Brevettabilità dei metodi commerciali e limiti alla divulgazione di musica in internet. La situazione italiana e internazionale

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di Francesca Besemer - Portolano Colella Cavallo Studio Legale

Italia


Musica digitale

“Ideas are capital. The rest is just money” Questa era l’inserzione pubblicitaria della Deutsche Bank sul Wall Street Journal nell’aprile 2001.

Da allora la rilevanza economica di una idea, brevettabile o meno, è divenuta sempre più incerta e difficilmente quantificabile ab origine.

Emblematica è la questione della brevettabilità dei metodi commerciali, anche in Italia più conosciuti come “business methods” per via dei noti brevetti diffusi negli Stati Uniti, come ad esempio il “OneClick” di Amazon.

In Italia, ai sensi dell’art. 45 del Codice della Proprietà Industriale, “i metodi commerciali ed i programmi per elaboratori” non sono considerati come “invenzioni” e pertanto non possono essere brevettati.

Negli ultimi anni, però, gli investimenti delle imprese in termini di denaro e di risorse umane per la ricerca di nuovi “metodi commerciali” sono divenuti sempre più importanti.

 

1. La situazione negli Stati Uniti

Negli Stati Uniti non esistono divieti legislativi per brevettare certe invenzioni in dipendenza del loro oggetto: la legge stabilisce infatti solo quali siano i requisiti positivi di brevettazione. Di conseguenza i business methods sono brevettabili, anche se non comportano una innovazione tecnica.

La giurisprudenza statunitense ha definito caso per caso i limiti alla brevettazione delle invenzioni. In merito ai business methods rilevante è la sentenza State Street Bank & Trust Co. V. Signature Financial Group Inc  del 1998, [in Legal Protection of Digital Information, Chapter 4, Section III.B.6.] che ha negato qualsiasi ostacolo legislativo alla brevettazione, salvo il caso in cui tale business method resti ad uno stadio di idea astratta.

Dalla sentenza sopra menzionata, negli Stati Uniti sono state numerose le domande di brevetto relative ai business methods e ad algoritmi matematici – fra i quali numerosi algoritmi di compressione di file audio e video.

Fra i brevetti più significativi che sono stati concessi negli Stati Uniti si ricordano:

          il sistema di pubblicità Pay per view;

          il metodo di aste on -line;

          il metodo di acquisto on line attraverso l’ordine di acquisto con un click – OneClick di Amazon;

          vari metodi di pagamento in internet con carte di credito o carte prepagate.

Da ultimo, si ricorda la discussa privativa ottenuta da Jeff Bezos, CEO di Amazon, nel 2003, su “un metodo e un sistema per condurre una discussione in formato elettronico su un certo argomento“. Tale brevetto ha destato varie perplessità, in quanto l’unico elemento di apparente novità sta nel fatto che il metodo intende facilitare il commercio elettronico, dovendo l’argomento di discussione comunque riguardare un oggetto destinato ad essere venduto, con l’aggiunta di un commento sullo stesso e di un indirizzo web sul quale acquistarlo.

E’ evidente che il brevetto in oggetto non ha ottenuto una privativa su tutti i gruppi di discussione, ma ha comunque ottenuto un brevetto che potenzialmente potrebbe limitare le libertà di discussione di molti gruppi.

Ciò premesso, è stato osservato da più critici che molti di questi brevetti statunitensi consistono in mere applicazioni informatiche di metodi e soluzioni già esistenti (Bagley, Internet Business Model patents: Obvious By Analogy, in 7 Mich. Tech. L. Rev., 2001, 253).

Sta di fatto che attualmente la maggior parte delle più rilevanti applicazioni in ambiente Internet di un metodo commerciale è stata brevettata negli Stati Uniti.

 

2. La situazione in Italia ed in Europa 

Il divieto imposto dalla legge italiana di brevettare i metodi commerciali si associa ad una giurisprudenza che riconosce brevettabile solo l’idea che deve consentire il superamento di un problema allo stato non risolto dalla tecnica e che si concretizza in una materialità dentro un prodotto industriale (per tutte, Cassazione, 21 aprile 2004, n. 7597).

