Direttiva Ue sui media: la Reding avverte, ‘Porteremo davanti alla Corte di giustizia i Paesi che non hanno recepito le nuove norme’

di Raffaella Natale |

Unione Europea


Viviane Reding

A due anni di distanza dall’adozione delle nuove norme europee sulla Tv, solo tre Stati membri, Belgio, Romania e Slovacchia, hanno adottato nuove leggi per allinearsi al diritto europeo.

 

I Paesi Ue erano tenuti a recepire le norme entro il termine massimo del 19 dicembre 2009 con l’obiettivo di creare un mercato unito per tutti i servizi media, introducendo maggiori forme di garanzie giuridiche per aziende e consumatori.

 

Francia, Danimarca, Francia, Lussemburgo e Regno Unito hanno comunicato di aver adottato delle misure pertinenti, ma ancora incomplete, e in una situazione simili, ma senza averne informato la Commissione, si trovano anche Austria, Germania, Irlanda, Malta e Olanda. In altri paesi, è ancora in corso il dibattito politico. In Ungheria, la legge di trasposizione è stata bocciata in Parlamento.

Per l’Italia è stata già adottata a luglio la legge che permette al governo di procedere con un decreto legislativo per recepire la direttiva Ue. Il decreto è in fase di elaborazione e se ne prevede l’approvazione a gennaio, sottolinea la Commissione.

 

Di qui la minaccia del Commissario Ue per i Media, Viviane Reding, di portare davanti alla Corte di Giustizia gli Stati che non hanno rispettato le norme sulla trasposizione.

“Faccio appello – ha detto senza mezzi termini la Reding – ai Paesi dell’Ue affinché adattino urgentemente la loro legislazione nazionale per poter utilizzare le nuove tecniche pubblicitarie autorizzate dalla Direttiva sui servizi dei media audiovisivi. Nulla autorizza nuovi ritardi, la Commissione non esiterà a usare i propri poteri per accelerare la trasposizione della Direttiva”.

 

La Direttiva sui servizi audiovisivi ha ammodernato le precedenti disposizioni su IPTV, video on demand e Tv mobile, per raccogliere i grossi cambiamenti avvenuti nel settore e rendere più morbide le regole sulla pubblicità abolendo la restrizione che imponeva un periodo di venti minuti tra due interruzioni pubblicitarie.

Le nuove disposizioni autorizzano anche gli spot di prodotti nei telefilm o nel corso di una trasmissione, il cosiddetto product placement usato già da molto tempo negli Usa, purché non si tratti di telegiornali, documentari e programmi per l’infanzia.

 

Lo scorso 17 dicembre, il governo italiano ha adottato uno schema di Decreto di recepimento della Direttiva che ha sollevato diverse polemiche perché il centrosinistra ritiene che il nuove regime avvantaggi Mediaset a danno della piattaforma satellitare Sky.

 

In materia di pubblicità il provvedimento, che verrà inviato alle commissioni parlamentari per il parere di competenza, è pienamente conforme con la disciplina comunitaria, sia nella parte in cui rende più flessibili le regole relative alle interruzioni sia per quanto concerne il mantenimento di un regime rigoroso a tutela dell’utente relativamente ai limiti di affollamento giornaliero e orario che non possono superare il limite del 20%. In tale contesto, nel rispetto del principio comunitario che consente l’introduzione di limiti più restrittivi, è prevista una riduzione graduale dei tetti di affollamento orario per tutti i canali a pagamento, sia satellitari che terrestri, nel prossimo triennio (16% dal 2010, 14% dal 2011, e, a regime, 12% a decorrere dal 2012). La previsione di un regime differenziato per i canali a pagamento si inserisce a pieno titolo nel contesto di un sistema attualmente tripartito dei tetti di affollamento: la Rai infatti ha un limite del 12% orario e del 4% settimanale, le emittenti nazionali in chiaro del 18% orario e del 15% giornaliero e le tv locali del 25% orario e giornaliero che può arrivare fino al 40% se comprende forme di pubblicità diverse dagli spot

 

 

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