Sviluppo della Tv digitale e destino della pubblicità: come contribuire a una ripresa solida e duratura della nostra economia

di di Marcello del Bono (Consulente Direzionale) |

Italia


Marcello del Bono

Il broadcasting televisivo è uno dei pochi mercati rimasto, sino a pochi anni fa, alieno al processo di conversione al digitale. Nel nostro Paese la digitalizzazione del settore è cominciata con il lancio di D+(Telepiù) nel 1997 ed ha coinvolto la televisione in chiaro e il mercato di massa a partire dal 2004, anno in cui è stato avviato il processo di spegnimento delle frequenze analogiche e il broadcasting digitale in standard Digitale Terrestre. ll 2005 ha visto la crescente penetrazione – non scevra da problemi di gestione – della piattaforma digitale terrestre e il 2006 vedrà l’avvio delle prime reti di Mobile Tv (DVB-H) e il consolidamento delle offerte VOD e IP-Television. Dato il peso preponderante della pubblicità televisiva sull’intero mercato pubblicitario, si vuole qui analizzare l’impatto causato su tale mercato dai mutamenti in atto nel settore televisivo. L’articolo passa in rassegna i principali cambiamenti già causati dalla digitization e i possibili ulteriori mutamenti futuri.

 

Televisione e pubblicità

 

Un mercato a più versanti

Il rapporto tra televisione in chiaro e pubblicità si presenta come un tipico mercato a due versanti (Figura 1). I broadcaster, che basano la maggior parte dei loro ricavi sugli introiti derivanti dalla raccolta pubblicitaria, competono infatti offrendo i propri servizi su due diversi mercati. Sul primo offrono intrattenimento, informazione, educazione ai telespettatori, ottenendone in cambio un’audience più o meno fedele. I telespettatori, dal canto loro, ottengono i contenuti di loro interesse pagandoli con la loro attenzione, dedicando cioè una quota di risorsa scarsa – il tempo – alla visione dei contenuti e dei messaggi pubblicitari con essi veicolati. L’audience così ottenuta viene poi “rivenduta” sul secondo versante, quello della comunicazione pubblicitaria, ai centri media e alle aziende che desiderano comunicare il valore dei propri prodotti e servizi.

 

Tra inserzionisti e spettatori esistono esternalità indirette di rete positive e negative, rappresentate in figura dal segno +/-. Un aumento dell’audience si traduce infatti in aumento di valore per gli inserzionisti, mentre l’aumento della pubblicità si traduce in una diminuzione di valore per gli spettatori. La struttura a due versanti non è l’unica, anche se è la più comune sul mercato italiano. Possono darsi strutture a tre versanti in cui il gestore di rete coordina la domanda di tre soggetti. Si pensi ad esempio a un gestore come H3G che, nella creazione di una nuova rete dedicata alla Tv digitale su cellulare, si trovi a coordinare fornitori di contenuti, consumatori e gli OEM dei nuovi cellulari multimediali. Il broadcaster è sempre stato tradizionalmente più vicino agli inserzionisti che non al pubblico. Nella Pay TV, data la minore importanza della pubblicità, il rapporto è generalmente rovesciato. Chi scrive ritiene che i mutamenti in atto nel medio periodo porteranno il settore televisivo a una maggiore attenzione ai bisogni degli spettatori/consumatori.

 

Peculiarità del mercato italiano

 

Le Dimensioni

Gli investimenti in pubblicità sono fortemente legati alle variazioni del ciclo economico e nel decennio passato ne hanno seguito l’andamento in maniera abbastanza fedele (Figura 2), talora anticipandone o sottolineandone le evoluzioni. L’elevato valore dell’Indice R2 (0,86) testimonia la linearità del legame nella variazione dei due fenomeni.

