Quale futuro per la Tv? I player chiedono al prossimo Governo meno regole e più mercato

di Raffaella Natale |

Italia


Spettro Radio

Si è parlato di futuro della Tv con i principali player del mercato televisivo al convegno organizzato dal Riformista. E cosa si aspettato gli operatori dal nuovo governo?

Al di là del colore politico, sicuramente una normativa più flessibile e adatta a un nuovo e più competitivo mercato tecnologico, queste sono le attese di Mediaset, Telecom Italia e Sky Italia.

  

Mentre la Rai, per voce del consigliere Carlo Rognoni, preferisce puntare il dito sull’importanza di risolvere in tempi rapidi la questione delle frequenze, consapevole che la situazione è tale che “è difficile farlo con la bacchetta”.

Auspica comunque “l’ottimizzazione dell’uso delle frequenze da parte della Rai“, ipotizzando anche una divisione tra operatori di rete e di contenuti.

  

Il presidente Mediaset, Fedele Confalonieri, ha voluto lanciare un appello al futuro governo: “Fateci fare il nostro mestiere nel rispetto delle regole”. Aggiungendo che “C’è in giro una sensazione che si voglia ricominciare da capo”. “Uno dei nostri compiti – ha detto – è anche quello di dialogare con la politica, che a volte può essere così intrusiva che può impedire di lavorare, che sia di destra o di sinistra. Noi, infatti, degli anni di governo di centrosinistra non ci possiamo lamentare”.  

  

Confalonieri ha spiegato: “Il nostro mestiere nasce 30 anni fa, e nel tempo si è delineata una grande azienda, che è andata avanti con il riconoscimento delle norme. E invito la politica a considerare la situazione esistente, con i pro e i contro”.  

  

La preoccupazione di Riccardo Perissich, presidente di Telecom Italia Media, “E’ che si tenti di affrontare i problemi o con i diritti di proprietà acquisiti, o con regole che ingessano il mercato. Lo stato della regolazione è già sufficiente”. A suo avviso “i problemi, che pure ci sono, possono essere risolti quasi tutti per via commerciale“.

Per Perissich, come anche per Rognoni, “ci sarà un problema di capacità trasmissiva”, ma per Perissich la questione “può essere risolta con accordi commerciali, per chi non ce l’ha. E in caso può comunque intervenire l’Antitrust, ma una regolazione ex ante è dannosa”. Auspica poi Perissich che “la prossima legislatura non si impicchi ancora ai problemi della Tv, sarebbe dannoso per il Paese. Siamo sempre risucchiati nella guerra Tv, mentre serve buon senso e serenità per superarla“.

La vera liberalizzazione comunque a suo avviso deve avvenire: “nel campo dei diritti e dei contenuti, perché non avverrà niente senza”.

  

Preferisce invece parlare di concorrenza Tullio Camiglieri, direttore della comunicazione di Sky, sostenendo che la Pay TV satellitare, “auspica che i governi futuri lascino spazio alla concorrenza”. Ma chiede anche che ci sia “certezza sulla data dello switch-off dall’analogico al digitale”.

Camiglieri non dimentica di chiedere al futuro governo l’impegno a rivedere gli impegni di Sky firmati a Bruxelles, “perché il mercato è profondamente cambiato da allora”.

  

Riguardo ai contributi al decoder digitale terrestre fortemente contestati da Sky, che ritiene “distruggano il mercato e hanno avuto l’unico merito di far levitare i prezzi dei decoder“, Confalonieri ha risposto con una battuta: “Io non ho il digitale terrestre e le partite le vedo su Sky“.

  

Giancarlo Innocenzi, consigliere dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, si è detto contrario “a una legge sul sistema Tv ad ogni legislatura” è, secondo il quale “è meglio far sistemare le cose”. Sul fronte delle frequenze, Innocenzi ritiene che “di capacità trasmissiva ce ne è in abbondanza. C’é chi la vorrebbe senza pagarla, cosa che sarebbe molto stravagante”. Comunque, ha spiegato che “l’Autorità ha iniziato una riflessione sulle frequenze e le situazioni transfrontaliere“.

  

Per Rognoni invece è proprio “la capacità trasmissiva il punto debole dei broadcaster, e la prospettiva è quella di gestire questa capacità mettendo dei limiti antitrust”. E su questo pensa che “quello del numero delle reti è un falso problema”. Altro tema centrale per il consigliere, è quello della pubblicità: “con il 65% del mercato a Mediaset e il 29% alla Rai no ce ne è per nessuno. E’ un altro nodo che va risolto, pure in una fase difficilissima perché di transizione come quella attuale. Ci sono ancora 5 o 6 anni verso il digitale terrestre, vogliamo non fare nulla nel frattempo?”

  

Altra questione fondamentale per Rognoni “è quella dei diritti, che stanno diventando una questione pazzesca e insostenibile. Il governo si deve porre il problema”. Guardando sempre al futuro, Rognoni sostiene che “la politica deve staccare la spina delle segretari di partito rispetto alla Rai, dare un segno che non si prende possesso della Rai in modo lottizzatorio. il mercato è tale che dei dirigenti messi lì dalla politica non sono in grado di affrontarlo. Bisogna dunque organizzare la Rai: ogni rete è un marchio, tranne forse Raidue che su questo è ancora indietro. Senza fare rivoluzioni si può fare servizio pubblico, e non necessariamente sulle tre reti”. Quanto alla privatizzazione: “Può essere che arrivi, ma non nei prossimi 5 anni”.

  

Proprio riguardo alle frequenze, il Ministro delle Comunicazioni, Mario Landolfi, è intervenuto in altra occasione in merito a una dichiarazione del presidente dell’Agcom, Corrado Calabrò che ha detto: “E’ la politica che deve assumere le decisioni: il piano nazionale delle frequenze, il piano di riparto, ha sicuramente basi tecniche, però è un atto politico”.

Landolfi ha risposto che “Le frequenze Ipse e quelle Tacs sono una questione che riguarda soprattutto l’Autorità per le comunicazioni”.

  

“Abbiamo provveduto alla revoca delle licenze delle frequenze di Ipse – ha precisato il ministro – poi ci sono le frequenze Tacs, ma vedremo quale strada vorrà percorrere l’Autorità rispetto a questa parte non trascurabile di patrimonio nazionale”.

  

Parlando del digitale, il presidente dell’Antitrust Antonio Catricalà ha invece osservato che “E’ un mercato in grande evoluzione: bisogna vedere quante di queste frequenze analogiche saranno effettivamente trasformate e, in che tempi, in frequenze digitali”.

“La tecnologia sostanzialmente cambia non le frequenze: per ora vedo molto movimento a livello locale dove abbiamo registrato grande vivacità – ha aggiunto – ma di grandi operazioni non credo che se ne prevedono anche perché immagino che ora si debba probabilmente muovere la Rai per fare un po’ più di digitale”.

“Per Mediaset – ha concluso Catricalà – chiudiamo appena ci arriva il parere dell’Autorità delle Comunicazioni”.

   

Per quanto riguarda l’istruttoria Antitrust sui diritti Tv e il calcio acquistati da Mediaset, Catricalà spiega che è stata rinviata perché “l’azienda ha presentato una memoria, propone degli impegni su cui dobbiamo fare delle valutazioni”. Serve più tempo anche per rispondere a una esigenza di “tutela del contraddittorio, per dare a tutti la possibilità di dire la loro”.

Quanto all’istruttoria sull’acquisizione delle frequenze di Europa Tv da parte di Mediaset, sarà chiusa “appena arriverà all’Antitrust il parere dell’Autorità per le comunicazioni”.

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