Rai: futuro tecnologico e risorse economiche. Si può chiedere alla Tv pubblica di essere driver del sistema multimediale?

di di Angelo Zaccone Teodosi (Presidente Istituto italiano per l’Industria Culturale) |

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“Come si può essere driver del sistema multimediale dell’informazione, senza avere risorse adeguate?”. La domanda, posta dal Vice Direttore Generale della Rai Giancarlo Leone in occasione del dibattito per la presentazione dell’ultimo volume della collana “Zone” edita da Eri Rai, è una giusta “risposta” a chi lamenta che la Rai non abbia il ruolo che dovrebbe avere nel sistema multicanale e multipiattaforma.

 

In effetti, la questione è delicata e centrale, nel dibattito imminente, anche in Italia, sulla Rai che sarà, che dovrà essere, che potrà essere, anche perché l'”esperimento Sarkozy” (meno pubblicità sulla Tv pubblica, ma compensazione delle risorse) sarà presto anche all’ordine del giorno del Governo Berlusconi.

Quale che sia il Governo, non si può pretendere che la Tv pubblica italiana possa essere all’altezza del “benchmark” BBC, se il suo livello di canone resta uno dei più bassi d’Europa e se il Governo non le assegna risorse adeguate per affrontare la sfida del nuovo habitat. Valeva per Prodi, vale per Berlusconi.

Leone ha ricordato giustamente come il Governo britannico abbia stanziato varie centinaia di milioni di euro, per consentire che il servizio pubblico radiotelevisivo britannico divenisse presto e bene servizio pubblico multimediale.

 

In Italia – va lamentato – spesso prevale la dinamica “nozze coi fichi secchi”.

Si potrà anche obiettare che la stessa Rai potrebbe mettere in atto razionalizzazioni interne, e forse ciò le potrebbe consentire di risparmiare qualche decina di milioni di euro l’anno: la Cgil, qualche giorno fa, ha segnalato una serie di criticità (vedi anche l’intervento di Gaetano Stucchi su “Key4biz”: Il domani della Rai è cominciato ieri? Si accende il dibattito sulla relazione presentata da Slc-Cgil)

 

Si potrà anche obiettare che una migliore politica di riscossione del canone (anche attraverso la esternalizzazione del servizio, come hanno fatto alcune tv pubbliche all’estero) potrebbe consentire il recupero di centinaia e non solo decine di milioni di euro (vedi anche l’intervento di Fernando Bruno su “Key4biz”: Canone Rai: come combattere l’evasione? Smart card agli abbonati del servizio pubblico), ma, anche in questa ottimista ipotesi, la Rai avrebbe il respiro corto…

 

Le dimensioni della sfida in atto richiedono risorse adeguate.

 

Va dato atto alla Rai che la collana editoriale “Zone”, che ha recepito l’eredità della storica Vqpt (Verifica Qualitativa Programmi Trasmessi), ed è passata dalla responsabilità – negli ultimi anni – di Loredana Cornero a quella di Bruno Somalvico ed attualmente di Giovanna Gatteschi, è ancora oggi una iniziativa veramente di “servizio pubblico”: uno strumento laboratoriale di studio ed analisi del sistema dei media, per i professionisti e per l’accademia. E la presentazione dell’ultimo libro della collana, “Il paradosso di Gutemberg. Dalla crossmedialità al Media on Demand“, del progettista multimediale (nonché giornalista di Radio Radicale) Edoardo Fleischner, è stata una occasione ghiotta per comprendere quale è veramente la linea strategica della Rai attuale, ben oltre i tradizionali convegni rituali.

 

In effetti, il Vice Direttore Generale della Rai è stato stimolato da alcuni degli interventi: in particolare, da Marco Mele, penna di punta (e puntuta) del quotidiano confindustriale “Il Sole-24 Ore“, che ha manifestato qualche dubbio sulla saggezza della scelta italiana del digitale terrestre come tecnologia innovativa, ricordando come si tratti di sistema chiuso e non basato sul protocollo internet. Il famoso mediologo Derrick De Kerckhove (tra l’altro docente all’Università Federico II di Napoli) è stato più brutale, definendo “disastrosa” la scelta del “dtt” da parte del Governo italiano, proponendo invece un elogio sperticato dell’imminente i-Phone (costringendo Fleischner a domandargli scherzosamente se fosse forse un “testimonial” della Apple). Terzo colpo è venuto da un sociologo della crossmedialità come Carlo Infante, che ha brutalmente accusato Rai di vivere isolata dal vero mondo della comunicazione contemporanea, senza nessuna capacità di intercettare le culture giovanili, con il mondo delle “community”. Il tutto – sia ben chiaro – senza piglio aggressivo, ma con tesi ben argomentate.