 

Nel periodo 1995-2003 la televisione ha generato da sola circa il 54% dell’investimento pubblicitario complessivo mentre la media dei paesi considerati (Germania, UK, Francia, Italia, Spagna) è oltre dieci punti percentuali inferiore, pari al 41,5%, (Figura 3). Tale differenza è ovviamente dovuta al minor grado di penetrazione che i media non televisivi hanno nel nostro paese. Il paragone con le principali economie europee mostra inoltre un certo sottodimensionamento del settore, con un contributo alla formazione del PIL vicino allo 0,58% decisamente inferiore alla media del campione, pari allo 0,66%.

 

Concentrazione e Integrazione

 

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha condotto, nel 2004, un’indagine conoscitiva della struttura del mercato pubblicitario. L’indagine ha confermato una seconda peculiarità del mercato italiano: l’elevata concentrazione, stimata in oltre due volte la media dei paesi europei considerati. Ciò è dovuto principalmente al rilevante peso della pubblicità televisiva nel mix di comunicazione utilizzato dalle aziende italiane e alla concentrazione elevatissima – il primo operatore detiene da solo il 65% di quota di mercato – del mercato televisivo stesso. I mercati della raccolta pubblicitaria sui mezzi non televisivi mostrano invece valori comparabili agli altri paesi europei.

Infine si registrano elevate barriere all’entrata causate dalla integrazione della filiera produttiva che vede i principali operatori televisivi attivi su tutti i fronti della produzione di contenuti, della vendita e distribuzione degli stessi.

 

La crescita dell’Internet Advertising

 

Il 2005 ha visto la crescita sostanziale dell’Internet Advertising, che ha sorpassato il fatturato generato dal cinema ed è aumentato, nei primi 7 mesi, del 13%. La crescente importanza dell’On-Line Advertising non è un fenomeno solo italiano ed è confermata a livello mondiale anche dall’accordo Time Warner Inc. – Google Inc., concluso nelle ultime settimane del 2005.

L’ultimo rapporto del Censis e la ricerca di novembre 2005 della European Interactive Advertising Association mostrano però come il nostro paese, pur in un quadro di rilevante aumento della diffusione tecnologica, sia ancora al di sotto della media europea in termini di utilizzo di Internet. Le prospettive di crescita futura dell’online advertising sono quindi ancora limitate dallo scarso utilizzo (Tabella 1).

 

Impatto della digitalizzazione

 

Il miglioramento nelle tecnologie di compressione del segnale e di storage, insieme all’aumentata disponibilità di linee broadband, ha consentito l’utilizzo di nuovi standard per la distribuzione del segnale televisivo e la diffusione di piattaforme come l’IP-Television e il Digitale Terrestre. La piattaforma digitale terrestre ha raggiunto nel 2005 una penetrazione di 3,5 Milioni di apparecchi sul territorio nazionale, pari al 16,5% delle famiglie. Il lancio, nelle ultime settimane dell’anno passato, di Alice Home Tv (Telecom Italia) affianca l’offerta di Fastweb nella distribuzione di Video On Demand.

H3G e Vodafone stanno già distribuendo, in streaming, contenuti televisivi sui telefoni cellulari. Ancora H3G ha acquistato Canale 7 (ex Sei Milano) per 220 milioni di euro. Mediaset ha recentemente lanciato sul Digitale Terrestre il proprio canale Media Shopping dedicato alle televendite e al T-Commerce. Il mercato sta evolvendo rapidamente, scommettendo su formati e canali innovativi.

