Audiovisivo: le sfide dei broadcaster di fronte al nuovo che avanza. Dai contenuti web native alla catch up Tv, è sempre la qualità che paga

di di Francesca Burichetti |

Italia


Francesca Burichetti

Che il futuro del mercato audiovisivo affascini e preoccupi allo stesso tempo gli addetti ai lavori ormai non è più una novità. A ulteriore conferma è arrivato proprio in questi giorni anche il convegno ‘Senza la tv – Per una nuova narrazione cross mediale’, promosso dall’Associazione 100 Autori, all’interno del Roma Fiction Fest.

 

Ma quali sono gli effettivi trend di questo mercato? Si tratta di una domanda che fa molto riflettere sia chi vuole entrare per la prima volta nel mercato degli audiovisivi, sia chi, invece, il mercato lo bazzica da tempo, come i vecchi broadcaster tradizionali, che si trovano di fronte a un ambiente nuovo e in costante mutamento, costretti a rivedere le loro strategie.

Riagganciandoci al titolo del convegno promosso dall’Associazione 100 Autori, è innegabile che i contenuti viaggiano ormai sempre più spesso fuori dallo schermo tradizionale. Internet sta diventando la sorella della televisione e l’ibridazione tra le due piattaforme è ormai sotto gli occhi di tutti.

 

La rete è divenuta un archivio interattivo di buona parte dell’offerta televisiva, ma, allo stesso tempo, inizia a godere anche di una certa autonomia, grazie a numerose offerte completamente web native. Gli audiovisivi prodotti ad hoc in rete rappresentano ancora un mercato embrionale, ricoprendo una quota intorno allo 0,1%. Ciò che interessa è però il livello di crescita di questo segmento, che in Italia tra il 2002 e il 2008 è incrementato con un tasso del 92% annuo. E-media Institute stima che nell’arco temporale che va dal 2009 al 2014 i video online continuino ad aumentare con un tasso di crescita pari al 65% annuo. Si prevede inoltre che, nel periodo considerato, il valore del mercato passi da 10 milioni di euro a 200 milioni di euro, portando questo segmento di a una quota pari al 2% sul totale dei ricavi del mercato audiovisivo. Insomma, i margini di crescita sono vistosamente ampi e le possibilità di diversificare gli investimenti sono altrettanto numerose, grazie alle svariate sfaccettature che offre il segmento dei video online non esauribile in un’unica categoria.

 

In effetti si possono individuare almeno due macrouniversi: contenuti web native e offerte di catch up tv dei broadcaster. Il mondo dei contenuti web native, soprattutto in Italia, è ancora molto distante dall’offerta dei broadcaster tradizionali, che si concentrano quasi esclusivamente su forme di catch up tv, rendendo disponibili sui loro portali i contenuti trasmessi i giorni precedenti in televisione, senza creare però materiale ad hoc per la rete. Questi due universi trovano un punto di contatto nella presenza di soggetti terzi aggregatori, come YouTube, che è un mix di UGC e contenuti mainstream.

 

Negli ultimi tre anni YouTube ha realizzato una crescita molto significativa, registrando un netto vantaggio su tutti i principali concorrenti. Ma ciò non significa che il futuro dei video online sia legato a questa piattaforma e alla presenza predominante di UGC amatoriali. Infatti, nonostante tale crescita assoluta, si osserva che negli Stati Uniti la quota dei video visti sulla piattaforma è scesa del 40%.

 

A fronte dello sviluppo delle catch up tv e in particolare della piattaforma Hulu, il modello di YouTube è esposto però a forti minacce. Hulu è il primo esempio catch up tv multibroadcaster, lanciata a marzo 2008 da NBC e FOX, a cui poi si è aggiunta anche l’ABC. Questa piattaforma dimostra di essere più abile di YouTube a monetizzare dai propri video, grazie alla sua offerta di contenuti premium, qualitativamente non comparabile con gli UGC presenti sulla concorrente.

