Guerra del telecomando. Presidente Sardegna chiede ad Agcom revisione del provvedimento: ‘A rischio il lavoro delle emittenti locali’

di Raffaella Natale |

Italia


Telecomando

Le Regioni stanno esprimendo preoccupazione per il passaggio al digitale terrestre, la nuova tecnologia di trasmissione radiotelevisiva che entro il 2012 sostituirà l’analogico in tutta Italia.

Le perplessità riguardano in particolare il sistema di numerazione sul telecomando che, secondo alcuni, danneggerebbe le emittenti locali a favore dei grandi broadcaster nazionali.

 

Oggi pomeriggio il presidente della Regione Sardegna, Ugo Cappellacci, ha incontrato il presidente dell’Agcom, Corrado Calabrò, per chiedere “una rivisitazione del provvedimento che tenga conto delle ragioni dell’emittenza locale, dei consumatori e dell’occupazione di professionisti di valore” e sollecitare “la revisione dell’ipotesi di numerazione dei canali del digitale terrestre che escluderebbe le emittenti locali dei nove tasti del telecomando“.

 

Cappellacci ha comunque dichiarato d’aver trovato disponibilità ed attenzione da parte del presidente dell’Authority e dei consiglieri.

 

“Confidiamo in una soluzione – ha proseguito – di buon senso e di sensibilità rispetto alle importanti motivazioni esposte’.

Il presidente Cappellacci nella giornata di oggi ha raccolto anche l’adesione dei governatori Formigoni, Zaia, Polverini, Lombardo e Chiodi all’appello per portare avanti un’azione politica unitaria nei confronti dell’Agcom.

 

Il presidente della Giunta sarda ha ricordato a Calabrò che “le emittenti locali risultano presenti in grandissima maggioranza nei tasti 8 (media 85,8 per cento) e 9 (media 90 per cento) del telecomando degli italiani e rappresentano una risorsa fondamentale per un’informazione pluralista, qualificata e capillare sul territorio. Il posizionamento dell’emittenza locale nei 9 tasti del telecomando è, da un punto di vista economico, un bene intangibile, equiparabile all’avviamento d’impresa. La retrocessione della posizione, dai numeri 8 e 9, comporterebbe un calo di ascolti, traducibile in una diminuzione della raccolta pubblicitaria – ha concluso Cappellacci – che metterebbe a serio rischio l’esistenza delle imprese e della loro professionalità”.

 

Intanto la Seconda commissione, Politiche comunitarie e Informazione del Consiglio regionale della Sardegna, presieduta da Silvestro Ladu (Pdl), nel dispositivo di approvazione di una risoluzione prende posizione contro lo schema di delibera della stessa Autorità che “taglia” di fatto fuori l’emittenza locale e regionale per privilegiare i grandi network.

 

Sulla stessa linea il presidente della Provincia di Sassari, Alessandra Giudici, che ha commentato: “Il digitale terrestre deve rappresentare un’opportunità di crescita per un sistema dell’informazione che ritengo debba fondare sui principi della pluralità dei canali”.

“Da questo punto di vista – ha osservato la Giudici – ho sempre sostenuto e sostengo a maggior ragione oggi, dinanzi ai rischi prodotti dal nuovo sistema di numerazione automatica dei canali predisposto dall’Agcom, che la televisione privata locale costituisce in Sardegna una risorsa irrinunciabile e un formidabile esempio di quello che si deve intendere per informazione plurale”.

 

Per il sindaco di Sassari, Gianfranco Ganau, la scelta dell’Agcom “rappresenta un danno” per l’isola, senza considerare “le pesanti ripercussioni occupazionali che inevitabilmente si produrranno”.

 

Ieri intanto il deputato sardo del Pdl Mauro Pili, primo firmatario della mozione parlamentare, subito dopo l’incontro tra il viceministro Paolo Romani e una delegazione dei 50 parlamentari, ha sottolineato che “Il governo è impegnato in prima linea per salvaguardare le televisioni locali regionali che rappresentano un grande patrimonio identitario e informativo del Paese’.

La mozione dei 50 parlamentari ha sottoposto al governo la necessità del rispetto anche degli accordi già sottoscritti dalle emittenti regionali all’atto di avviare il digitale terrestre. Romani ha quindi illustrato ai parlamentari la posizione del governo che sostanzialmente condivide l’obiettivo dei 50 deputati.

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