 

Costi di produzione, distribuzione e appropriazione del valore

 

Come è noto, la digitalizzazione dei contenuti consente la smaterializzazione, l’eliminazione del supporto fisico contenente il prodotto e il conseguente crollo dei costi di immagazzinamento, produzione e di distribuzione. Purtroppo non è sicuro che il settore interessato dalla digitalizzazione sappia appropriarsi del maggior valore liberato dalla diminuzione dei costi. Un caso istruttivo al riguardo è quello dell’industria musicale. La digitalizzazione del supporto finale ha dapprima creato un flusso di nuovi acquisti e ricavi dato dalla sostituzione dei supporti in vinile con i CD. In questa prima fase l’industria ha saputo appropriarsi del maggior valore generato. Quando in seguito l’evoluzione tecnologica ha individuato standard di compressione e codifica adeguati come l’mp3, ha reso disponibili piattaforme utili per il trasporto dei dati e sistemi di condivisione dei file, il prodotto si è smaterializzato e sono nati canali di distribuzione alternativi. Il resto è storia nota, con il crollo dei ricavi dell’industria discografica a partire dalla seconda metà degli anni ’90 del secolo passato, le battaglie legali, la ricerca di business model alternativi come quello, ad esempio, di Apple con iTunes e l’interesse per nuovi prodotti/servizi come i DVD musicali e le suonerie su cellulare.

 

Contenuti tematici, specializzati, Video On Demand (VOD)

 

Per ragioni storiche che non esaminiamo in questa sede, l’offerta di canali televisivi nel nostro paese è stata bloccata dalla scarsità di piattaforme alternative al broadcasting terrestre e dall’affollamento delle frequenze disponibili. Il passaggio dalla piattaforma analogica a quella digitale terrestre libererà spazio trasmissivo per nuovi canali e network televisivi. L’effetto sarà però maggiormente percepibile dopo lo spegnimento delle frequenze analogiche, recentemente rimandato al 31 dicembre 2008. In ogni caso, già nel 2005 sono arrivate sul mercato italiano nuove offerte VOD (Telecom Italia, Tiscali in via sperimentale) e di canali tematici e specializzati (Mediaset, Rai).

Le nuove offerte si basano su economics parzialmente differenti rispetto al tradizionale modello di televisione generalista. Un articolo di C. Anderson pubblicato su Wired nell’ottobre 2004 utilizza la curva di Pareto (denominata Long Tail Curve) per evidenziare come l’insieme dei prodotti a bassa domanda possano collettivamente costituire un mercato più ampio di quello delimitato dai prodotti ad alti volumi di vendita. Secondo Anderson in un’economia basata su prodotti digitali, ad esempio i prodotti audiovisivi, è possibile immagazzinare e distribuire a basso costo contenuti di nicchia, con un’audience minimale, che però possono complessivamente sostenere un business model profittevole. Esempi di aziende che hanno disegnato il proprio business incorporando la Long Tail sono Amazon.com, Google, Yahoo! Inc., eBay Inc.. In Italia possiamo citare Fastweb con il servizio RaiClick che offre, accanto a successi con vasta audience come Il Maresciallo Rocca o Il commissario Montalbano, l’accesso a sceneggiati in Bianco e Nero come La Freccia Nera o Scaramouche con Domenico Modugno.

L’audience potenziale di ognuno questi prodotti di nicchia è limitata, ma i volumi complessivi generati dall’insieme dei prodotti di nicchia (l’area sotto la coda della curva di Pareto) possono, nelle speranze dell’imprenditore, generare fatturati e margini anche maggiori di quelli sostenuti dai prodotti con audience di massa (Figura 5).

 

Frammentazione dell’audience e Long Tail

 

La distribuzione di prodotti di nicchia diventa conveniente grazie ai bassi costi di immagazzinamento tipici dei prodotti dell’informazione digitale e al passaggio dalla scarsità all’abbondanza di canali distributivi (dalle sole frequenze analogiche terrestri a quelle digitali, del satellite, delle reti mobili in DVB-H, dell’IP-Television, etc.). La diffusione di canali tematici e Video On Demand porta con sé un’offerta più segmentata e focalizzata. Se confrontata con il tipico modello generalista, la nuova value proposition è caratterizzata da audience di minor dimensione ma tendenzialmente più fedele e, probabilmente, meglio disposta a messaggi pubblicitari coerenti con la natura del canale/segmento.

