Tv pubblica e spot: l’Italia discute la decisione Sarkozy. Per Romani, ‘La pubblicità non peggiora la qualità’

di Raffaella Natale |

Italia


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L’Italia discute la decisione della Francia che, con la riforma dell’audiovisivo, ha deciso di oscurare gli spot sulla Tv pubblica.

Sull’argomento è intervenuto Paolo Romani, sottosegretario alle comunicazioni, che durante la trasmissione “Radioanch’io” su Radiouno si è soffermato sulla rivoluzione dei media messa in atto dal presidente Nicolas Sarkozy.

Il problema della qualità in televisione, ha commentato Romani, non è dello spot, “…semmai dei programmi della televisione del servizio pubblico, la quale per inseguire la Tv commerciale stravolge il suo essere”.

Secondo il sottosegretario, “la pubblicità non peggiora la qualità della Tv“, e inoltre “consente di tenere basso il canone, e poi offre risorse alla Tv pubblica in modo che questa possa programmare e investire. Se hai le risorse puoi fare programmi di qualità sulla Tv pubblica”.

 

Romani ha poi respinto le accusi di immobilismo rivolte al Governo in fatto di sistema radiotelevisivo mosse dal senatore del Pd Vincenzo Vita, componente della Commissione di Vigilanza, intervenuto anch’egli in trasmissione. 

 

Vita ha, infatti, sostenuto che “…E’ difficile in Italia applicare l’ipotesi francese di non avere spot nella Tv pubblica: dai noi c’è il conflitto di interessi, visto che abbiamo un presidente del Consiglio che controlla le reti Mediaset, e quella pubblicità che verrebbe tolta alle reti Rai dove potrebbe andare se non alle reti Mediaset?”.

A parere di Vita comunque “…dovremmo avere il coraggio di togliere la pubblicità almeno da una rete, e a sua tempo si era parlato che dovesse essere per Raitre”. Il parlamentare del Pd ha aggiunto che in Italia c’è urgenza di una riforma nel sistema radiotelevisivo, “…prendiamo dunque questo spunto come elemento per discutere in modo più moderno del sistema. La riforma è veramente urgente e il punto di principio è che non siano i partiti a fare il Cda Rai”.

In merito poi al capitolo canone, anche qui per Vita c’è esigenza di un cambiamento radicale vero, “proporzionandolo al reddito, perché non è giusto che il pensionato paghi quanto il magnate“.

 

Romani ha riposto che “…Se tutti pagassero il canone, si potrebbe abbassare dagli attuali 107,50 euro a 80-85 e si potrebbe fare agganciando il pagamento a qualche altro parametro”.

Ha fatto anche qualche esempio, parlando “di canone nella bolletta elettrica come accade in altri Paesi, anche se in Italia sarebbe complicato, perché non c’è un solo gestore”.

E’ però convinto che “…l’attuale evasione al 27% è largamente penalizzante per il servizio pubblico“. Il sottosegretario chiede alla Rai uno sforzo per rendere più visibili i programmi di servizio pubblico e a questo proposito sottolinea che “è in scadenza il contratto di servizio tra la Rai e il ministero, che sarà un’occasione importante per ridefinire alcuni punti in questa direzione”.

Il direttore generale della Rai, Claudio Cappon, presente anch’egli in trasmissione si soffermato su un altro aspetto: le risorse.

Niente spot sulla Tv pubblica? “Il problema è quello delle risorse“. Cappon ha così sintetizzato la questione legata agli spot sulla Tv pubblica, sottolineando ancora una volta che per fare servizio pubblico bisogna avere i mezzi, a cominciare da quelli finanziari.

Cappon ha sostenuto che la Tv pubblica è di supporto al servizio culturale del paese e che con risorse maggiori si può certo fare di più e meglio. In Italia – ha ricordato – la situazione è tale che la risorsa pubblica destinata alla televisione sia la più ridotta nel panorama europeo e, “…dunque insufficiente rispetto a quello che il servizio pubblico fa”.

 

Lo stesso canone di abbonamento è basso rispetto agli altri, e in più ci si mette l’elevata evasione che comunque la Rai sta cercando di ridurre.

Il direttore generale ha ribadito che una limitazione di risorse disponibili comporta automaticamente il rischio di ridurre l’ambito di attività dell’azienda. “…Siamo consapevoli dell’esigenza di fare meglio e in modo più efficiente, e però voglio anche ricordare che nonostante quello che si dice la Rai è il servizio pubblico che in Europa ha il più forte ascolta tra i cittadini, pari al 45%. Noi siamo fortemente impegnati nel recuperare efficienza. Poi è evidente che il mondo dello spettacolo è del tutto particolare, gli artisti hanno un mercato: o si pagano o vanno altrove“.

 

Di fondo, quindi, il problema resta quelle risorse su cui poter contare, “…se queste si ampliano possiamo anche abbassare il canone e magari modularlo sui redditi”. Cappon ha aggiunto che l’obiettivo della Rai del futuro deve essere anche quello di avere canali di nicchia, ovvero “un’offerta specializzata per pubblici, e non dunque per il pubblico in genere, che potranno soddisfare i loro bisogni di trasmissioni d’altro tipo rispetto alla televisione generalista che comunque resta importante”.

E in questa logica il digitale assume una rilevanza notevole in quanto in grado di ampliare l’offerta.

Infine Cappon ha ricordato che il servizio pubblico della Rai è anche quello che non si vede in televisione e però passa per altri veicoli di comunicazione non meno importanti.

 

Romani ha tenuto a precisare che il digitale terrestre “…non è un favore a Mediaset”.

La sottolineatura di Romani è venuta dopo l’intervento di un ascoltatore che aveva appunto sostenuto che il digitale fosse una operazione mirata a favorire Mediaset più che la Rai. Romani ha ricordato che “…il digitale non l’abbiamo inventato noi ma l’Europa, che ha fissato una data di approdo. Voglio ricordare che è stato il centrosinistra ad avviare il discorso nel 2000 e poi nel 2006 ha fissato una scadenza, e adesso noi abbiamo anticipato quel traguardo perché la digitalizzazione consente un salto tecnologico notevolissimo per il paese”.

 

Il sottosegretario non ha dimenticato di far riferimento alla complicata situazione che si è creata nella commissione di vigilanza Rai con la nomina alla presidenza di Riccardo Villari.

“…Mi auguro che il sistema politico faccia un passo avanti e quindi garantire la governance della Rai e fare in modo che chi decide possa avere una scadenza pluriennale nell’assunzione di impegni negli investimenti”.

“…Alla Rai serve un Cda stabile e autorevole – ha aggiunto – non perché quello che ha oggi non lo sia, ma manca qualche pezzo. Mi auguro quindi che presto si arrivi ad una soluzione per il vertice della Tv pubblica”.

Romani ha sottolineato, inoltre, che è in scadenza il contratto di servizio ed è questa l’occasione “…per definire il perimetro del servizio pubblico“, tema questo che si nega alla questione canone. Per il sottosegretario è importante che gli utenti sappiano perché e per cosa si paga il canone, e questo può avvenire unicamente definendo per l’appunto il perimetro del servizio pubblico radiotelevisivo in Italia.

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