La posizione italiana in materia è altresì conforme a quanto prevede la Convenzione sul Brevetto Europeo, art. 52(1),  secondo la quale gli schemi, le regole ed i metodi per le attività commerciali non sono considerati invenzioni e non sono brevettabili. (Schemes, rules and methods for (…) doing business [are not regarded as being inventions and are not patentable] to the extent that a European patent application or European patent relates to such subject-matter or activities as such“).

La questione giuridica attuale relativa ai business methods si assimila alla tutela per i software. In entrambi i casi infatti, la brevettabilità è riconosciuta solo se contiene un contributo “tecnico”, contenuto che viene valutato caso per caso con le difficoltà proprie della materia in evoluzione. Nei restanti casi – quando è esclusa la brevettabilità – i business methods ed i software possono essere tutelati solo tramite il diritto d’autore.

Sono quindi escluse dalla tutela brevettuale tutte le invenzioni “astratte” o, citando la dizione della Convenzione europea, i business methods “in sé e per sè”. Sarebbero invece tutelabili le altre due tipologie di rivendicazioni come definite dal Presidente dell’Ufficio Europeo dei Brevetti:

          le rivendicazioni che includono l’uso di un computer per realizzare almeno alcuni passaggi di un business method;

          le rivendicazioni che includono l’uso di qualche “altro apparato” diverso da un computer per realizzare almeno alcuni passaggi di un business method, come ad esempio telefoni cellulari (Report on Comparative Study Carried Out Under Trilateral Project B3b, Appendix 6, “Business method” applications, 19 maggio 2000, p.3).

Istituzioni e centri di ricerca ambiziosi, come la stessa Commissione CE (The Economic Impact of Patentability of Computer programs, Study Contract, London 2000), il Max-Planck – Institut, ed il European Patent Office (in Report Scenarios for the Future) sostengono che la non brevettabilità dei business methods è giustificata e va protetta in quanto in tal modo si tutelerebbe la ricerca secondaria, cioè le scoperte che derivano dai business methods inventati e quindi, in generale, si incrementerebbe lo sviluppo commerciale.

Di conseguenza, la Commissione CE, nell’ultima Proposta di Direttiva relativa alla brevettabilità delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici del 2002 (Proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa alla brevettabilità delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici, COM (2002) 92 definitivo, 2002/0047 COD), aveva optato in sostanza per la soluzione del mantenimento della situazione già esistente in Europa, nel senso che le invenzioni attuate mediante elaboratori elettronici possono essere considerate brevettabili solo ove abbiano un carattere tecnico.

La Proposta di Direttiva si limitava dunque a fornire la definizione di invenzione attuata per mezzo di elaboratori elettronici come:

un’invenzione la cui esecuzione implica l’uso di un elaboratore, di una rete di elaboratori o di un altro apparecchio programmabile e che presenta a prima vista una o più caratteristiche di novità che sono realizzate in tutto o in parte per mezzo di uno o più programmi per elaboratore”.

Di conseguenza, ai sensi della Proposta,  i presupposti di brevettabilità erano:

          invenzione attuata per mezzo di elaboratori se atta ad una applicazione industriale;

          presenti un carattere di novità;

          implichi una attività inventiva.

Nella Proposta si specificava altresì che “un’invenzione per mezzo di elaboratore elettronico deve arrecare un contributo tecnico”, contributo tecnico a sua volta definito come “un contributo allo stato dell’arte in un settore tecnico, giudicato non ovvio da una persona competente della materia“.

La Commissione CE quindi cercava di avvicinarsi alla posizione statunitense, limando la valutazione del contributo tecnico e avvicinandolo a quello di pura attività inventiva, soprattutto per le innovazioni It e telecom, meno per le tecnologie legate a internet e software.

Ma la proposta di Direttiva, ampliamente sostenuta dalla Commissione europea e dalla maggior parte dei Paesi membri, è stata rigettata dal Parlamento europeo nel luglio 2005.