 

Television everywhere

 

In Italia il consumo di televisione e quello di cellulari e servizi connessi è particolarmente elevato. L’abbinamento di queste due caratteristiche dei nostri mercati è particolarmente interessante per i player del settore mobile e televisivo che stanno approntando una nuova offerta per trasformare il telefono cellulare in un reale ricevitore di contenuti televisivi.

Nel 2006 arriveranno sul mercato italiano le prime offerte e i primi apparecchi per la televisione digitale terrestre mobile in standard DVBH, con una qualità molto superiore al segnale già disponibile in streaming sui network di alcuni operatori di telefonia mobile. Si è già accennato ai recenti acquisti di Mediaset (Sport Italia, Europa TV) e H3G (Canale 7,ex Sei Milano). Entrambe hanno dichiarato l’intenzione di creare un nuovo canale dedicato alla mobile TV, in standard DVB-H. I nuovi canali Mobile-TV avranno bisogno di contenuti e formati pubblicitari specificatamente sviluppati e assemblati per la fruizione in movimento, fuori dall’abitazione e dall’ufficio. Un contributo interessante in questo senso potrà arrivare dal referenziamento geografico delle inserzioni, che potranno essere personalizzate in base alla posizione sul territorio dell’utente.

 

La frammentazione dell’audience

 

La prima conseguenza visibile della digitalizzazione è l’aumento del numero di canali, piattaforme di delivery, apparecchi per la fruizione, tipologie di contenuti erogati e la conseguente frammentazione dell’audience di riferimento che causerà la frammentazione e redistribuzione dei fatturati pubblicitari, l’aumento della complessità e il costo dei processi di Comunicazione e di Media Planning. Dati gli alti costi del modello generalista, la mancanza storica di cable networks e le criticità che la digitalizzazione porta con sé, è probabile che i nuovi entranti si focalizzeranno principalmente su canali tematici o specializzati e sull’IP-Television.

E’ probabile che nel prossimo futuro i modelli di business dei broadcaster evolveranno alla ricerca di nuove forme di revenues complementari a quelle della logica del free To Air. Una strada consiste nell’arricchimento del modello di televisione generalista con contenuti tematici e maggiormente centrati sul consumatore finale. Un esempio in questo senso è la nuova proposizione di Mediaset che sta riscuotendo un notevole successo con l’offerta pay-per-view light e le carte prepagate sul digitale terrestre. Nella stessa direzione si è mossa Telecom con La7 Televisioni ma anche con la nuova offerta di Video On Demand su ADSL.

Con la frammentazione i messaggi pubblicitari arrivano ad audience più ristrette e devono di conseguenza essere veicolati un numero maggiore di volte e su un numero maggiore di canali. Le agenzie media e gli inserzionisti dovranno quindi affinare la conoscenza dei propri target ( o di quelli dei propri clienti) e di quelli tipici dei nuovi Media. Il classico spot da 30” continuerà ad esistere ma verrà affiancato da nuovi formati, interattivi e personalizzati, più utili e rispettosi delle esigenze dello spettatore.

 

Branding

 

Data la maggiore complessità ambientale aumenta necessariamente l’importanza del branding dei canali, delle reti e dei gruppi come strumento segnaletico e di fidelizzazione dell’audience, che potrà essere migliorata anche grazie alla maggiore specializzazione dei contenuti trasmessi. Le pratiche di CRM, oggi comuni nella Pay TV, si diffonderanno in tutto il settore e diventeranno parte integrante delle politiche di marketing. Il ruolo delle centrali Media continuerà ad essere fondamentale e potrà, almeno nel breve/medio periodo, addirittura crescere d’importanza a causa della già ricordata maggiore complessità dei processi di Media Planning.

