Gulliver a convegno: Difendere le misure di sostegno del cinema italiano. Per Petruccioli la Rai è finita senza risorse adeguate

di di Angelo Zaccone Teodosi e Bruno Zambardino (IsICult - Istituto Italiano per l'Industria Culturale) |

Italia


Angelo Zaccone Teodosi

Si è tenuto a Roma questa mattina, nella accogliente Casa del Cinema a Villa Borghese, l’annuale convegno promosso da Gulliver, mensile politico sulle comunicazioni di massa.

Tra gli interventi attesi, spiccano quelli di Claudio Petruccioli, Presidente della Rai e di Riccardo Tozzi, vicepresidente dell’Anica e sulle loro due posizioni riteniamo debba ruotare l’analisi della mattinata.

Perché gli interventi di Petruccioli e di Tozzi sono stati particolarmente significativi? Perché il primo ha dato l’impressione di una perdurante confusione sul senso della missione pubblica della Rai: sia ben chiaro, il problema non è la persona Petruccioli, bensì – senza dubbio – il Consiglio di Amministrazione che presiede e quindi gli interessi dei “grandi elettori” della Rai che rappresenta. 

  

Con dotte citazioni di Pasolini ed altri, Claudio Petruccioli ha contestato l’idea che la televisione sia necessariamente “di destra” (raccogliendo una provocazione contenuta nell’intervento iniziale di Marco Revelli), ma, accantonata la disquisizione intellettuale, ha brutalmente sostenuto che, se non si alimenta la Rai di risorse adeguate, la sua stessa funzione, la sua stessa vita, “è finita” (testuale!).

Un approccio drammatico, o drammaturgico, ma certamente corrispondente al vero, se è vero che il Governo non ha intenzione di aumentare il canone (che resta tra i più bassi d’Europa), né di integrare per altre vie il budget della tv di Stato (e la risorsa pubblicitaria, da sola, non consente di rispondere alle esigenze di mera sopravvivenza aziendale). 

  

Petruccioli non ha fatto riferimento alla situazione surreale nella quale versa il gruppo che presiede, con un consiglio di amministrazione… a fisarmonica, in funzione dei desideri del Governo, del Parlamento, degli organi di controllo (il Consigliere Curzi non ha risparmiato dettagli allarmanti, in argomento, a cominciare dalla nota vicenda del collega Petroni, rimosso e riammesso…). Nulla ha detto sulle prospettive del “Piano industriale 2008-2010, approvato in prima istanza, ma poi paralizzato dalla vicenda Petroni. 

  

Né Petruccioli si è scusato perché la tv pubblica mette in onda, ormai come se nulla fosse, trasmissioni che sono un insulto alla cultura ed ai valori fondanti di una società civile degna di questo nome, come Affari Tuoi.

Riccardo Tozzi, invece, nella sua veste di rappresentante dei produttori cinematografici italiani, ha descritto uno scenario del sistema nazionale positivo (peccando di overdose di ottimismo, a parer nostro): la crescita, ha sostenuto, è “strutturale”, e non dettata da una stagione particolarmente favorevole per la cinematografia nazionale, che sta raggiungendo quote di mercato eccellenti, tra il 30 ed il 40 per cento del “box office” (erano decenni che questo fenomeno non si riproponeva). Ha aiutato lo sviluppo di questa industria – ha sostenuto – anche la criticata Legge Urbani (così come la cosiddetta “Legge 122 ha avviato lo sviluppo di un’industria nazionale della fiction), e certamente molto beneficio verrà dai provvedimenti sul credito d’imposta ed il tax shelter, che tutti o quasi danno ormai per approvati nella Finanziaria in gestazione. 

  

Tozzi ha sostenuto che l’industria cinematografica italiana sta ormai producendo film che vanno “incontro” ai gusti del pubblico, se è vero che anche i proprietari e gestori dei multiplex stanno ormai chiedendo sempre più titoli italiani. Su questa questione, delicata, crediamo sarebbe necessario un approfondimento, perché riteniamo che la crescita del parco-spettatori stimolata dai multiplex non abbia assolutamente beneficiato lo sviluppo della cinematografia europea, ma, in argomento, nessuno dispone, né al Ministero né all’Anica, di informazioni adeguate.