Rimane allo stato quindi molto discussa in giurisprudenza e nella prassi commerciale, l’interpretazione dell’Art. 52 della Convenzione sul Brevetto Europeo (CBE), e la possibilità di brevettare attività commerciali .  Spetta ancora alla giurisprudenza definire caso per caso il significato della norma.

Sta di fatto che, mentre negli Stati Uniti continuano a registrarsi brevetti in materia, qui in Europa, spesso le ingenti ricerche da parte delle aziende nel settore sono vanificate dalle privative americane.

 

3. I metodi commerciali e la distribuzione di musica su Internet

La distribuzione della musica in Internet è in fase di notevole crescita, e gli spazi di distribuzione libera ed autorizzata dai titolari dei diritti d’autore stanno diventando una realtà affermata.

La Siae ha infatti, come noto, “liberalizzato” la maggior parte delle opere sul web. Di conseguenza, brani musicali diffusi sul web o sul telefonino sono liberi dal pagamento Siae e quindi potranno essere forniti gratuitamente.  Finora l’autore che affidava le proprie opere alla gestione della Siae non poteva liberarle, quindi era sempre la Siae a dare l’autorizzazione a terzi per il loro utilizzo, facendo da intermediario. Ora invece,come ha affermato Giorgio Assumma, Presidente della Siae, “con la nuova regolamentazione, un autore può mettere su internet una propria composizione anche a titolo gratuito facendo una semplice dichiarazione alla Siae che in questo caso dà piena libertà all’autore senza pretendere nessun indennizzo per il proprio servizio di gestione. In pratica l’autore può chiedere alla Siae di escludere dalla sua tutela i diritti relativi all’uso di queste opere sulle reti telematiche e di telefonica mobile o di altre forme analoghe di fruizione.” “Liberalizzazione” che vale sia che l’autore decida di mettere sul web gratuitamente sia che le faccia pagare.  La Siae, per dare avvio alla novità, ha istituito un pubblico registro delle opere musicali che potranno essere gratuitamente utilizzate su Internet con l’indicazione dei rispettivi autori.

A livello internazionale, già in precedenza il primo serio esempio di sistema di distribuzione via internet di contenuti musicali, senza limiti all’utilizzabilità dei file scaricati, ovvero il sistema iTunes di Apple, ha avuto un successo clamoroso.

La stessa Federazione dell’Industria musicale italiana nel Digital Music Report 2009 dichiara che il mercato della musica digitale vale 3,7 miliardi di dollari nel mondo, con una crescita del 25%.

Non altrettanto bene invece in Italia, dove citando il Report: “il mercato ha difficoltà: il digitale vale 15 milioni di euro, il 10% del totale”.

Ma anche in questo campo iniziano a delinearsi le prime difficoltà di sviluppo in tutta Europa dovute alla diffusione di brevetti statunitense in materia di business methods.

Ad esempio, la società newyorkese E-Data ha depositato un brevetto nel 1985 negli Stati Uniti, valido anche in Europa ed Italia, che coprirebbe tutte le forme di download di musica a fini di materizzazione.  Tecnicamente si tratta di un brevetto su un business method, il quale consente di risparmiare denaro eliminando parte dei costi di distribuzione.

La E-Data ha dimostrato la serietà delle proprie intenzioni con una serie di denuncie a tutti i maggiori operatori telematici che offrono servizi incompatibili con il brevetto, a partire da quelli europei (Tiscali, Microsoft MSN, OD2, eccetera).  Il brevetto, infatti, conserva ad oggi la propria efficacia in numerosi paesi europei, tra i quali l’Italia.

Alla situazione sopra rappresentata si aggiungono le questioni giuridiche scaturite dalle privative Apple, che tenta di proteggere in tutti i campi la propria posizione di dominio nella musica digitale. Da ultimo il processo iniziato contro IPodHash, che permetteva di mettere la musica su apparecchi Ipod e IPhone tramite computer Linux. 

Il mercato della musica appare quindi attraversato da varie minacce dovute al tentativo delle società dominanti  di proteggere la fetta di mercato alle stesse spettanti. Questo non giova al mercato in oggetto, che al contrario avrebbe bisogno di alleanze ed aperture per svilupparsi e crescere.