugli investimenti effettuati nonché dagli editori per la valutazione delle performance dei mezzi e come proiezione dei consumatori che possono essere raggiunti dai mezzi.

In ogni caso, in assenza dell’aggiornamento riguardo ai dati di ascolto radiofonici per il 2010, si fa, pertanto, riferimento alle risultanze derivanti da un’indagine di mercato inerente il comportamento dei consumatori nella fruizione dei diversi mezzi di informazione condotta dall’Autorità, nell’ambito del procedimento volto alla definizione dei mercati rilevanti del SIC.

Nel dettaglio, con riferimento alle caratteristiche socio-economiche e demografiche dei consumatori del mezzo radiofonico, la radio rappresenta la piattaforma che maggiormente assomiglia, lato utenti, alla televisione anche se, è contraddistinto, oltre che da un profilo di consumo più elitario, da una leggera caratterizzazione maschile e giovanile (soprattutto a partire dalle fasce di età superiori ai 18 anni e fino ai 45 anni). I dati di diffusione dei mezzi di informazione presso il pubblico italiano (di età superiore a 14 anni) evidenziano un dato di penetrazione del mezzo radiofonico nei 30 giorni precedenti la rilevazione pari al 74,7% della popolazione complessiva e un dato di diffusione nei 7 giorni precedenti la rilevazione pari, invece, al 67,6%81.

Nel 2010 si segnala, rispetto all’anno precedente, accanto alla crescita pari al 5% del canone, un trend positivo del fatturato pubblicitario, con un incremento maggiore del 7% (in linea con quanto è avvenuto nel comparto televisivo), a dimostrazione della capacità della radio di continuare ad attrarre risorse economiche dal sistema pubblicitario, nonostante la crescita dei consumi dei mezzi innovativi e la maggiore articolazione dell’offerta di contenuti sul mezzo televisivo trainata dai succitati processi di digitalizzazione e dallo sviluppo di nuove infrastrutture trasmissive.

L’analisi della posizione dei diversi operatori del mercato mostra che, nel 2010, non si sono verificate delle variazioni significative degli equilibri di mercato fra gli stessi soggetti rispetto alle quote registrate nell’anno precedente.

L’assetto di mercato appare, allo stato, caratterizzarsi per una vivace concorrenza nazionale e per una graduale diminuzione del peso dell’emittenza locale.

Guarda le slides della relazione
Relazione annuale sull’attività svolta e sui programmi di lavoro