Cronache di (dis)servizio pubblico: perché non privatizzare due reti Rai e finanziare solo la terza col canone?  

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Remigio del Grosso

Riceviamo e volentieri pubblichiamo una lettera di Remigio del Grosso, Vice Presidente CNU-AGCOM – Membro Comitato Scientifico Rai), a commento dell’articolo di key4biz del 9 settembre “Ragazze pronte a tutto. Rai: cronache di (dis)servizio pubblico. Dalle cosce al lato B, per promuovere la rete ammiraglia. (1ª puntata)”.

 

 

  

Egregio Direttore, 

    

Leggo sempre con molta attenzione le acute analisi del Presidente dell’Isicult ed ho particolarmente apprezzato il suo articolo sul (dis)servizio pubblico radiotelevisivo. (Leggi articolo)

Come componente del Comitato Scientifico Rai – che ha (fino ad oggi) inutilmente approntato un sistema di monitoraggio della qualità della programmazione – ho avuto modo di verificare, nelle numerose audizioni di dirigenti e giornalisti, che la logica imperante nella concessionaria è quella dell’estenuante rincorsa (minuto per minuto, come avviene per i tg) agli ascolti della maggiore concorrente.

 

Non deve sorprendere quindi il livello di alcune (per fortuna non tutte) trasmissioni giornalistiche condotte da più o meno valenti professionisti.

 

Quello che è singolare è che programmi definiti di servizio pubblico dalla stessa Rai e dall’Agcom, quale è “Speciale TG1”, facciano pubblicità a trasmissioni che non sono servizio pubblico, ma soltanto produzioni commerciali. Con i soldi dei cittadini che pagano il canone si cerca di promuovere trasmissioni copiosamente finanziate dalla pubblicità.

 

Come non sono trasmissioni di servizio pubblico, quelle per le quali si è scandalizzata la ministro ombra delle comunicazioni, Giovanna Melandri: le trasmissioni di pacchi e gratta e vinci, infatti, sono trasmissioni commerciali e come tali non sono finanziate dal canone.

 

Per tutti i disinformati può essere utile leggere l’ultima relazione annuale dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, dalla quale scoprirebbero che, invece, sono servizio pubblico i Porta a Porta di Cogne, la spregiudicata fiction di Raidue “7 vite”, “Un posto al sole” e decine di film di Totò e 007. Sono servizio pubblico perfino alcune trasmissioni di moda che sono state sotto inchiesta perché accusate di essere pubblicità camuffata. Come sono servizio pubblico tutte le trasmissioni sportive, anche quelle sanzionate da Agcom perché eccessivamente riempite di pubblicità e telepromozioni.

 

Nonostante questo equivoco di fondo e cioè una Rai sempre in bilico tra servizio pubblico ed attività commerciale, apprendiamo dalla stampa che ancora una volta “Petruccioli batte cassa”. Evidentemente la Rai sta aspettando dal sottosegretario Romani il riconoscimento di un contributo straordinario per far fronte al Qualitel, il monitoraggio sulla qualità dell’offerta che avrebbe dovuto essere già stato avviato, secondo quanto previsto dal Contratto di Servizio sottoscritto dalla Rai ad inizio 2007.

 

Né sembra sia ancora partito l’altro monitoraggio, quello sulla Corporate Reputation che non aveva bisogno di alcun nuovo investimento, perché affidato allo stesso istituto che già ne svolge uno analogo e che dovrebbe essere (ri)avviato con i criteri più stringenti predisposti dal Comitato Scientifico. L’ostruzionismo della Rai a pervenire finalmente ad una misurazione della qualità della propria offerta è confermato anche dalla contrarietà del vice direttore generale Leone alla diffusione giornaliera degli eventuali dati Qualitel (in concomitanza con l’Auditel).

 

Con queste premesse, il “popolo del canone Rai” – quello che ha costretto alla chiusura, inondandolo di critiche, il blog Rai sulle Olimpiadi di Pechino e che non ha potuto vedere in diretta, su nessuna delle tre reti Rai, l’ultima delicata partita dell’under 21, perché collocata in una fascia (19-21) riservata a trasmissioni di carattere commerciale piene zeppe di pubblicità – ha poco da stare allegro.

 

La costante attività di vigilanza ed anche sanzionatoria di Agcom e quella di “moral suasion” del Consiglio Nazionale degli Utenti evidentemente non bastano a mettere “sulla retta via” il nostro servizio pubblico radiotelevisivo.

 

Se aggiungiamo l’attuale “latitanza” del responsabile governativo delle Comunicazioni, lo stallo della Commissione Parlamentare di Vigilanza e la messa nel cassetto di qualsiasi ipotesi di riforma Rai, non ci resta che un’unica strada percorribile: quella della privatizzazione di due reti della Rai e la destinazione della terza al solo servizio pubblico, finanziato dal canone di abbonamento.

 

Cordialità

Remigio del Grosso

    

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