Spazzatura elettronica: iniziativa ONU per ridurre l’impatto ambientale dei rifiuti hi-tech

di Alessandra Talarico |

Mondo


e-waste

Computer, televisori, radio, telefoni, cellulari, lettori MP3, sistemi di navigazione, forni a microonde, sono oggetti che si trovano ormai in quasi tutte le case e in tutte le discariche del mondo, ma più in particolare in quelle dei Paesi in via di sviluppo, diventati negli ultimi anni punti di approdo di tutti gli oggetti elettronici in disuso che il mondo industrializzato non sa più dove buttare.

 

Standardizzare i processi di riciclo e armonizzare la legislazione a livello mondiale al fine di collezionare tutti i componenti pregiati dei prodotti elettrici ed elettronici, di estendere il loro ciclo di vita e di re-immettere sul mercato quelli ancora utilizzabili, è il principale obiettivo di una nuova iniziativa pubblico/privato battezzata Solving the E-Waste Problem (StEP).

 

Secondo i calcoli della European Environmental Agency, la spazzatura elettronica cresce tre volte di più di ogni altro tipo di spazzatura e potrebbe presto raggiungere un volume annuo di 40 milioni di tonnellate (sufficiente per mettere in fila camion dell’immondizia fino a coprire metà del diametro terrestre) alla luce della sempre più rapida evoluzione dei prodotti ICT, della migrazione dalle tecnologie analogiche a quelle digitali, dalla crescente diffusione di schermi piatti e monitor.

 

La vendita di prodotti ICT ha generato nel 2004 un fatturato che l’OECD ha stimato in 1,33 trilioni di euro, il 7,7% del prodotti interno lordo mondiale e il trend per i prossimi anni è previsto in crescita sia nei mercati industrializzati – dove si tende a buttare i prodotti ritenuti obsoleti anche se funzionante – sia nei Paesi in via di sviluppo.

 

Ne consegue che la montagna di spazzatura elettronica potrebbe presto sommergerci, creando seri danni alla salute nostra e del Pianeta, se aziende e governi non si impegneranno a smaltire questi prodotti in maniera corretta e rispettosa per l’ambiente.

 

Oltre ai ben noti metalli preziosi come oro, argento e palladio, altri metalli unici e indispensabili sono diventati sempre più importanti nei prodotti elettronici. Tra questi, il bismuto, il rutenio e l’indio – metallo raro, simile allo zinco e leggermente radioattivo – utilizzato in oltre 1 miliardo di prodotti l’anno.

La disponibilità di questi elementi è molto limitata, ma nonostante questo solo in pochi Paesi – Belgio, Giappone e Usa – si sono avviati i processi per garantirne il riutilizzo.

 

Il riciclaggio di questi elementi richiede processi molto sofisticati, ma è essenziale per il futuro della produzione elettronica e dell’ambiente.

Trattamenti inidonei di questi rottami – come spesso avviene in molti Paesi in via di sviluppo – possono infatti provocare emissioni tossiche, contaminazione dell’acqua e del terreno (prodotta da ritardanti di fiamma bromurati il PVC), spreco di risorse che potrebbero invece essere recuperate e riutilizzate.

 

Già molti studi evidenziano la presenza di questi metalli in quantità sempre maggiore nel corpo umano, con conseguente incremento di patologie quali disordini dello sviluppo neurologico e cancro.

 

In molti casi, infatti, lo smaltimento è effettuato in maniera del tutto ‘artigianale’, senza alcuna protezione per i lavoratori e alcun rispetto per l’ambiente.

 

Uno degli obiettivi dell’iniziativa StEP è proprio quello di realizzare una guida per il corretto smantellamento e smaltimento delle sostanze nocive contenute nei prodotti elettronici.

 

All’iniziativa – sviluppata dal programma ambientale ONU (UNEP), dalla United Nations University (UNU) e dalla Conference on Trade and Development (UNCTAD) – partecipano diverse università e aziende (nessuna italiana) dal MIT di Boston all’università di Berkeley, dalla Chinese Academy of Sciences all’Università di Melbourne.

Tra le aziende coinvolte troviamo HP, Microsoft, Dell, Ericsson, Philips e Cisco Systems.

 

“Le compagnie coinvolte in StEP – ha spiegato il rettore dell’UNU Hans van Ginkel – beneficeranno di processi standardizzati, sicuri e rispettosi dell’ambiente per la rimozione, la riduzione, il riutilizzo e il riciclaggio dell’e-scrap”.

I consumatori, invece, saranno più informati su cosa fare delle loro macchine obsolete, su quali sono i prodotti meno inquinanti, quelli che durano di più o su quali componenti possono essere sostituiti per evitare di buttare via un prodotto che ancora può durare anni.

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