Cinema e non solo: Barbareschi e Carlucci aprono un confronto sulla necessità di una rapida riforma. A chi il Sottosegretariato?

di di Bruno Zambardino e Angelo Zaccone Teodosi  (IsICult - Istituto Italiano per l'Industria Culturale) |

Italia


Gabriella Carlucci e Luca Barbareschi

Impazza il toto-nomine (noi scommettiamo su Letta alla Cultura e su Romani alle Comunicazioni), e si respira aria nuova, almeno in alcune stanze del Palazzo: si spera che, alle belle intenzioni annunciate, facciano seguito coerenti comportamenti fattuali, dettati da una autentica volontà di riforma del sistema dello spettacolo in Italia.

Che si sia elettori del centro-destra o del centro-sinistra, o finanche elettori di quei partiti che il sistema elettorale ha eliminato, va dato atto a Luca Barbareschi e Gabriella Carlucci di essere senza dubbio alfieri di una decisa volontà di riforma ed innovazione.

Si è tenuto a Roma presso la sala Tatarella della Camera dei Deputati, un inedito “forum” promosso dal neo-deputato Luca Barbareschi (Alleanza Nazionale per il Popolo delle Libertà), per avviare un dialogo costante e costruttivo con gran parte degli “stakeholder” del settore culturale e dello spettacolo, dialogo sul quale costruire un terreno di confronto operativo utile ad adottare in sede legislativa decisioni razionali, capaci di rafforzare l’intera “filiera” del “sistema spettacolo”, dal mondo artistico e autoriale a quello produttivo e distributivo.

 

Obiettivo del “forum” (non a porte chiuse, ma di fatto aperto ad una eletta schiera, incluse un paio delle firme giornalistiche più sensibili Michele Anselmi de “il Riformista” e “Il Giornale” e Paolo Conti del “Corriere della Sera), iniziare a costruire quello che lo stesso Barbareschi ha definito, in un “paper” di presentazione (Leggi documento), una “sorta di “masterplan della cultura”, un “punto della situazione per il quale ho bisogno del contributo di tutte le associazioni…”.

Approccio ineccepibile e professionale quello di Barbareschi: “si analizza il contesto in cui dobbiamo operare, le strutture in cui si deve lavorare e le cose che si fanno, per capire quali possono essere gli obiettivi e quali sono i metodi e i mezzi che saranno necessari per raggiungerli”.

Non è affatto usuale vedere un parlamentare di fresca nomina (al suo primo mandato) muoversi con grande agio e competenza tra i più rappresentativi ed autorevoli addetti ai lavori  – da Citto Maselli (Anac) ad Andrea Purgatori (Centoautori), da Riccardo Tozzi (Anica) a Pino Ferrazza (Eti) – in un settore come quello dello spettacolo (cinematografico, lirico e teatrale) notoriamente complesso, policentrico, vischioso, e ricco di insidie.

Non a caso il neo-parlamentare ha usato un linguaggio poco formale e molto diretto e franco, senza nascondere gli aspetti più scomodi e spesso mantenuti sotto traccia, come la presenza di soggetti che hanno conquistato posizioni “di rendita nel settore senza meritarli e con pratiche truffaldine“: ha aggiunto, senza peli sulla lingua, “cacciamoli!”, invocando la più severa meritocrazia. Una vera riforma del settore non può prescindere dalla necessità di “mandare a casa” persone e società “che non rispettano le condizioni minime di lavoro”, e dalla necessità di razionalizzare i meccanismi di spesa pubblica, evitando sprechi e ridondanze.

In circa due ore di intenso e vivace dibattito di tipo seminariale, sono emerse numerose questioni cruciali poste all’attenzione della politica. In primo luogo, la necessità di un più attivo coinvolgimento dei “player” all’interno del mutato scenario economico, ovvero broadcaster pubblico e privato e operatori telecom. In effetti – come è stato sottolineato a più riprese – sebbene il consumo del prodotto cinematografico sulle varie piattaforme di diffusione e fruizione sia notevolmente aumentato, con beneficio dei grandi distributori in termini di ricavi, la remunerazione dei diritti a favore di autori (ma anche dei produttori) è ancora a livelli bassissimi.

 

Il rappresentante di Centoautori, Andrea Purgatori, ha rilanciato l’ipotesi di una “tassa di scopo” (come avviene già in Francia) a carico delle telco, una quota percentuale sui ricavi complessivi assoggettata ad obblighi di investimento in produzione audiovisiva. Provvedimento certamente non facile da ottenere, e peraltro non esattamente in linea con la riforma liberista promossa da Carlucci e Barbareschi: basti ricordare che proprio la previsione della tassa di scopo (o prelievo sulla filiera) rappresentò nella passata legislatura l’ostacolo principale dell’iter legislativo del disegno di legge Franco-Colasio, poi miseramente affossato dallo stesso governo.

