Auditel si rinnova ma nella governance resiste il duopolio Rai-Mediaset e il panel è sempre meno rappresentativo

di Raffaella Natale |

Uno Studio I-Com confronta il sistema italiano con le altre società europee di rilevamento degli ascolti.

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Auditel

Dopo 25 anni Auditel si rinnova, includendo nel sistema di monitoraggio anche il Time Shifted Viewing, i cosiddetti ascolti differiti che si registrano nei sette giorni successivi alla messa in onda del programma. Ma è sufficiente?

Certamente si tratta di un passo di apertura verso Sky Italia, unico operatore che attualmente mette a disposizione dei propri clienti i PVR (Personal video recorder) che permettono la fruizione dei programmi anche in differita (Leggi Articolo Key4biz).

Secondo quanto evidenziato da uno Studio I-Com (Istituto per la Competitività), che ha messo a confronto il sistema italiano con quelli francese, tedesco, inglese e spagnolo, i PVR diffusi in Italia a fine 2010 erano 1,5 milioni, con una penetrazione del 25% sul totale degli abbonati alla piattaforma, e del 6% delle famiglie televisive totali.

Si tratta di cifre ancora basse rispetto a mercati più maturi, come Francia e Regno Unito, dove si contano rispettivamente 6,5 milioni di apparecchi (con un incremento annuo di penetrazione che va dal 20 al 25%) e 13 milioni di PVR (con una penetrazione del 50%).

Restano in coda Germania e Spagna con rispettivamente 500 mila e 250 mila dispositivi con un aumento annuo dell’1,5% (Elaborazioni I-Com su dati degli operatori).

Soddisfazione dell’amministratore delegato di Sky, Tom Mockridge, che ha commentato: “Ogni passo avanti che rende il sistema di rilevazione di Auditel più accurato, trasparente e in linea con i migliori operatori internazionali, è accolto positivamente da Sky”.

Spero – ha aggiunto – che questa novità, sicuramente importante per tutto il settore, sia un primo passo di Auditel per correggere alcune anomalie che impattano negativamente sull’accuratezza della rilevazione dei dati di ascolto”.

Il time-shifting non è, infatti, l’unico aspetto dell’Auditel che richiede con urgenza un adeguamento al mutato panorama televisivo. Secondo quanto è emerso dallo studio comparato di I-Com, sono 5.163, per un totale di 14.000 individui, le famiglie che Auditel monitora ogni giorno dal 1986. Il panel di Auditel, rispetto a quelli di Francia, Germania e Regno Unito ha una base statistica nettamente più ampia. In termini quantitativi, è molto rappresentativo dell’universo di riferimento, con il quale ha un rapporto di 4,8 (fa meglio del nostro Paese solo la Spagna con un rapporto pari a 3,7), ma è in termini qualitativi che non ritroviamo la medesima rappresentatività. Infatti in Italia la composizione del panel avviene a partire dalle liste elettorali e non tiene conto degli immigrati, ossia ben 4,6 milioni di individui, che rappresentano invece una fetta di mercato interessante e crescente (Leggi Articolo Key4biz).

Al contrario di tutti gli altri Paesi analizzati nella ricerca, l’Italia è l’unico a non considerare gli stranieri residenti nel proprio territorio. La Germania e la Spagna lo fanno in modo poco efficace (la prima include solo gli immigrati UE, la seconda lo fa invece in modo non rappresentativo), mentre la Francia (che utilizza come base di riferimento per il campionamento gli elenchi telefonici) e il Regno Unito (che usa invece gli elenchi postali) includono in modo significativo gli immigrati nel proprio panel.

Parlando delle problematiche inerenti il sistema di rilevazione di Auditel, Mockridge ha appunto parlato “di anomalie come quella di non includere nel panel un campione rappresentativo degli oltre 5 milioni di immigrati residenti stabilmente in Italia, un numero che però Auditel somma comunque al totale degli spettatori e degli ascolti, basandosi sulla incredibile assunzione che questo target faccia le stesse identiche scelte televisive dei cittadini italiani. Aggiungere questo numero al totale dei telespettatori senza in realtà rilevare le scelte esatte di questo particolare campione rappresenta una pratica che non ha eguali in nessuno dei principali mercati europei e che andrebbe immediatamente eliminata in attesa del corretto inserimento degli immigrati nel campione”.

