Stati Generali del Cinema: ecco come evolve il ruolo delle sale cinematografiche nella società dei tanti schermi

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di Gianni Celata

Italia


Gianni Celata

Quale ruolo per la sala cinematografica in una società dei tanti schermi, dove i contenuti, di tutti i tipi, straripano dai loro insediamenti tradizionali per inondare, coi più diversi device, lo spazio di tempo del consumatore.

Credo che per rispondere a questo interrogativo si debbano mettere in comune alcune valutazioni. La prima riguardala complessità dell’ambiente in cui opera l’industria cinematografica:

* E’ in atto una bulimia televisiva: ci aspettano circa 400 canali tra pay tv e dtt e all’orizzonte già si intravede nitidamente l’ ibridazione tra broadcast e broadband nella catch- up television; in proposito negli ultimi 10 giorni lo UK Channel 4 ha sottoscritto in proposito l’accordo con You Tube, in Francia TF1,M6 e Canal plus stanno definendo un accordo per un joint catch- up tv service;

* Se questo lo colleghiamo alla prepotente presenza nel web del consumo di tempo di fasce di età che trascineranno questa abitudine nel loro passaggio anagrafico, ci si rende conto che ci aspetta un nuovo passaggio epocale nell’home theather;

* E questo porta il DVD, la gallina dalle uova d’oro per il cinema dell’ultimo decennio, in una fase più che matura del suo ciclo di vita, con conseguenze inevitabili sulla sua influenza di mercato e sulle sue revenue.

In definitiva si moltiplicano le piattaforme distributive del film e, nello stesso tempo: cresce la concorrenza tra le diverse piattaforme di distribuzione del film: sala, tv’s, home video, web; cresce la concorrenza tra il film e le altre forme di audiovisivo: videoclip, dramatv, comedy, documentary e altro.

In questa contesto: qual è il destino e il ruolo della sala cinematografica?

Riguardo il destino della sala, all’interno del sistema cinema, la considerazione che possono proporsi è che esso è strettamente legato da un lato, a quello del prodotto/merce film, cioè dell’appeal dei titoli che produttori e distributori riescono a trasferire al mercato; questo rimarrà sempre, da qui all’eternità, il suo showbiz; questo carica sulle spalle dei produttori una responsabilità forte, finanziaria e creativa, per i motivi di concorrenza sopra detti. Dall’altro, a come la sala riesce ad interpretare i suoi tanti e diversi pubblici in quello che si potrebbe chiamare l’entertainment della sala e più specificatamente, oltre alla qualità nell’offerta di film, la sua capacità di accogliere, intrattenere e aumentare il valore d’uso/l’utilità marginale del tempo speso nel suo spazio.

Tutto ciò detto, la considerazione più importante riguarda il ruolo decisivo assunto dalla sala nella formazione del valore del film.

La sala cinematografica è il luogo dove il film costruisce il suo valore.

E’ nella sala che la catena produttiva del cinema si trasforma in filiera del valore, per l’industria e per il consumatore.

Il film senza sala cinematografica è come una fabbrica con uffici e macchinari abbandonati, anzi che non hanno mai iniziato a funzionare.

Misurare il ruolo della sala cinematografica sul solo box-office è fuorviante. il box-office maturato nella sala è l’unità di misura che determina il valore dei diritti che vengono acquistati dalle altre piattaforme distributive; è la sala borsa dove il film assume la sua capitalizzazione.

Si può quindi affermare che il ruolo della sala tende a dilatarsi in misura più che proporzionale rispetto alla crescita delle piattaforme di distribuzione del film. E’ la legge di Metcalfe che dalle reti di comunicazione può essere trasferita alla rete dell’industria del cinema.

Questo ruolo è ormai percepito dai player degli altri blocchi della catena con più vision, ma non si è però ancora trasformato in adeguate policy e prima ancora in una consapevolezza convinta dell’intera catena e dei decisori politici.

Il problema che l’intera filiera ha davanti è quello di riuscire a supportare la sala a portare maggiore valore all’intera industria cinematografica.

Se così è, ciò che bisogna discutere è come gli esercenti in primo luogo, ma poi l’intera filiera e i decisori politici possono sostenere questa promozione della sala.