Tozzi ha sostenuto che, a questo punto, con il mercato che sorride, lo Stato dovrebbe riposizionare il proprio intervento e quindi non stimolare più il cinema tout-court, ma concentrarsi su quegli aspetti del sistema che il mercato tende ad ignorare: la ricerca, la sperimentazione, i formati e linguaggi altri rispetto a quelli tradizionali.

  

Questa visione “idilliaca” di Tozzi è stata messa in discussione da Pasquale Scimeca, che ha lamentato, numeri alla mano, le caratteristiche “para-mafiose” (testuale!!) del sistema distributivo italiano, che favorisce solo pochissimi titoli, “ben selezionati“, ostacolando il libero accesso al mercato da parte degli autori indipendenti. 

  

A difesa del sistema, ovvero specificamente del ruolo-guida svolto da Rai Cinema in questi anni, è intervenuto Carlo Brancaleone, Responsabile Produzione Film d’Esordio e Sperimentali, il quale ha sostenuto che un 70% dei titoli prodotti dalla controllata Rai sono classificabili come “di qualità”, a fronte di un restante 30% in qualche modo etichettabili come “commerciali”.

  

In qualche modo “notiziabile”, l’annuncio, lanciato da Stefania Brai – direttrice di Gulliver nonchè responsabile spettacolo di Rifondazione Comunista – ma recependo sollecitazioni di vari relatori, per la costituzione di una sorta di “Comitato per la salvaguardia e la tutela dell’articolo 72 della Finanziaria attualmente in discussione alla Camera, contenente le succitate significative misure di sostegno al cinema italiano. La proposta è stata recepita all’unanimità dall’auditorio.

Come noto, l’articolo 72 in Finanziaria – di cui ci siamo già occupati sulle pagine di questo quotidiano – prevede alcuni aggiornamenti della Legge 122 del 1998 successivamente assorbita dal Testo Unico del 2005 in materia di obblighi di investimento e programmazione delle opere audiovisive europee da parte delle “emittenti televisive, fornitori di contenuti televisivi e fornitori di programmi in pay per view“. 

  

Durante il convegno, infatti, alcuni relatori (in particolare del parlamentare diessino Giuseppe Giulietti, a nome di Articolo 21) hanno lanciato l’allarme circa possibili “colpi di mano” dell’ultima ora, da parte di non meglio precisati “gruppi di interesse” (Sky ? le telecoms ?), al fine di ammorbidire ulteriormente il testo già frutto di un delicato compromesso.

  

Interessanti anche gli interventi di Roberto Barzanti, che resta una delle menti più lucide nell’analisi dello scenario delle politiche culturali europee, che ha messo in guardia l’uditorio sull’impatto della nuova Direttiva Tv Senza Frontiere, soprattutto per quanto riguarda il rischio di “liberalizzazione selvaggia” in materia di risorse pubblicitarie. Sugli interventi della produttrice Graziella Volpi e del Presidente di Rai Trade Renato Parascandolo avremo occasione di tornare.

  

Assente il rappresentante del Ministero, il Direttore Generale Gaetano Blandini, peraltro sempre attivo in occasione delle iniziative di Gulliver: è mancato quindi colui che al meglio interpreta gli umori del sistema, tra pubblico e privato…

Un’annotazione: sebbene le iniziative di Gulliver si presentino come luoghi di conoscenza e di approfondimento discretamente curati, nessuno ha lamentato che, a metà dicembre 2007, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali non abbia ancora trasmesso al Parlamento la Relazione Annuale sul Fondo Unico per lo Spettacolo (Fus) relativa all’anno 2006. 

  

E’ un ritardo incredibile, quasi senza precedenti, nella storia di quello che dovrebbe essere lo strumento cognitivo ed analitico primario per i “decision maker” del sistema politico nazionale, in materia di spettacolo.

Ancora una volta, domandiamo: ma cari Cittadini Parlamentari, cari Cittadini Governanti, come diavolo fate a quantificare i “fabbisogni” in Finanziaria, se nessuno, nel Paese, ha chances di disporre dei dati fondamentali dell’economia culturale nazionale???

Ancora una volta, approssimazione, numerologia, cabala.

 

(*) rispettivamente Presidente e Responsabile di Ricerca IsICult

  

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