Mediaset: Cdr chiede a FNSI, ‘No a trasferimento anticipato su digitale, senza data certa dello switch-off’

di Raffaella Natale |

Italia


Mediaset

Mentre si susseguono gli incontri della maggioranza per trovare una soluzione definitiva alla crisi di Governo che si è aperta con il voto sulla politica estera, restano in sospeso le decisioni sul Ddl Gentiloni che dovrà riformare il panorama radiotelevisivo, stabilendo anche la calendarizzazione per lo switch-off dell’analogico.

 

Le dimissioni del premier Prodi hanno avuto un effetto benefico sul titolo di Mediaset che sta registrando un buon andamento in Borsa.

Intanto ieri Coordinamento dei Cdr della società televisiva ha incontrato a Roma la segreteria della FNSI “…per sollecitare gli organi federali ad assumere una posizione più chiara” riguardo il Ddl del Ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni.

 

“…I giornalisti Mediaset – ha spiegato una nota – hanno sottolineato alcuni aspetti inaccettabili di un disegno di legge che non ha come obiettivo primario la tutela e lo sviluppo del pluralismo dell’informazione, così come chiede anche la FNSI”.

 

Il Coordinamento dei Cdr Mediaset ritiene, in particolare, fuori da ogni logica l’obbligo del trasferimento preventivo di una rete Rai e Mediaset sul digitale, “…senza che sia stabilita in modo certo, perentorio e inderogabile la data del definitivo passaggio sul digitale terrestre dell’intero sistema televisivo”.

 

Per il Cdr, appare “…Incomprensibile anche la possibilità (o la certezza?) che le reti in analogico, di cui sarebbe reso obbligatorio il trasferimento sul digitale, passino a un altro operatore analogico, a dimostrazione evidente che il sistema digitale a regime è al momento un’eventualità e non una certezza”.

 

Aspetto questo che è stato al centro dell’audizione del presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, davanti alle Commissioni Cultura e Telecomunicazioni di Montecitorio.

Il presidente ha messo sotto accusa, tra l’altro, la partenza della legge da un presupposto “apodittico” della mancanza di pluralismo (non dimostrato a giudizio di Confalonieri), il fatto di “imporre” la migrazione al digitale di una rete senza ancoraggio alla diffusione dei decoder, la ridefinizione del mercato alla sola pubblicità Tv “…indicando per via legislativa un tetto al fatturato estraneo a ogni logica antitrust“.

“…Punitivo per la nostra azienda e incapace di aprire il settore, ma capace di mortificare l’unica piattaforma televisiva terrestre completamente gratuita”, ha detto il presidente di Mediaset, mettendone a rischio fino a un terzo del fatturato di Mediaset.

 

Il coordinamento ha espresso le proprie “…perplessità anche sulla preventivata riduzione del tetto pubblicitario consentito a una singola impresa televisiva, laddove non viene considerato che per Mediaset i ricavi derivanti dalla vendita degli spazi pubblicitari rappresentano l’unica fonte di finanziamento, mentre altre Imprese concorrenti possono, ad esempio, contare sul canone e sugli abbonamenti”.

 

Confalonieri, a riguardo, ha parlato di “…sospetta incostituzionalità” dell’art. 2 del provvedimento che stabilisce la soglia del 45% nei ricavi pubblicitari. Secondo Confalonieri “…l’indicazione per via legislativa di un tetto alla pubblicità è estranea a ogni disciplina antitrust. Le motivazioni devono essere tecniche, non politiche, e per questo ci sono Autorità preposte”.

Il presidente ha evidenziato che il provvedimento è “caratterizzato dall’inflazione di un danno non fondato su concreti interessi pubblici”.

 

I danni per Mediaset derivanti dall’applicazione del Ddl Gentiloni toccherebbero i 7-800 milioni. Cifra che non tiene conto comunque “…dell’impatto negativo delle frequenze espropriate”.

“…E non è un’iperbole come dice il ministro Gentiloni“, Confalonieri ha fatto così i conti: “…L’obbligo del tetto del 45% del fatturato, una norma scritta con ambiguità ma invalicabile, significa meno 600 milioni di euro di fatturato”.

A cui va aggiunto per le norme sulle telepromozioni, “…il rischio su altri 200 milioni di euro”.

Poi anche per il “decalage di due punti dell’affollamento orario, sono 300 milioni di euro in meno“. Infine la rete sul digitale terrestre in anticipo: “300 o 350 milioni di euro”. E da tutto questo “sarebbero esclusi altri 80 milioni di euro, per l’impossibilità di fare offerta pay”.

 

Riferiscono i Cdr che “…la segreteria della Federazione Nazionale della Stampa si è impegnata a sottoporre in tempi brevi le questioni evidenziate dal Coordinamento dei Cdr Mediaset prima al Coordinamento nazionale dell’emittenza radiotelevisiva e poi alla Giunta per una presa di posizione definitiva sul Ddl Gentiloni, che tenga conto anche dei rilievi mossi dal Coordinamento dei Cdr Mediaset”.

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