Hulu nel 2009 ha registrato una crescita del 100%, contro il 30% di YouTube, riuscendo ad attrarre meglio della concorrente gli investimenti delle aziende inserzioniste. La piattaforma americana gestita dai broadcaster ha inoltre raggiunto un fatturato quasi equivalente a quello di YouTube, nonostante abbia livelli di consumo molto più bassi, dovuti al fatto che è fruibile soltanto negli Stati Uniti.

 

Proprio a fine giugno 2010 è stato inoltre lanciato sul mercato statunitense il servizio Hulu Plus, che offre serie televisive integrali attraverso un abbonamento di 9,99$ al mese. Il nuovo modello di business della piattaforma si sta quindi trasformando, per approdare, a quanto pare, a una duplice forma di finanziamento basata sia sul pay, sia (e forse soprattutto) sul’advertising. L’elemento strategico è rappresentato dai diritti per contenuti premium o comunque non amatoriali, che sembrano essere la vera forza attrattiva anche in rete.

 

Il valore di una produzione di qualità è importante anche per i contenuti web native, che ormai non possono più esaurirsi e limitarsi a un’offerta puramente user generated. L’importanza di investire su offerte mirate, ma qualitativamente superiori a quelle amatoriali è confermata dalle tendenze in atto, da parte di produttori, editori e aggregatori, che dal 2007 stanno iniziando a sperimentare, seppur con qualche timore, offerte seriali e interattive, completamente web native.

 

È il caso, ad esempio, della Sony Pictures Television, che a gennaio 2010 ha prodotto e distribuito online, sul proprio portale di video content, Crakle, una serie Web-native, intitolata ‘The Bannen Way’. Si tratta di 16 episodi per un totale di un’ora e mezza di girato, offerta prima gratuitamente e attualmente disponibile a pagamenti sulle piattaforme di Amazon e di Apple (iTunes). Crakle è il portale di Web Tv della Sony: lanciato nel 2007, ha ospitato circa 10 titoli Web-native nel 2008 e altri 10nel 2009, tra cui ‘Signature Series’, ‘Laong Distance Relationship’ e ‘The Jace Halla Show’. Il portale offre contenuti creati ad hoc per la rete di notevole qualità, sia in modalità short-form, sia in full-lenght, oltre che titoli di show televisivi e film prodotti dalla Sony Pictures Entertainment.

 

Ma Sony non è l’unica che recentemente sta esplorando il mondo web native.  All’inizio dell’anno, la società di produzione indipendente portoghese beActive ha acquistato un’importante quota di partecipazione dalla società irlandese CR Entertainment, attiva nella produzione e distribuzione di contenuti su diverse piattaforme digitali. BeActive ha recentemente realizzato e distribuito la serie horror web native, ‘Castigo Final’, format che ha riscosso un buon successo a livello internazionale, tanto da essere stato candidato sia al Rio Film Festival, sia all’International Digital Emmy Awards.

 

Intanto, a fine aprile 2010 HBO, controllata Time Warner, ha lanciato sul mercato statunitense sei mini-sodes web native, distribuiti su diverse piattaforme Web, tra cui Facebook e Yahoo, per promuovere la terza stagione della serie tv True Blood. Gli obiettivi di questi episodi è quello di riportare i fan nel mondo della serie televisiva, in un’ottica di marketing cross mediale.

 

Per concludere, quelli riportati sono soltanto tre esempi di come editori e produttori si stiano muovendo nel fluido universo Internet, cercando di sfruttare a loro vantaggio la possibilità di raggiungere un bacino di utenti profilabile, con offerte fortemente mirate. Sempre più strategico diventa inoltre il presidio delle principali piattaforme di social networking, dove è possibile interagire direttamente con i propri spettatori per assecondare al meglio le loro esigenze e i desideri, anche in un’ottica di custumer relationship management, perseguita, tra l’altro, con strategie cross mediali.

 

 

Consulta il profilo di Who is who di Francesca Burichetti