Audiovisivo: Calabrò, ‘Occorre certezza normativa. Ritardi e insicurezza nel passaggio al digitale prolungano lo squilibrio del pluralismo’  

di Raffaella Natale |

Italia


Mercato Tv

Presentata ieri  alla Camera la relazione sull’attività svolta dall’Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni nel 2006.

Il presidente Corrado Calabrò ha sottolineato che oggi l’Italia è uno dei mercati più liberalizzati d’Europa, il quinto al mondo nelle tlc in termini di fatturato pro-capite e il secondo per quanto riguarda i servizi voce della telefonia mobile, nella quale l’Italia presenta la più alta percentuale di penetrazione (140%).

 

Per quanto riguarda il segmento audiovisivo, tale primato fa il paio con la diffusione dei servizi di Tv mobile: l’Italia è stato il primo Paese in Europa a lanciare commercialmente il servizio con standard DVB-H (Digital Video Broadcasting – Handheld). I Paesi che vedono la maggiore crescita di offerte convergenti basate su VOIP (voice over internet protocol) e IPTV (internet protocol television) sono Francia, Italia e Giappone.

 

Calabrò ha quindi osservato che, “…in questo quadro di cambiamento tecnologico e di sviluppato assetto di mercato, anche la regolamentazione deve compiere un passo avanti”.

Ha indicato che nel settore audiovisivo il differimento e l’incertezza del passaggio al digitale prolungano oltre misura lo stato di squilibrio negli assetti pluralistici del sistema televisivo. I mercati televisivi sono infatti ancora caratterizzati da una concentrazione elevata.

 

Dalla Relazione è emerso che nel 2006 nella raccolta pubblicitaria televisiva la quota dei primi due gruppi, Mediaset (55%) e Rai (29%), è stata ancora pari all’84%. Il peso della pubblicità televisiva rispetto al totale della torta pubblicitaria in Italia è tuttora preponderante: corrisponde al 53%, mentre la carta stampata assorbe il 32%. Sebbene nei primi cinque mesi di quest’anno si sia registrato un lieve calo per le Tv (-2,7%) e un certo incremento per la stampa quotidiana (+3,6%), il rapporto tra stampa e televisione, nel nostro Paese, rimane squilibrato rispetto agli altri Paesi europei.

 

Nella vendita dei contenuti a pagamento, Sky Italia detiene il 91%, raggiungendo e superando gli introiti del canone Rai (circa 2 miliardi di euro contro i circa 1,5 miliardi del canone pubblico).

Complessivamente la quota della presenza di Rai e Mediaset nel settore televisivo è stata pari, nel 2006, rispettivamente al 34% e al 29%, mentre Sky è arrivata a pesare per il 28% dei ricavi totali del settore.

La televisione tradizionale si conferma il principale mezzo di comunicazione, con circa l’85% della popolazione italiana che guarda la televisione e un consumo medio ch’è ancora di circa quattro ore al giorno. (A livello europeo la Tv analogica incide ancora per il 57,7%, ma la Tv digitale, nel suo complesso, fa registrare una penetrazione del 42,3%).

 

Calabrò ha quindi evidenziato che è in atto “un grande processo di trasformazione economica e sociale; si sono accentuate nel 2006 nuove prospettive. Non è un caso se la nuova Direttiva europea sulla radiotelevisione, la cui definitiva emanazione è attesa per la fine dell’anno in corso, ha mutato la propria denominazione da Television without Frontiers in Audiovisual Media Services without Frontiers”.

 

Per il presidente dell’Autorità, anche l’Italia non si sottrae a questo fenomeno: la “convergenza” sta trasformando radicalmente l’industria dei media; ma a tale trasformazione il sistema televisivo dà un contributo lento e marginale.

 

La data indicata per lo switch-off nel disegno di legge Gentiloni è il 30 novembre 2012, ma quella stabilita dalla legge vigente è ancora l’anno 2008.

