Tv pubblica e pubblicità. La Reding prende le distanze dalla proposta Sarkozy: ‘Ostacolerebbe i new media’

di Raffaella Natale |

Unione Europea


Vivianne Reading

Viviane Reding, Commissario Ue per la Società dell’Informazione e Media, ha tenuto a prendere le distanze dalla proposta del presidente francese Nicolas Sarkozy di finanziare la Tv pubblica grazie a una nuova tassa che colpirà internet e le tlc.

A margine di una conferenza a Berlino, la Reding ha dichiarato apertamente che questa disposizione è contraria alla propria visione di un’Europa senza frontiere, dove l’accesso a buon mercato al web e alla telefonia mobile dovrebbe essere la norma.

“…Credo – ha detto il Commissario Ue – che la tassazione delle nuove tecnologie non risponda alla strategia che porterà a un uso diffuso e uniforme dei nuove mezzi di comunicazione per tutti gli europei”.

La Reding ritiene tuttavia che le dichiarazioni del presidente francese non siano che l’inizio di una negoziazione.

 

Lunedì il Ministro francese Christine Albanel ha assicurato che la tassazione dei dispositivi in grado di ricevere la Tv, pensata per recuperare denaro per France Télévision, “non supererà mai l’1%“.

Sarkozy “ha parlato di tassa infinitesimale, vale a dire che non si supererà il tetto dell’1%”, ha assicurato il Ministro.

 

Al momento la pubblicità porta alla Tv pubblica un miliardo di euro di fatturato, per compensare le perdite il governo ha già programmato l’introduzione di una tassa sulla telefonia mobile, la fornitura d’accesso internet e la vendita dei prodotti elettronici di largo consumo in grado di ricevere la Tv in mobilità. Questa misura dovrebbe apportare tra i 170 e i 340 milioni di euro.

“Ci sono già delle risorse: le tlc mobili e gli abbonati internet porteranno intorno ai 20 miliardi di euro. Le infrastrutture televisive, computer, intorno ai 17 miliardi di euro”, ha spiegato il Ministro francese, aggiungendo che l’altra pista valutata potrebbe essere quella di “tassare le entrate pubblicitarie supplementari delle emittenti private”.

 

Riguardo alle sorti dei 320 dipendenti che lavorano nel comparto pubblicitario di France Télévision, l’Albanel ha garantito che “non ci saranno licenziamenti“, anche se spetta alla Tv pubblica la gestione di questo aspetto.

 

Per quanto concerne più specificatamente i contenuti, ha spiegato che l’obiettivo deve essere quello di fornire un servizio pubblico e spesso questa mission è stata messa da parte per inseguire l’audience.

Ha inoltre ricordato che “…bisognerà programmare il tempo che prima era occupato dagli spot”.

 

Il Ministro ha quindi concluso facendo presente che ci si trova davanti a “una nuova sfida“, un diverso “progetto di società”, ma non ha mancato di assicurare che si intende mantenere “una televisione per tutti”.

 

In Italia, il Ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni, che da subito ha condiviso la decisione presa dal presidente francese, ha già detto di volere eliminare la pubblicità dai programmi per ragazzi e far rispettare le regole della fascia protetta, prolungate fino alle 20 dal nuovo contratto di servizio tra Rai e Ministero. Le linee guida del suo dicastero prevedono inoltre la rinuncia alla pubblicità della Rai se si intende mantenere il canone.

 

In occasione delle dichiarazioni di Sarkozy sulla pubblicità, il Ministro ha commentato: “La Tv pubblica deve differenziarsi da quella commerciale, se vuole mantenere le ragioni della propria esistenza. E differenziarsi è una pia illusione se c’è un eccesso di dipendenza dalla pubblicità”. 

“Tra i maggiori sistemi televisivi europei ci sono delle belle differenze, e nessuno può pensare di cancellarle. La Rai – ha spiegato il Ministro – è la Tv pubblica con maggiori ascolti e il maggior numero di reti generaliste; ed è anche quella con più pubblicità.  La Bbc non ha pubblicità; nelle due reti pubbliche tedesche la presenza pubblicitaria è marginale. La Tv pubblica francese è, dopo la Rai, quella che più dipende dalla pubblicità (il finanziamento pubblico copre circa il 60%, contro il 50% della Rai). Per Sarkozy avere tanti spot non è un vantaggio per le reti pubbliche, e credo abbia ragione”.

 

“Vedremo le risposte francesi al problema – ha concluso Gentiloni – Da noi, la riduzione del peso della pubblicità almeno in due delle reti Rai è tra i compiti della Fondazione su cui si discute in Senato. Un obiettivo da collegarsi al tetto antitrust alla raccolta pubblicitaria (altrimenti, in regime di duopolio, la riduzione della pubblicità Rai avrebbe un beneficiario unico) e alla prossima introduzione dell’indice di qualità dei programmi Rai, per evitare che ascolti e relativi contatti pubblicitari siano l’unico criterio di scelta della programmazione della Tv pubblica”.

   

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