Internet e libertà: caso Google, nuove norme sui contenuti online e l’universalità dell’accesso. Interessante confronto col professor Lessig

di Raffaella Natale |

Italia


Gianfranco Fini

Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha aperto oggi il convegno “Internet è libertà, perché dobbiamo difendere la rete“.

Ospite d’onore Lawrence Lessig, professore ad Harvard, amico e collaboratore del presidente americano Barack Obama, che ha tenuto la lectio magistralis dal titolo “Il web e la trasparenza tra ideali e realtà“.

L’evento s’è tenuto nella Sala della Regina (200 posti a sedere) con la previsione di affiancare la Sala Gialla con la capienza di altri 80 posti. Purtroppo per i presenti gli organizzatori hanno praticato il metodo dell’overbooking, lasciando in attesa sotto la pioggia alcune decine di persone che solo in un secondo momento sono state accolte nella Sala Aldo Moro.

L’accesso a internet “deve essere considerato un vero e proprio diritto fondamentale dell’uomo“, ha detto il presidente della Camera che stamattina ha incontrato l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Navi Pillay.

La terza carica dello Stato ha citato i dati dell’ultimo Rapporto dell’Organizzazione non governativa ‘Reporters sans frontieres‘ secondo cui “…dal 2008 al 2009 si è registrato un ampliamento allarmante delle restrizioni sulla rete. Sono cresciuti del 62% i paesi colpiti dalla censura, mentre i cyber dissidenti arrestati sono aumentati del 156% (da 59 a 151). Un incremento che si è verificato soprattutto nei paesi a scarsi sviluppo democratico”.

Internet, ha sottolineato Fini, “è dunque uno strumento di libertà attraverso la quale ognuno di noi non solo esprime se stesso ma può esercitare il controllo sull’efficienza della pubblica amministrazione e sulle istituzioni, aprendo un nuovo rapporto tra cittadini e pubblici poteri”.

E lo stesso presidente della Camera ha sottolineato che istituzione e politica non possono rimanere silenti di fronte a questa grande innovazione tecnologica: “Sono convinto che la politica abbia il dovere di approfondire la riflessione su questo mondo, cercando nuovi criteri interpretativi e proponendosi di guardare al futuro con uno sguardo lungimirante. Credo che una politica che spesso guarda allo specchietto retrovisore è importante che abbia la consapevolezza di ciò che è avanti a noi per mantenere testa l’attenzione dei giovani verso le istituzioni”.

Fini ha quindi ricordato che il governo sta facendo importanti investimenti per migliorare il rapporto tra cittadini e pubblica amministrazione ma occorre ridurre il divario tra Nord e Sud sull’utilizzo delle infrastrutture telematiche d’avanguardia, per poter ridurre il del digital divide.

Intervenuti anche Franco Bernabè, amministratore delegato di Telecom Italia, Umberto Croppi, assessore alle Politiche culturali e della comunicazione del Comune di Roma, Fiorello Cortiana, responsabile Innovazione della Provincia di Milano, Juan Carlos De Martin, responsabile Creative Commons Italia, Paolo Gentiloni, deputato del Partito Democratico, Stefano Quintarelli, presidente di Reeplay, Paolo Romani, viceministro allo Sviluppo economico con delega alle Comunicazioni.

I lavori del convegno sono stati moderati da Riccardo Luna, direttore di Wired.

“Internet è la rappresentazione sul piano sociale del mercato concorrenziale perfetto. L’unica cosa che non si può fare è limitarne la libertà”, ha detto Bernabè.

De Martin ha posto l’accento sulla necessità di “educare a consumare e usare internet. Prima – ha sottolineato – la rete era uno spazio di nicchia oggi, si corre un grosso rischio milioni di persone possono potenzialmente diffamare e non lo sanno”.

Necessaria quindi una Carta dei diritti di internet. Un’opportunità specifica per il governo italiano, visto che ha già un lavoro fatto che andrebbe ripreso e portato avanti”.

E ha aggiunto che “La politica potrebbe monitorare i problemi con un Osservatorio che, con dati alla mano, proponga soluzioni, col coinvolgimenti di tutte le parti interessate quindi anche gli utenti”.

Cortiana ha messo in rilievo il bisogno di “riconsiderarci come comunità: la rete non è virtualità ma viralità e deve essere considerata propedeutica al cambiamento”.

Il responsabile Innovazione della Provincia di Milano è quindi tornato a parlare della Carta dei diritti di internet per dire che “va bene l’iniziativa del Nobel per la Pace a internet, firmata da 80 parlamentari di maggioranza e 80 di opposizione, ma oltre alle grandi suggestioni politiche bisogna produrre fatti concreti”.

Cosa può fare la politica per l’universalità della rete?

Per Gentiloni intanto “…proteggere ed evitare i fanatismi personali di chi vorrebbe portare anche in Italia la Legge Hadopi , quando recenti studi, come quello dell’Università di Rennes, ritengono non sia efficace a frenare la pirateria”.

Opportuno invece un Bill of Rights e in questo senso, ha ribadito Gentiloni, “l’autorevolezza di Fini” può aiutare a superare le mere discussioni per passare alla logica e affrontare una serie di nodi.