Innanzi tutto cosa e fa e può fare l’imprenditoria dell’esercizio per la sala che è oltre il contenitore che conosciamo con una cassa e uno schermo. Ovviamente la funzione decisiva dell’esercente rimane quella della scelta del film ma essa è ormai allargata all’entertainment della sala come è stato prima definito.

Questo aspetto è decisivo per le sale di città e le sale di città sono decisive per la misura completa del valore di un film. Per esse la brandizzazione, la tematizzazione, l’arricchimento dei servizi per il consumatore, diventano un elemento sempre più decisivo di attrattività, per le sale nel loro complesso e di competizione tra sala e sala.

Sale di città che debbono misurarsi, così come avviene per gli altri media, con la frantumazione del consumo e con la sua dispersione, che è ormai un dato strutturale non solo per il cinema. Da qui le difficoltà, salvo eccezioni, delle mono e delle bi-sale e la necessità, per gran parte di esse, di trasformarsi in multi-sala.

Le singole sale o/e i circuiti devono assumere un’identità riconoscibile dal consumatore.

La ricerca che come CATTID-Sapienza abbiamo condotto per AGIS-ANEC e che vi è stata distribuita nel quaderno ANICA, dimostra tutto ciò con riferimento agli Schermi di Qualità, ma può essere estesa alle altre tipologie di schermi.

Deve aprirsi uno spazio di marketing della sala (dentro cui sta la promozione come variabile decisiva), finora poco esplorato e per il quale vale molto il supporto del web perché, paradossalmente, le fasce di età e di estrazione socio-culturale che frequentano le sale sono le stesse che affollano internet. E questo ci porterebbe a ben altre considerazioni riguardo al rapporto tra file-sharing, social network e consumo di cinema rispetto a quelle gridate da interessi che si sentono offesi e che invece dovrebbero coglierli come opportunità.

Marketing che va anche costruito sul lato del pricing, cancellando definitivamente l’illusione che la domanda di cinema sia rigida. E’ certamente funzione dei titoli. E’ certamente funzione del ciclo economico. Ma è anche funzione della capacità di discriminare e differenziare il prezzo, più di quanto si faccia oggi, specie ma non solo, in fasi di crisi economica e/o in aree di crisi.

L’importanza delle tecnologie digitali per la sala verrà discussa negli altri panel. Qui è opportuno solo ricordare che,, da un lato, il passaggio alla sala digitale, da una experience più forte allo spettatore, dall’altro, riduce i costi e aumenta quindi i margini.

Il suggerimento che mi permetto è quello che il Ministero, d’intesa con le associazioni, decida, così come è accaduto per la televisione, una data per lo switch-off delle sale verso il digitale, accompagnandolo, d’intesa con le regioni, con le necessarie misure di supporto. In UK quasi il 50% dei film sono rilasciati in digitale. Più il passaggio è concordato e comune maggiori sono le esternalità di rete e i vantaggi per tutti i player della filiera.

Sul supporto pubblico c’è un orientamento allo stato negativo dell’Unione Europea. Cadrebbero, dice, sotto la scure della normativa sugli aiuti di Stato. Come se l’eventuale sostegno per digitalizzare il cinema Farnese di Campo de Fiori del mio amico Fabio Amadei ledesse la concorrenza con il Hackesche Hofe Kino di Rosenthaler Strass a Berlino del nostro amico Franz Krise. Mi pare una posizione farisea.

Quanto finora detto permette di affrontare con una diversa prospettiva il secondo tema: quello dei costi impropri che gravano sulla sala, in alcuni casi, vere e proprie gabelle, in altri, incomprensibili e paradossali.

Il primo che viene in mente è il costo dei cosiddetti piccoli diritti musicali che la SIAE esige. Il pubblico entra in una sala per vedere un film, non per sentire la sua musica. Musica, per altro, già pagata dalla produzione. Il paradosso sta nel fatto che la sala promuove la musica del film sui suoi mercati tipici: cd e web. Quindi dovrebbe verificarsi l’esatto opposto, e cioè che la SIAE dovrebbe pagare le sale nella misura in cui promuovono le musiche.

Lo stesso si propone per i cosiddetti contenuti alternativi, cioè i concerti, che tenderanno sempre più ad essere distribuiti anche nelle sale. Si tratta di un’attività in fase di avviamento. Si dà il caso di sale che con il concerto di Elton John hanno pagato più diritti SIAE di quanto abbiano incassato. Così la SIAE uccide con un eccesso di contribuzione, un’attività che è in fase di start up e quindi fa abortire una attività che potrebbe dare soddisfazione alla SIAE stessa nel medio-periodo.