 

“Occorre quindi – ha ribadito – in primo luogo avere al più presto una certezza normativa al riguardo. La materia è di competenza del legislatore primario. Dopo l’intimazione ultimativa della Commissione europea (che fa seguito ai ripetuti moniti della Corte costituzionale) va accelerata e messa in sequenza concludente quella riflessione politica che auspicavo nella mia relazione dello scorso anno, così da intraprendere tutte le azioni necessarie per sbloccare la situazione e conformare il nostro ordinamento agli obiettivi e ai vincoli comunitari e internazionali: utilizzazione razionale e non discriminatoria delle risorse scarse e sviluppo pluralistico del sistema”.

 

Calabrò ha aggiunto che “…la fissazione di una data non è di per sé sufficiente per il successo della transizione se non è accompagnata da misure e strategie in grado di promuoverla operosamente e tempestivamente mediante la conversione di impianti, la predisposizione di programmi, l’applicazione di risorse tecnologiche e umane”.

Ha suggerito quindi il passaggio per aree territoriali, cosiddetto a macchia di leopardo, come farà la Francia a partire dal 2008. Ha lodato il lavoro fatto da Mediaset fino a oggi che conta su 975 impianti digitali a fronte di 4523 impianti analogici. Mentre la Rai solo 143 impianti digitali a fronte di 5871 impianti analogici. Telecom Italia Broadcasting ha 236 impianti digitali; Telecom Italia Media ha 1115 impianti analogici.

 

Il presidente ha ricordato che la concessionaria del servizio pubblico in un primo tempo aveva contestato la nostra delibera sul processo di passaggio al digitale, ma ora – apprezzabilmente – dichiara l’intenzione di puntare sul digitale terrestre come piattaforma strategica per l’evoluzione della sua offerta. E la settimana scorsa il Ministro delle comunicazioni ha assegnato alla Rai per il 2007, 33 milioni di euro finalizzati allo sviluppo della nuova tecnologia sul territorio nazionale.

“…Sono iniziative che vanno nella direzione giusta. Ma l’ibrida normativa che regge la Rai, complicandone e impastoiandone la gestione, ne rende stentata l’operatività (…) E’ auspicabile che l’iniziativa legislativa di riforma del servizio pubblico che il Parlamento si accinge a discutere chiarisca finalmente l’indipendenza della Rai dalla politica…”, secondo un modello di governance della società che realizzi una netta separazione tra le attività di servizio pubblico e le attività commerciali, secondo gli indirizzi comunitari.

 

“Nel frattempo – ha detto ancora – noi siamo andati avanti sulle strade percorribili a legislazione vigente: la realizzazione di un catasto nazionale delle frequenze radiotelevisive; la revisione del piano di assegnazione delle frequenze; le regole per l’ accesso dei terzi al 40% della capacità trasmissiva”.

 

La prima fase di implementazione del catasto delle frequenze è stata completata con l’inserimento nel database di un numero complessivo di oltre 24.000 impianti. Il sistema messo a punto consentirà di avere a disposizione le informazioni occorrenti per il passaggio alla tecnica digitale.

L’Autorità ha avviato altresì la revisione del piano di assegnazione delle frequenze approvato nel 2002 per adattarlo al rispetto dei vincoli derivanti dagli accordi di Ginevra del giugno 2006 e per utilizzare al meglio le risorse disponibili con la tecnica della realizzazione delle reti a singola frequenza.

Per l’accesso al 40% della capacità trasmissiva dei multiplex digitali terrestri dei maggiori operatori sono già state dettate le regole e si sta elaborando il disciplinare di gara.

 

“Nel nuovo contesto multipiattaforma – ha commentato Calabrò – sempre più cruciale si rivela il contenuto rispetto al contenitore. Aumenta la capacità delle reti di trasmissione, ma ad essa non corrisponde un significativo incremento dell’offerta di contenuti, né una crescita della loro qualità (…) L’obiettivo che ci prefiggiamo con il complesso della nostra azione è quello di consentire un effettivo decollo della nuova piattaforma trasmissiva digitale attraverso un’offerta di contenuti che sia percepita dagli utenti come un salto di quantità (programmi), di qualità (più creatività e pluralismo) e di ammodernamento (copertura delle reti digitali). E che possa essere facilmente utilizzata dai telespettatori attraverso guide elettroniche di semplice consultazione”.