Sul banco degli accusati anche i broadcaster, a cominciare da Rai, che – da un lato -investe ingenti risorse nella produzione (Rai Cinema) e distribuzione in sala (attraverso 01 Distribution), ma poi non manda in onda i film italiani, nonostante precisi obblighi di programmazione.

Critiche pesanti anche nei confronti di Sky, che, a causa dei bassi prezzi d’antenna praticati da Rai e Mediaset, ha acquisito un enorme potere contrattuale con i produttori e gli autori, assicurandosi un numero molto elevato di passaggi e stringendo accordi con gli stessi operatori tlc, per rivendere i propri palinsesti pregiati di film ai nascenti servizi di IPTV (Telecom Italia, Fastweb, Tiscali e Wind-Infostrada).

 

Altro elemento positivo emerso nel corso dell’iniziativa, è stato quello di chiamare a raccolta esponenti di settori apparentemente molto distanti tra loro (produttori di fiction come Carlo Bixio, Carlo Degli Esposti e Pietro Valsecchi, e di cinema come Angelo Barbagallo, accanto al Sovrintendente del Teatro Lirico di Cagliari Maurizio Pietrantonio o alla agente di artisti Moira Mazzantini…), nella convinzione che una sana “contaminazione” possa produrre benefici, e innestare una sorta di “circolo virtuoso” nell’individuare best practice e modelli di business più efficaci, in un settore nel quale le risorse nazionali (il Fondo Unico per lo Spettacolo, in particolare) sta perdendo progressivamente la sua centralità, a favore delle risorse provenienti dagli enti locali, e che in parte sono fuori controllo – o comunque utilizzate in modo poco razionale e sinergico, soprattutto in un’ottica allargata di sviluppo del territorio e di attrazione di investimenti da parte dei privati.

 

Coraggioso l’atteggiamento di Barbareschi: ha affrontato anche tematiche scabrose come l’integrazione verticale dei broadcaster, e, di fronte a Degli Esposti (boss della Palomar, controllata da Endemol, controllata da Mediaset), si è domandato se alcune società possano essere ancora considerate “produttori indipendenti”, senza dimenticare il conflitto di interessi latente, nella triangolazione Endemol-Mediaset-Rai…

In coda all’incontro, un intervento particolarmente polemico di Marcello Foti, dirigente del Centro Sperimentale di Cinematografia, che ha lamentato la posizione iper-critica del centro-destra nei confronti dell’istituzione che rappresentava: ha riconosciuto che 9 milioni di euro destinati a costi del lavoro (ben 150 dipendenti e decine di consulenti), su ben 11 milioni di sovvenzioni pubbliche, sono tanti, ma ha rivendicato la bontà della gestione Alberoni, criticando un articolo pepato pubblicato da Gabriella Carlucci su “il Riformista” del 22 aprile, intitolato (e basta il titolo) “Riforma radicale contro cine-sprecopoli”.

La chiusura dei lavori è stata affidata proprio a Gabriella Carlucci, che ha annunciato la imminente presentazione del nuovo disegno di legge-quadro in materia di spettacolo dal vivo (a firma congiunta Carlucci-Barbareschi), oggetto di discussione in occasione dell’evento del 7 aprile al Teatro Valle, al quale Key4biz ha già dedicato grande attenzione (Leggi articolo).

La legge-quadro è il frutto di un lungo lavoro di analisi del mercato e di aperto confronto con tutte (o quasi) le associazioni del settore. Carlucci ha poi riproposto uno dei temi-chiavi della posizione del Popolo della Libertà, ovvero la necessità che la Rai divenga veramente un grande canale di promozione della cultura.

 

Da segnalare, in chiusura, che la gran parte delle associazioni di settore hanno manifestato al premier Berlusconi che ben gradirebbero un ruolo affidato a Carlucci e Barbareschi nella squadra di governo che è in fase di nomina. In effetti, entrambi uniscono alla passione politica un eccellente background professionale, che li rende dei “parlamentari tecnici”, categoria ben rara in Italia, e da tenere quindi in adeguata considerazione, se si vuole mettere in atto un “policy making” moderno, dettato da cognizione della materia, e non da pressappochismo

 

Paper del forum promosso da Luca Barbareschi

 

 

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