Rai-Sky: ancora nulla sul contratto in scadenza. Sul lancio di TivùSat Di Pietro, ‘Grande ammucchiata che avvantaggia Mediaset’

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La Rai non riesce ancora a trovare una soluzione di compromesso per il rinnovo del contratto con Sky Italia (News Corp), in scadenza il 31 luglio.

I contenuti dell’incontro di Milano tra il Dg Mauro Masi e l’Ad della Pay TV Tom Mockridge restano un mistero.

Bocche cucite ai piani alti di Viale Mazzini, dove si sta giocando questa delicata partita e nel frattempo Sky alza la posta chiedendo non solo i canali di RaiSat e i tre canali generalisti, ma anche quelli del digitale terrestre.

 

Masi ha riferito in Cda che la Tv di Rupert Murdoch – che ha offerto 50 milioni all’anno per sette anni, più 75 milioni per diritti di Rai Cinema – vuole vincolare all’accordo anche i canali free, presenti e futuri. Forte del sostegno del Cda, è presumibile che il Dg formuli a questo punto una proposta economica, tenendo conto delle stime interne aziendali: nel documento distribuito al Cda a maggio, la cifra complessiva immaginata sarebbe di almeno 200 milioni di euro l’anno. Altra ipotesi potrebbe essere accorciare la durata del contratto.

 

Il punto centrale della posizione del servizio pubblico è che la trasmissione sulla piattaforma satellitare del gruppo di Murdoch delle tre reti generaliste Raiuno, Raidue e Raitre non potrà più avvenire a titolo gratuito.

 

In ballo c’è la partnership Rai-Sky ma anche l’obbligo della presenza della Tv pubblica su tutte le piattaforme, al quale Viale Mazzini potrebbe assolvere attraverso Tivù Sat, la nuova offerta gratuita sul satellite – figlia di Tivù, l’alleanza con Mediaset e Telecom Italia Media – che dovrebbe decollare a giorni. Una questione sulla quale ha acceso un faro l’Autorità per le Comunicazioni: “Stiamo valutando l’impatto dell’operazione Tivù – ha spiegato il presidente, Corrado Calabrò, in Vigilanza – anche sotto il profilo degli obblighi del contratto di servizio, stante la necessità di una corretta fruizione dei canali del servizio pubblico da parte degli utenti sulle varie piattaforme”.

 

Per Antonio Di Pietro, Tivù Sat è una “grande ammucchiata”. Il leader dell’Idv la definisce così scrivendo sul suo blog e insinua che in realtà il progetto serva solo ad avvantaggiare l’azienda di proprietà del premier Silvio Berlusconi.

“La Rai, azienda televisiva di Stato, ha rifiutato 125 milioni di euro da Sky -scrive Di Pietro nel blog – per la messa in onda del pacchetto RaiSat. Rai, Mediaset e La7, attraverso i nuovi decoder, dal 31 luglio inaugureranno l’era Tivù Sat. Non basta. Gli abbonati Sky che posseggono un decoder, e non ne vogliono altri, oppure se ne fregano di Fede, dovranno comunque metterselo in casa (Fede e il decoder Tivù Sat) perché i canali Rai1, 2 e 3 non saranno più visibili dal decoder Sky”.

 

Sull’argomento Di Pietro pone poi alcune domande: “Quanto ha offerto Mediaset per mettere fuori gioco i 125 milioni di euro offerti da Murdoch? Sulla base di quali criteri è maturata la scelta del direttivo Rai di investire su un cavallo perdente come Mediaset invece che su Sky, società i cui risultati economici e prospettive non lasciano dubbi rispetto all’agonizzante concorrente? Con che business plan e con quali ritorni economici la Rai si è buttata su Tivù Sat, d’amore e d’accordo con Mediaset e La7, che sono anche sue concorrenti?”.

“Dato che Silvio Berlusconi, proprietario di Mediaset, è lo stesso Silvio Berlusconi che ricopre la carica di presidente del Consiglio – conclude Di Pietro – forse l’avventura imprenditoriale Tivù Sat è pensata proprio per portare soldi alle sue aziende e non a quelle che tra 3 anni potrebbe non controllare più”.

 

La scorsa settimana, in Vigilanza, Calabrò ha fatto sapere che “L’Agcom sta valutando la novità e la natura di questa intesa, ma anche l’impatto dell’operazione. Per ora, però, non c’è un contratto tra le parti e quindi l’istruttoria è ferma”.

“La concessionaria pubblica si è riservata di trasmettercelo appena sarà stato siglato. L’operazione – ha aggiunto – presenta profili di competenza dell’Antitrust, per quanto riguarda la concorrenza, e di nostro interesse, per quanto attiene alla tutela del pluralismo”.

 

Al responsabile comunicazione del Pd Paolo Gentiloni, che ha citato l’articolo 26 del Contratto di servizio e il ‘must offer’, Calabrò ha poi risposto: “Siamo pronti a svolgere tutti gli interventi del caso“.

Fino al 2011 l’Unione europea prevede l’obbligo del ‘must offer’ per Sky, che deve ‘ospitare’ i canali a condizioni precise, “dopo il 2011 il problema (monopolio) si porrà”.

 

A margine dell’audizione, il presidente è stato sollecitato ancora sull’argomento, e in particolare sull’eventualità che questa nuova piattaforma satellitare possa non essere fruita da un numero significativo di utenti così come avviene oggi con i canali Rai su Sky, e quindi di fatto il contratto di servizio Rai-Stato finirebbe con l’essere in qualche modo ‘depotenziato’. Calabrò ha replicato: “la risposta la conosco ma non la fornisco ora… Se cambio giacca (parlando quindi da giurista quale è, ndr) è un conto, ma qui rappresento altro”.