Sulla stessa linea va considerato il trattamento IVA. C’è oggi un disallineamento tra l’IVA al 10% pagata dallo spettatore e quella al 20% pagata dalla sala per i suoi acquisti. L’allineamento di entrambe al 10% ha un costo irrilevante per il bilancio dello Stato, ma significativo per la sala.

Tutto quanto detto, suggerisce delle policy per il decisore politico: la ricerca CATTID-Sapienza dimostra, sempre in riferimento agli Schermi di Qualità, come questi diano, ai film proiettati, un contributo decisivo al ROI sul finanziamento pubblico proveniente dal FUS. Se uniamo questa considerazione a quelle espresse precedentemente, si rivela l’utilità per il Ministero stesso nel momento in cui concede un finanziamento ad un film di comprendere in esso un contributo per la sala. Si garantirebbe così un’aspettativa del ROI, per lo stesso Ministero, superiore a quanto avviene oggi.

In questo contesto c’è un ruolo anche per i Comuni. Alcuni lo stanno esercitando. In merito si possono avanzare delle proposte sul merito dei costi che gravano sulla sala:

* la prima riguarda la TARSU, l’imposta sui rifiuti, che viene pagata dalle sale sulla base della volumetria. E’ facile considerare che è un controsenso. Il peso dei rifiuti di una sala è infinitamente inferiore a quella di una pizzeria al taglio che occupa una manciata di metri. Buon senso vorrebbe una modulazione sulla base del peso specifico dei rifiuti stessi.

* la seconda riguarda l’ICI. La sala rappresenta un elemento di socialità, di vivibilità, di equilibrio del territorio e della comunità cittadina. Svolge una funzione culturale e civile. E tutti noi sappiamo come di questo ci sia bisogno nelle grandi città ma anche nei piccoli centri. Questa funzione andrebbe premiata e non trattata come le altre utilizzazioni degli spazi costruiti.

Su questo tracciato si pone anche una riflessione che riguarda, stavolta, il mercato. Le percentuali di noleggio sono praticamente le stesse degli anni ’50 quando la sala strappava 800 milioni di biglietti. Da tempo non è più così. Per le cose dette all’inizio produzione e distribuzione valorizzano e tenderanno ad acquisire revenue per il prodotto film sempre più dalla miriade di canali esplosi dalle tecnologie digitali. Questo impone una riconsiderazione di queste percentuali di noleggio che se, in qualche misura, diminuissero, aumenterebbero le economie di scala dal lato della domanda per tutta la filiera cinematografica.

E queste crescerebbero ancor più, in un concorso di esternalità positive, nella misura in cui queste riduzioni dei costi per la sala, la sala le riversasse sul costo per lo spettatore. Vale ricordare sempre come la sala è faticosa per il consumatore, non solo in termini di costo, ma anche in termini di tempo che pretende, in concorrenza e competizione con altre utilizzazioni del tempo libero, oltre che con altre modalità di visione del film.

E’ ovvio che queste considerazioni hanno senso in un’ottica di eco-sostenibilità del sistema cinema nel medio-periodo. Questo è in contrasto con la dimensione societaria ridotta, salvo eccezioni, degli operatori che lavorano nella filiera cinematografica. Ma qui deve venir fuori un ruolo strategico e di vision delle associazioni e dei decisori politici.

Infine, questa rivalorizzazione della sala, che è una modalità di consumo tradizionale del film, non deve sorprendere. Sta accadendo anche nella musica. In parallelo con la crescita della musica sul web cresce la partecipazione ai concerti. Ciò sta ad avvalorare un vecchio assioma che afferma che le nuove tecnologie non uccidono mai le vecchie. E la musica è sempre lo scout che esplora nuove forme di valorizzazione del prodotto in anticipo rispetto agli altri media e alle altre forme di spettacolo. Tutto è iniziato con Mozart che inventò la commercializzazione degli spartiti.

Il Film, come l’originario spartito di Mozart, ha già e avrà sempre più un numero enorme di device attraverso i quali può essere distribuito e di modalità di fruizione che lo porteranno all’attenzione del consumatore di media.

Ma, rispetto agli altri prodotti media, ha ed avrà sempre una chance in più: quella della schermo della sala cinematografica.

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