 

La Rai è stata sostanzialmente messa sotto accusa ed ha argomentato: il Direttore Marketing ad interim, Franco Matteucci, ha ricordato come la sua struttura stia cercando di analizzare approfonditamente questi fenomeni e quindi i nuovi scenari, il Direttore di Rai Nuovi Media Piero Gaffuri si è sentito chiamato più direttamente in causa, ed ha cercato una difesa d’ufficio, in verità un po’ debole. Gaffuri ha annunciato che nei prossimi giorni sarà possibile fruire dei canali Rai in modalità “live streaming“, anche perché ciò già avviene sulla novella piattaforma Yalp di Telecom Italia. Sia consentito osservare un qual certo… ritardo, ma, anche in questo caso, la domanda è la stessa cui “supra”: “nozze coi fichi secchi”, considerando le risorse che Rai destina a RaiNet e, in generale, alle politiche della multimedialità. E Mele, sommessamente, si è anche domandato quanti siano i siti web della Rai: dimostrazione di policentrismo pluralista, ma, al tempo stesso, di deficit di raccordo e di sinergia possibile, vanificando quel concetto di “grand master”, al quale è proprio dedicato il libro di Fleischner. Si ricorda che, con “grand master”, si intende una sorta di prodotto-mastro, di matrice, che, a partire da una idea, un programma televisivo o anche un libro, produca strategie di cross-marketing, in una logica di “grappolo-reticolo-sciame” di contenuti.

 

L’intervento di Leone è stato più netto: con la abituale eleganza del personaggio, ha accusato il colpo, ma ha difeso la scelta Rai rispetto al “dtt”, enfatizzando quanto essa abbia contribuito ad incrementare il menù di cui può beneficiare il telespettatore, arricchendo quindi il pluralismo degli italiani. Ha annunciato il lancio imminente dei canali Rai 4 e Rai 5, ha dichiarato che la tv pubblica italiana non guarda con favore l’ipotesi di offerte “pay” e la prospettiva di piattaforma alternative. Questa dichiarazione del Vice Dg della Rai assume particolare importanza, perché alcuni analisti sostengono invece che sono in corso (e sarebbero anzi ben evolute le trattative) incontri di lavoro per una “piattaforma comune” Rai + Mediaset, alternativa ovvero in diretta concorrenza con Sky Italia. Ed una simile piattaforma, per avere senso, non può non proporre anche offerta “premium”, e quindi a pagamento… Tra i presenti, qualcuno sosteneva poi che, in verità, il “dtt”, utilizzando decoder ibridi, non può essere definito esattamente una piattaforma “passatista”.

Complessivamente, la presentazione del libro della collana “Zone” è stata una occasione di riflessione alta sulla situazione della Rai: è evidente che la tv pubblica italiana gioca in difesa, cerca di mantenere la propria posizione su un mercato tradizionale, forte della lentezza dei processi evolutivi, almeno per quanto riguarda il mercato pubblicitario. Leone ha ricordato come il business dei triopolisti (Rai + Mediaset + Sky) sia nell’ordine degli 8 miliardi di euro, e quanto poco produca, in termini di fatturato, quel che ha definito “l’intero mercato internet”: complessivamente forse nemmeno 500 milioni di euro di business. Ha ragione, ma è dimostrato in letteratura come il mercato pubblicitario sia vischioso e la variazione delle pianificazioni da parte degli utenti pubblicitari registri un gap temporale di qualche anno rispetto ai cambiamenti nelle modalità di fruizione da parte dei telespettatori. Nel mercato evoluto del Regno Unito, il totale degli investimenti pubblicitari su media internet è ormai notevole.

 

In ogni caso, la domanda resta quella iniziale: a Carlo Infante che lamentava come la Rai non sia “driver” del sistema, Giancarlo Leone ha risposto “come si può essere ‘driver’ del sistema, se non si dispone delle risorse adeguate?”. La domanda va girata al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che ha dichiarato di voler lavorare legislativamente per una Rai più vicina alla sua “mission” di servizio pubblico. Non è una questione marginale o sofistica: Presidente Berlusconi, ma Lei pensa ad una Rai tradizionale “televisione” pubblica o ad una Rai innovativa “industria multimediale multipiattaforma” pubblica? Dalla sua risposta (ovvero dalle decisioni sue e dei suoi colleghi il Ministro Scajola ed il Sottosegretario Romani) dipende, di fatto, il futuro possibile (o impossibile) della tv pubblica italiana.

 

 

 

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Angelo Zaccone Teodosi, Presidente di IsICult – Istituto italiano per l’Industria Culturale

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