Gentiloni illustra le linee programmatiche del Ministero: la Gasparri tutta da rifare!

di Raffaella Natale |

Italia


Paolo Gentiloni

Continuano le audizioni del Ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, sulle linee programmatiche del suo dicastero. Prevista oggi quella in Commissione Cultura.

Gentiloni è chiamato a parecchie sfide, bisognerà rimboccarsi le maniche perché il lavoro è tanto.

La recente Legge Gasparri appare, infatti, già superata da un progresso tecnologico che non conosce sosta e viaggia spedito alla velocità del Web.

E il Ministro partirà proprio dalla Legge 112 del 2004, la revisione potrebbe iniziare già dopo l’estate.

“Penso che non si possano aspettare mesi e mesi prima di affrontare la questione televisione – ha dichiarato Gentiloni – sia per quanto concerne la Rai, sia per quanto concerne le misure anticoncentrazione”.

Naturalmente – ha aggiunto – bisogna che lo decida il Governo nella sua collegialità”.

Nuove disposizioni, quindi, per il mercato radioTv, che verranno scritte d’intesa con “con la maggioranza e a seguito di un confronto parlamentare e con le forze produttive già a partire dall’autunno“.

 

E Gentiloni ha già fatto le prime mosse sulla scacchiera, facendo slittare lo switch-off del segnale analogico al 2010-2012.

Gasparri aveva fissato al 31 dicembre 2006 il passaggio al digitale terrestre, la nuova tecnologia di trasmissione radiotelevisiva. Rinvio anche per le due regioni pilota, Valle d’Aosta e Sardegna, che dovranno attendere il 2008.

 

“Le date che si spostano in avanti  – ha sottolineato il Ministro – sono il risultato di una situazione di ritardo che abbiamo ereditato“. Paolo Gentiloni respinge ogni rilievo: “Io sono per moltiplicare gli sforzi a favore del digitale terrestre – assicura – ma purtroppo la strategia seguita dal precedente Governo si è rivelata da un lato insufficiente e dall’altro preclusa dall’Ue”.

Gentiloni, infatti, torna a ribadire la necessità di mettere a punto una strategia complessiva per arrivare allo spegnimento dell’analogico dal momento che gli strumenti indicati nella Gasparri sono “superati”.

Tra questi viene indicato il finanziamento ai decoder ormai preclusi dai pronunciamenti della Ue volti a promuovere la “neutralità tecnologica” rispetto alle azioni dei Governi e la necessità di regolare il periodo di transizione.

 

Ci sono, in merito al digitale terrestre, “alcuni elementi critici, al riguardo, che appaiono richiedere opportuni adeguamenti“.

“Si tratta – ha spiegato – della disciplina del trading delle frequenze, che non potrà essere ulteriormente condotta con regole scritte immaginando la loro cessazione entro il luglio 2005. L ‘impossibilità di ingresso di nuovi operatori nel mercato televisivo digitale per tutta la lunga fase di transizione e l’acquisto di frequenze, effettuato in concreto solo dai due o tre maggiori operatori del settore rischiano di aggravare la situazione di duopolio del settore televisivo nazionale e, soprattutto di trasferire tale situazione di duopolio nel nuovo scenario tecnologico digitale, a tutto danno della prospettiva di ingresso di nuovi operatori, della possibilità di sviluppo stesso del settore e, in definitiva, della concorrenza e del pluralismo del mercato televisivo”.

 

Problemi che, nel dilatarsi dei tempi, “non possono non tradursi in una iniziativa legislativa intesa ad adeguare le regole di detta transizione alle reali condizioni del mercato e ai tempi più lunghi dello switch-off”.

 

E dopo aver superato gli ostacoli della conferenza ITU (International Telecommunication Union) di Ginevra, ora sia il Ministro delle comunicazioni che il presidente dell’Autorità garante per le tlc, Corrado Calabrò, dovranno mantenere l’impegno del database delle frequenze Tv previsto per gennaio 2007. Un database necessario per superare il “buco informativo” degli ultimi 16 anni. Un buco che Gentiloni ha definito “molto grave visto che parliamo di un bene così strategico e prezioso”.

In questo anni – ha ricordato il Ministro – ci sono state acquisizioni legittime ma anche occupazioni di fatto. Abbiamo attivi almeno 24 mila impianti contro la metà di altri Paesi come Francia e Germania. Un vero e proprio far west aggravato con la compravendita delle frequenze in vista dell’avvento del digitale terrestre”. Entro gennaio, dunque, l’Italia si doterà di “uno strumento aggiornato sulla situazione di utilizzo delle frequenze, che consentirà – ha spiegato Calabrò – di verificare l’efficienza degli impianti esistenti, l’individuazione di frequenze ridondanti e l’ottimizzazione e la razionalizzazione dello spettro radioelettrico”.

 

Ma il digitale terrestre e la questione delle frequenze non sono sicuramente le uniche cose a preoccupare il nuovo Ministro.

Resta ancora in sospeso il futuro assetto della Tv pubblica: “In primo luogo – ha ribadito Gentiloni – bisogna intervenire contro le posizioni dominanti del cosiddetto duopolio Rai-Mediaset, sapendo che il problema non è stato già risolto – al contrario di ciò che si è sostenuto negli ultimi cinque anni – dall’avvento della televisione digitale terrestre; bisogna tornare a porsi il problema delle regole nella televisione analogica, la televisione attuale, quella di Rai, Mediaset, La7 eccetera. In secondo luogo è necessario intervenire sulla Rai con due obiettivi”.