 

Il presidente ha poi sottolineato che “…la radio mostra un’effervescenza di proposte e di iniziative maggiore della televisione”.

Ma, ha aggiunto, “…si rileva, pure qui, una situazione di stallo nel passaggio alle tecnologie digitali”.

“…La radio deve invece adeguarsi anch’essa all’evoluzione se vuole evitare – nel lungo periodo – la marginalizzazione rispetto ad altri media, mentre possiede tutte le caratteristiche per mantenere la sua centralità sfruttando la sua caratteristica di entrare nella vita delle persone senza disturbarle”.

 

L’Agcom ha rilevato che in questi ultimi dieci anni il mondo dei media e dell’audiovisivo ha subito mutamenti profondi. La pervasività del modello internet ha mutato anche i rapporti sociali, soprattutto tra i giovani, mentre l’offerta televisiva si è arricchita di centinaia di canali tramite l’offerta multi-piattaforma (satellite, digitale terrestre, ADSL). L’influenza della televisione sul costume e sulle opinioni è tuttavia ancora enorme.

“…In un panorama diversificato in cui operano più piattaforme trasmissive, una corretta rilevazione dell’audience costituisce una precondizione per il dispiegarsi della concorrenza e per la tutela del pluralismo. Noi siamo intervenuti sull’Auditel avviando un processo di riforma che ha già dato risultati consistenti: tutti i canali satellitari vengono da quest’anno monitorati e la società rilevatrice ha modificato il proprio statuto nel segno dell’indipendenza dell’attività tecnica di rilevazione e dell’apertura del capitale sociale a tutte le imprese rappresentative del settore”.

 

L’Autorità però mette l’accento su un aspetto importante: alla pervasività della televisione non corrisponde la sua qualità, ch’è andata sempre più scadendo, per il presupposto – falso se guardiamo al di là dell’effimero – che quanto più si abbassa il livello di una trasmissione tanto più sia allarga il target dei telespettatori.

“…Forte è la preoccupazione che possa esservi un qualche nesso causale fra comportamenti antisociali e cattiva televisione. Abbiamo sanzionato la Tv volgare e, in particolare, le trasmissioni lesive dei diritti dei minori (…) E’ questo che abbiamo chiesto alla Rai nel formulare le linee-guida sugli obblighi di servizio pubblico: più qualità, più cultura, più innovazione e un indice che misuri la qualità dei programmi offerti”.

 

Per Calabrò, “…occorre avviare una seria riflessione sul fatto che una parte dei contenuti resti liberamente accessibile a tutti, indipendentemente dalla piattaforma di trasmissione e dalla scelta a pagamento. Bisogna riconoscere che, a tutt’oggi, assistiamo a una diffusa stagnazione della creatività. Per recuperare il ruolo di apporto originale e creativo della produzione indipendente, l’Autorità aprirà un tavolo di confronto con i produttori, la Rai e gli altri broadcaster sulle quote di investimento a favore della produzione europea ed indipendente. L’Autorità si propone di rivedere la regolamentazione per assicurare ai produttori indipendenti una maggiore tutela nella negoziazione dei relativi diritti”.

 

In conclusione il presidente dell’Agcom ha ribadito che “…serve il contributo di tutti: Imprese, Parlamento, Governo, Amministrazioni locali. Solo in questo modo l’Italia sarà in grado di reggere alle sfide competitive connesse all’affermazione del nuovo scenario. Uno scenario che si evolve incessantemente, un treno di iniziative sul quale o si sale subito o si resta a terra. I nostri figli hanno diritto di pensarsi al futuro. Non possiamo guardare all’avvenire con l’occhio nello specchietto retrovisore”.

 

Testo integrale della Relazione 2007

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