Tlc e clima: ecco come le nuove tecnologie possono contribuire alla salvaguardia dell’ambiente

di Alessandra Talarico |

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In un momento in cui si parla sempre più di fonti rinnovabili ed efficienza energetica, gli operatori tlc europei vogliono fare la loro parte e chiedono ai decisori politici di integrare le tecnologie ICT nelle strategie volte a correggere i cambiamenti del clima.

Dieci anni dopo il lancio del primo Environmental and Sustainability Charter, le aziende tlc ci tengono a ricordare non solo il loro impegno nella riduzione del consumo di combustibili fossili e di energia, ma anche l’importanza dell’uso delle tecnologie ICT per ridurre le emissioni di CO2.

 

I prodotti, i servizi e le applicazioni ICT potrebbero infatti contribuire notevolmente a ridurre l’impatto di molti settori industriali – in particolare dei trasporti – sui cambiamenti climatici, attraverso la riduzione delle emissioni di anidride carbonica.

 

Prendiamo ad esempio la videoconferenza: se il 20% dei viaggi di lavoro attraverso l’Europa fosse sostituito da sistemi di questo tipo, si potrebbero ‘risparmiare’ 22,3 milioni di tonnellate di emissioni CO2. Se invece il 50% dei lavoratori europei sostituissero un meeting all’anno con un’audio conferenza, si potrebbero evitare emissioni per 2,2 milioni di tonnellate.

Anche servizi in un certo senso ‘insospettabili’ come il pagamento delle bollette e delle tasse online aiuterebbero – se utilizzate da un numero consistente di persone – a risparmiare emissioni di anidride carbonica, rispettivamente per 109 mila e 195 mila tonnellate all’anno.

 

Secondo l’Etno e il WWF, un uso consapevole delle tecnologie ICT potrebbe ridurre le emissioni di CO2 di almeno 50 milioni di tonnellate all’anno entro il 2010.

 

Le aziende che si occupano di ICT sono in un certo senso vittime e carnefici dei cambiamenti climatici: come molte altre infrastrutture, le reti tlc soffrono gli effetti del surriscaldamento globale e dell’aumentata frequenza delle catastrofi naturali. Come molti settori industriali – anche se in misura ridotta rispetto ad altri – quello delle telecomunicazioni utilizza energia per alimentare le reti, per raffreddare e riscaldare gli edifici, proteggere le infrastrutture e per i trasporti.

 

Lo sviluppo di reti di nuova generazione dovrebbe ridurre l’uso di energia da parte delle telco, ma la rapida crescita dei servizi web-based sta facendo innalzare la domanda di energia e l’emissione di sostanze nocive: in abse alle stime attuali, l’elettricità totale utilizzata per alimentare e raffreddare i 2 milioni di server dei 5 maggiori motori di ricerca è di circa 5 gigawatts. Più o meno quanto basterebbe all’area metropolitana di Las Vegas nel giorno più caldo dell’anno.

 

Molte telco e service provider, comunque, si sono impegnati a ridurre le emissioni di anidride carbonica: BSkyB ad esempio, è diventata ‘carbon neutral’ nel maggio 2006, nell’ambito di un programma volto a coinvolgere gli oltre 8 milioni di clienti di Sky “in nuovi metodi pratici e ispirati per diventare più informati e attivi su un corretto uso dell’energia”.

Gli operatori telecom, da canto loro, hanno ridotto la produzione di rifiuti del 9,7% nel 2005 rispetto all’anno prima e le emissioni di CO2 del 7,4%.

 

Il 74% dei firmatari della Carta sull’Ambiente hanno messo in piedi un Sistema di Gestione Ambientale e si sono impegnati a tenere in massima considerazione le questioni relative al rispetto ambientale nello sviluppo di nuovi prodotti e nell’intera catena di produzione e di fornitura.

 

“L’Etno – ha spiegato il responsabile del Sustainability Working Group, Danilo Riva – era considerata visionaria quando lanciò la prima Environmental Charter 10 anni fa come piattaforma per lo scambio di best practice sull’ambiente e lo sviluppo sostenibile. Questo approccio ha tuttavia contribuito in maniera significativa a migliorare le performance ambientali in questi anni”.

 

La prima Environmental Charter venne redatta dagli operatori dell’Etno nel 1996 e coinvolse l’industria nell’impegno della salvaguardia ambientale e nella redazione di rapporti regolari. Nel 2004 il documento venne sostituito dalla Sustainability Charter, basata sui tre pilastri dello sviluppo sostenibile: protezione ambientale, progresso sociale e crescita economica.

 

Anche il WWF si dice convinto che l’impegno dell’industria delle telecomunicazioni va nella direzione giusta: l’aumento dell’efficienza e l’innovazione di molte soluzioni che consentono alle persone di lavorare in maniera più flessibile attraverso quella che Nicholas Negroponte ha definito la dematerializzazione dell’economia (bits al posto di atomi).

Certo, le tlc da sole non possono risolvere il problema ambientale, ma l’approccio di quest’industria può sicuramente essere considerato un esempio di buona volontà. Ma che dalle parole, si passi ai fatti!

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