A marzo, l’Antitrust ha deciso di ampliare l’istruttoria avviata nel novembre 2009 nei confronti di Auditel, dopo la segnalazione da parte di Sky Italia di ulteriori comportamenti presuntivamente restrittivi della concorrenza consistenti oltre che nella mancata inclusione, nel campione dell’Indagine, degli individui stranieri residenti in Italia, anche nell’attribuzione dei risultati della rilevazione anche ai soggetti che non possiedono un apparecchio televisivo (Leggi Articolo Key4biz). Il procedimento è prorogato al 31 dicembre 2011.

Riguardo a quest’ultimo aspetto, Sky Sky ha sottolineato che, sebbene il campione sia composto da famiglie dotate di almeno una tv, i relativi dati di ascolto sono espansi per la totalità dei residenti in Italia, compresi coloro che vivono in abitazioni prive di televisori. La contestata procedura di espansione dei risultati delle rilevazioni alla popolazione che non possiede un televisore, peraltro, non riguarderebbe gli ascolti riferiti ai canali Sky; infatti, poiché il numero degli abbonati alla pay Tv nell’ambito del campione Auditel è certificato nella sua reale consistenza, nella procedura di espansione tale dato non è soggetto a correzione attraverso fattori di ponderazione. Conseguentemente, la descritta metodologia di espansione determinerebbe un ingiustificato sovradimensionamento degli ascolti televisivi di tutte le emittenti, ad eccezione di Sky, essendo quest’ultima esclusa da tale erronea procedura di espansione

Il censimento generale della popolazione, previsto quest’anno, secondo l’istituto I-Com, potrebbe essere un’occasione per Auditel, che attraverso un lavoro congiunto con l’Istat, potrebbe individuare i nuclei attualmente esclusi. In questo modo si potrebbe arrivare anche a una più fine segmentazione, in base alla nazionalità e ai gruppi linguistici e culturali, che sarebbe assai preziosa sia a fini pubblicitari che a fini di marketing televisivo.

Un altro aspetto rilevante è la questione della governance. In Italia, fin dall’istituzione di Auditel, si è deciso di adottare la formula del joint industrial committee, preferita a quella del media owner committee, usata in Germania, o all’own service, la formula della società indipendente, utilizzata in Spagna. La scelta italiana, adottata anche nei mercati televisivi più simili a quello italiano, per storia, dimensioni e assetti (ovvero la Francia e il Regno Unito) è quella che si basa su un ruolo preponderante dei broadcaster.

Nei maggiori mercati televisivi europei (ad esclusione della Spagna), le quote che i broadcaster occupano nelle rispettive società di rilevamento vanno da un minimo del 35% per la Francia (France Télévisions 23% e Tf1 11%), al 100% della Germania (dove i quattro broadcaster hanno il 25% a testa), passando per l’80% del Regno Unito (dove la BBC e Itv possiedono il 16%) e per il 66% dell’Italia (Rai 33% e Mediaset 27%).

In generale i sistemi di rilevamento, nonostante siano controllati in misura maggioritaria, se non addirittura totale, dagli stessi broadcaster e dai pubblicitari, sono in grado di funzionare senza sollevare particolari dubbi sulla loro affidabilità. L’anomalia italiana riguarda essenzialmente la questione delle quote di controllo, infatti solo nel nostro Paese, queste fanno capo per quasi il 60% soli due poli televisivi e non tengono conto dei mutamenti sopravvenuti nel mercato televisivo negli ultimi anni.

Grande escluso è l’operatore satellitare Sky Italia, infatti nonostante l’insieme dei canali della sua piattaforma ottenga attualmente l’8,6% di share (dato Auditel gennaio 2011).

Ma non solo, la sua quota nel mercato della pubblicità rappresenta il 6,3% (dati della relazione annuale 2009 Agcom) e il gruppo vanta complessivamente il 31,5% del totale delle risorse del mercato televisivo (dati 2009 Agcom), tuttavia non detiene alcuna quota di controllo, nonostante questo sia previsto anche dall’atto di indirizzo dell’Agcom, nella delibera n.85 del 2006.

Infine un ulteriore aspetto rilevante per quanto riguarda la governance, è quello legato al ruolo dell’Agcom. Infatti nel 2007, la stessa Autorità aveva indicato, nella delibera n.55, la necessità della presenza di due suoi rappresentanti all’interno del Comitato tecnico per poter garantire trasparenza e equilibrio tra le parti. Ad oggi, però, questo non è ancora avvenuto.

I-Com è un think thank indipendente, fondato nel 2005 da un gruppo di studiosi, professionisti e manager under 40 per promuovere temi e analisi sulla competitività in chiave innovativa, all’interno del quadro politico-economico europeo ed internazionale.

Presieduto da Stefano da Empoli, l’Istituto è formato da un vasto network di collaboratori che si occupano di elaborare studi e ricerche di taglio economico e regolatorio.