 

Per quanto riguarda lo sbarco in Borsa della Rai, Gentiloni punta alla riorganizzazione dell’assetto societario che contempli una divisione tra l’attività di servizio pubblico, l’attività commerciale e le reti.

E la predisposizione di nuovi criteri di nomina per i vertici del servizio pubblico attualmente ancora espressione del Palazzo. Una nuova Rai che secondo il Ministro delle Comunicazioni dovrà “assicurare il massimo dell’autonomia dai partiti” e per la quale il centrosinistra immagina la distinzione societaria all’interno di una holding con l’individuazione di tre distinte funzioni: servizio pubblico sovvenzionato dal canone e dedito totalmente al contratto di servizio; un’altra Rai, sovvenzionata dagli inserzionisti, si occuperebbe soltanto della Tv commerciale; e infine Rai Way.

 

Gentiloni dovrà anche decidere sul rinnovo del Contratto di servizio con la Rai, scaduto da alcuni mesi. Un contratto triennale in vista del quale il Ministro ha aperto una consultazione pubblica sul modello inglese che si chiuderà a fine luglio. Le modifiche apportate potrebbero prevedere anche l’aumento del canone.

Il primo obiettivo per il Ministro è rendere la Rai più autonoma dalla politica, dai partiti, ma poi rendere la televisione pubblica meno simile alla televisione commerciale, perché possa recuperare la missione di servizio pubblico.

 

In questo senso, il Ministro ha convocato una Consultazione pubblica con associazioni, organizzazioni, minoranze, comitati, affinché facciano giungere il loro contributo sul tema del servizio pubblico Radio Tv Rai, con proposte e osservazioni di carattere sociale, tecnico, giuridico ed economico relative al tema in questione.

La consultazione pubblica sul contratto di servizio pubblico Rai sarà svolta utilizzando due strumenti, entrambi aperti alla collettività: incontri diretti (c.d. Public Hearings) e Forum via Internet (c.d. Call for Paper).

Ciò nella convinzione che per migliorare la qualità del servizio pubblico Rai sia necessario un confronto con tutte le forze vive del Paese e dare maggior peso ai contenuti del Contratto di Servizio che la Rai è chiamata a svolgere.

 

La consultazione è stata avviata con una sessione pubblica programmata per la giornata di lunedì 3 luglio che ha visto il Ministro Gentiloni direttamente impegnato in una serie di audizioni, aperte anche alla stampa – con i rappresentanti di associazioni di genitori, di comunità straniere in Italia, di sindacati dei giornalisti e dirigenti Rai, di facoltà universitarie di scienze della comunicazione, di associazioni di non vedenti, di sordomuti, di industrie nazionali cinematografiche, audiovisive e multimediali, di spettacolo, di consumatori, di utenti radioTv, di produttori Tv, di documentaristi italiani, di regioni e province autonome.

 

Dal 3 luglio è inoltre attivo un Forum di consultazione pubblica, sul sito web del Ministero, attraverso il quale soggetti interessati e portatori di legittimi interessi, previa registrazione sul sito, potranno sottoporre al Ministero delle Comunicazioni proposte e suggerimenti riguardanti il servizio svolto in esclusiva dalla società pubblica concessionaria Rai.

 

Per quanto riguarda le misure anticoncentrazione, il Ministro preferisce “non entrare nel merito prima che siano discusse collegialmente dal Governo”.

Per quanto riguarda la Rai, Gentiloni immagina che “si darà vita a un comitato con il compito di mettere insieme proposte del Governo e leggi di iniziativa popolare o anche di singoli parlamentari. L’obiettivo sarà proprio l’autonomia della Rai dai partiti attraverso norme che devono entrare in vigore alla scadenza dell’attuale Consiglio d’amministrazione, anche se – naturalmente – dovranno essere approvate molto prima”.

 

Altra nota dolente il Sic (Sistema integrato delle comunicazioni), appena stimata dopo due anni di duro lavoro da parte dell’Autorità per le comunicazioni in 22,14 miliardi di euro, di difficile calcolo e troppo ampio perché emergano posizioni dominati, fissate dalla Legge Gasparri al 20%. Sic, che, per il Ministro, si è confermato “non aver alcun valore nella limitazione delle posizioni dominanti e, quindi, nella limitazione delle concentrazioni“.

 

Per l’annosa questione dei diritti Tv nel calcio (e non solo) secondo Gentiloni “serve più equità”. Entro fine luglio, in accordo con il ministro dello Sport Giovanna Melandri, presenterà un disegno di legge per il ritorno alla contrattazione collettiva dei diritti. Poi regolamentazione delle molteplici piattaforme trasmissive attualmente sul mercato (non si potranno acquistare diritti Tv di piattaforme di cui non si ha disponibilità), rivisitazione del diritto di cronaca e limitazione delle esclusive che non potranno essere per più di due anni – cosa già prevista per Sky Italia – specialmente per le piattaforme emergenti coma la Tv mobile.

 

 

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