Il deputato del Pd ha quindi fatto riferimento all’ultima sentenza contro Google, che ha visto la condanna di tre manager della divisione italiana per il video contenente violenze su un bambino down, postato sul sito Google Video, rimasto online per oltre due mesi.

Gentiloni non condivide la posizione di chi attribuisce a service provider o motori di ricerca la responsabilità per quanto distribuito in rete: “è contrario alle norme Ue del 2003 sul commercio elettronico oltre a rappresentare la morte del web 2.0″ .

Questo tuttavia non esclude che ci sia un grosso problema di fondo: il bilanciamento tra privacy e libertà della rete, tra diritto d’autore e diritto all’informazione…

Gentiloni è poi passato al Decreto Romani e alle norme, “corrette grazie agli emendamenti“, che “volevano prolungare a internet le regole tipiche del mondo degli old media”.

Ed quindi tornato a parlare delle insidie della rete per dire che per evitare certi crimini, come la pedofilia, “non servono norme censorie o filtri. Anzi sono assolutamente inutili”.

“Serve invece una maggiore ed efficace collaborazione tra Isp e polizia postale che vigili sull’attività del web”.

Tornando infine sul tema dell’incontro, “Internet e libertà”, Gentiloni ha sottolineato l’importanza di garantire a tutti l’accesso anche al 12-13% che ancora è collegato con l’Adsl classica.

“Se non assicuriamo la connessione a tutti non possiamo parlare di libertà. Fondamentale quindi sbloccare al più presto i fondi per evitare l’esclusione digitale”. “Purtroppo – ha concluso l’ex Ministro delle Comunicazioni – questo governo ha dimostrato di dare troppa importanza alla televisione e poca alla rete”.

Pronta la replica di Romani che, intervenendo per chiudere i lavori della giornata, ha precisato che crede fermamente nell’universalità della banda larga: “gli 800 milioni di euro del Cipe non sono spariti ma soltanto congelati”.

Il viceministro ha quindi difeso l’operato del ministro Tremonti sostenendo che “..fa bene a bloccare il denaro in attesa di tempi migliori”.

A chi chiedeva se fosse “…più importante il ponte di Messina o internet per tutti?”.

Romani ha riposto che un Paese costretto a scegliere tra le due possibilità “è un Paese che non ha risorse mentre noi le abbiamo per entrambe le cose. Siamo in condizione di spendere più di 800 milioni per superare il digital divide”.

“Altro problema – ha quindi precisato – è la banda ultralarga. Ma non è necessario che tutta l’Italia possa collegarsi a 50 Mb”.

Il viceministro ha successivamente replicato alle critiche al Decreto che porta il suo nome per spiegare che “non intende disciplinare il web, ma solo tutti quei servizi media trasmessi attraverso diverse piattaforme tecnologiche a cui fa riferimento la Direttiva Ue recepita col Decreto”.

E ha spiegato che live streaming e web casting sono forme di trasmissione su internet che la direttiva assimila a distribuzione televisiva.

Gentiloni e alcuni membri della maggioranza ci hanno chiesto di essere più precisi e meno ambigui e così abbiamo fatto, chiarendo che le norme non si estenderanno anche a quei siti che non fanno prevalentemente attività di distribuzione di contenuti”.

Allora le norme del Decreto Romani si estenderanno anche a YouTube?

Il viceministro ha risposto: “La Ue parla di video on demand“. E ha quindi ribaltato la domanda: “YouTube usa prodotti editoriali su cui non paga diritti e su cui fa pubblicità? Datevi la riposta”.

Prima ha però precisato che oggi tra i 40 filmati più visti della piattaforma di video-sharing risultano il Grande Fratello, Sanremo e le partite. Contenuti televisivi coperti da diritti d’autore. “Facciamo finta di nulla?”

Riguardo alla sentenza contro Google, Romani ha precisato che la società americana, che controlla anche YouTube, riesce a mettere filtri per evitare la distribuzione di video pornografici, “poteva quindi evitare la diffusione del video incriminato”.

Necessarie quindi regole che affrontino il problema di internet, della libertà e del rispetto dei diritti fondamenti, della tutela della proprietà intellettuale… senza dover arrivare alle severe regole della Francia.

Romani ha anche scherzato con la platea, dicendo di non essere riuscito a “suicidarsi da Facebook”. Il viceministro ha parlato dei rischi per la privacy e i rapporti di coppia in cui si incorre frequentando i social network: “mi arrivavano ogni giorno decine di richieste d’amicizia da parte di giovani e belle donne che non conoscevo. Come spiegarlo a mia moglie che vive a Milano lontano da me?”.

Lessig ha chiuso la giornata complimentandosi con l’Italia per il confronto approfondito sulle tematiche oggetto del convegno: “finora negli Stati Uniti non ci sono stati eventi di questo tipo e i parlamentari americani non ha preso così sul serio le questioni legate a internet e alla libertà”.

Il professore di Harvard ha incoraggiato “…a prendere sul serio la vostra rabbia. La presunzione di democrazia che volete passare alla prossima generazione non si tutela da sola, si può proteggere solo se si ascolta anche la generazione dei nativi digitali, dialogando con loro”.

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