Miptv: crisi della pubblicità, per gli esperti bisogna investire nei new media

di Raffaella Natale |

Europa


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Al Miptv di Cannes, gli esperti si sono confrontati sulla crisi del mercato pubblicitario e la necessità che si pensi con urgenza a nuovi modelli di business anche per rapportarsi con un settore ormai mutato dalle nuove tecnologie.

La 46esima edizione di questo grande salone internazionale dedicato ai contenuti audiovisivi, che si è chiuso ieri, ha dato un ruolo più marginale alla televisione per concentrare il dibattito sulle nuove piattaforme come internet e la telefonia mobile.

 

Il settore della pubblicità e dei media dopo questa crisi non sarà più lo stesso. Di questo ne è convinto Sir Martin Sorrell, fondatore e Ceo di Wpp, la più grande agenzia pubblicitaria al mondo.

Premesso che l’industria pubblicitaria, come risulta da ricerche di mercato, vale 1.000 miliardi di dollari, Sorrell ha spiegato la sua visione dello scenario dei media durante e dopo la crisi.

“Questa recessione sta cambiando le basi dell’industria in cui operiamo“, ha esordito Sorrell, uno dei capi d’azienda più ascoltati nella City di Londra e oltre. Dopo aver esaminato la situazione economica nelle varie parte del mondo, Sorrell ha sottolineato che “se fossi il proprietario di un media in un solo Paese sarei molto preoccupato” visto che solo i gruppi differenziati geograficamente possono bilanciare l’impatto della crisi che vede ad esempio “l’America Latina sfidare la legge di gravità” e reggere meglio di altre aree.

 

I new media, ha continuato, “in questo momento stanno soffrendo perché il costo dell’acquisto degli spazi per la pubblicità tradizionale è sceso in maniera significativa”. Tuttavia il problema degli alti costi di produzione per i media tradizionali è destinato ad avere un impatto duraturo.

“Il nocciolo della crisi è nel miglioramento dei costi di produzione” e “la qualità dei contenuti è destinata a diventare sempre più importante”.

 

Ma il crollo della pubblicità sui giornali, che ad esempio in Giappone è calata del 70%, non è un fenomeno passeggero. “La stessa vita del New York Times è arrivata a un punto di svolta” ha ricordato Sorrell. Il problema del settore è farsi pagare i contenuti online “perche solo quelli che lo faranno avranno successo”.

Un ragionamento che si applica anche alla distribuzione di video, come nel caso di YouTube. Ridurre i costi e farsi pagare per l’online sono quindi le uniche possibilità di sopravvivenza perché, crisi o non crisi, “gli attuali modelli di produzione restano troppo cari”.

 

Considerato come un guru in questo settore, Sorrell prevede grosse difficoltà per il primo semestre del 2009: le tariffe pubblicitarie sono “sotto pressione” in Europa occidentale e negli Stati Uniti dove, secondo lui, i “modelli di produzione” sono tropo costosi.

 

Se la Tv vuole evitare la crisi dovrò rivolgersi risolutamente “verso i new media” (mobile, internet, video on demand…), che hanno un grosso potenziale di crescita.

 

“…Il web ha cambiato la percezione dei media – ha commentato Patrick Barry, direttore di Connected Tv de Yahoo! – Bisogna dunque avvicinare Tv e internet”.

Questa nuova piattaforma consente di integrare le applicazioni internet (meteo, info, siti di social network, contenuti professionali…) al televisore di casa.

Secondo Barry, questo servizio mette insieme i “valori” della rete, vale a dire la possibilità di scegliere, personalizzare e condividere contenuti, con quella della Tv classica: l’audience di massa.

Yvon Kreiz, presidente di Endemol, ha sottolineato che “l’impatto emotivo” del prime time resta il miglior mezzo per arrivare al pubblico.

 

L’emergenza posta da Tv on demand e frammentazione dell’audience, davanti a telespettatori meno recettivi, obbliga la pubblicità a reinventarsi.

“…La pubblicità tradizionale è ormai un modello morente. La gente rifiuta sempre di più di guardarla”, ha affermato Christophe Lambert, ex direttore di Publicis, in trattative con Luc Besson per fondare l’agenzia Blue Advertainment.

 

Come attirare il pubblico della rete, più esigente, e monetizzare questa audience attraverso un modello redditizio?

 

“Si può testare l’efficacia di uno spot interattivo online. Se funziona, se ne potrebbe vendere una versione per la televisione“, ha proposto Chuck Porter, dell’agenzia Crispin Porter, citando la campagna online Barack Obama che ha “…permesso di finanziare quella televisiva“.

 

Come su Facebook, una pubblicità può provare a “farsi degli amici” in modo che gli utenti “accettino di dargli del tempo“, ha aggiunto Lambert.

 

Ma agli occhi di questi professionisti, è necessario sviluppare nuove forme di pubblicità, come per esempio il product placement, per poter rilanciare effettivamente questo settore in crisi.

 

  

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