 

Pricing

 

La maggiore offerta eserciterà inesorabilmente una forma di pressione sui prezzi degli spazi pubblicitari. E’ probabile che nella vendita di spazi televisivi diventeranno comuni nuove forme di pricing, maggiormente focalizzate sulla segmentazione e sul valore per l’advertiser, piuttosto che sulla pratica oggi ancora comune del “firstcome, firts-serve”. Diminuiranno nel medio periodo i prezzi degli spazi sui canali generalisti mentre i canali tematici e specializzati, forti di audience segmentate con maggiore chiarezza – fonti potenziali di elevati ritorni pubblicitari – potranno godere di un premium price.

 

Conseguenze della frammentazione

 

Abbiamo visto rapidamente le possibili conseguenze della frammentazione dell’audience causata dal processo di digitalizzazione.

E’ però doveroso notare che diversi fattori ne rallentano l’evoluzione. Oltre alla ricordata concentrazione del mercato pubblicitario, si segnala un certo scetticismo dei decisori nei confronti dei nuovi media che verrà superato solo col tempo e con l’esempio degli “early adopters”. In secondo luogo perdura nel nostro paese un divario tecnologico che impedisce a una vasta fascia di popolazione l’accesso ai nuovi media e ai nuovi canali e formati. Nonostante i passi da gigante nella penetrazione della banda larga e del digitale terrestre questo divario è ancora lungi dall’essere colmato.

 

Digital Video Recorder

 

I DVR – Digital Video Recorder – sono apparecchi destinati agli utenti finali che abilitano la registrazione in formato digitale, di contenuti televisivi trasmessi su reti analogiche e digitali. I pionieri di questo tipo di apparecchi sono TiVo e ReplayTV (Figura 6).

Possono essere schedulati per la registrazione da una qualsiasi postazione con accesso a Internet. Consentono tra l’altro, la possibilità di implementare forme di Video On Demand e personalizzazione del palinsesto e di saltare la pubblicità in maniera manuale o automatica (advertise skipping).

Proprio a causa di quest’ultima funzionalità, nello scenario più estremo la diffusione dei DVR potrebbe significare, nel giro di pochi anni, la completa perdita di valore della pubblicità televisiva veicolata dai canali generalisti.

Si analizza di seguito il mercato USA, dove la penetrazione e l’utilizzo dei nuovi device sono maggiori.

I DVR consentono di controllare il flusso dei programmi trasmessi con funzionalità di replay e live pause, rendono disponibile una guida programmi in formato elettronico da cui l’utente può selezionare programmi da registrare in base al titolo, alla serie (es. tutti gli episodi di Friends), agli attori o ai registi (es. tutti i film con Julia Roberts o diretti da Antonioni) o al tema trattato (es. cucina, giardinaggio).

Negli Stati Uniti il DVR è ancora un prodotto relativamente di nicchia, ma la maggior parte degli analisti ne predicono una rapida e accelerata diffusione nel prossimo futuro. Yankee Group stima una crescita del mercato USA da 3,7 Milioni di famiglie con DVR nel Marzo 2004 a 19 Milioni nel 2006 e 48 milioni (circa metà delle famiglie USA) nel 2010 (Figura 7), mentre Forrester Research ha recentemente stimato che a fine 2006 i DVR sul mercato USA saranno 25 Milioni.

 

DVR e comportamenti del telespettatore

 

E’ opinione diffusa tra gli analisti che la disponibilità di apparecchi DVR porti rapidamente a modificare le modalità di fruizione dei contenuti televisivi, compresi i messaggi pubblicitari. Sul mercato USA le analisi tendono a sottolineare che nelle famiglie con DVR l’esposizione alla pubblicità è molto inferiore alla media nazionale (Tabella 2). Con una penetrazione del 7% nel 2005 e considerando il 54% di minor esposizione pubblicitaria nelle famiglie con DVR, abbiamo una diminuzione dell’esposizione complessiva in tutto il mercato USA (famiglie con DVR e senza DVR) pari al 4%. Nel 2010 tale valore cresce al 32,4% (0,54 x 0,5). Anche con stime di penetrazione più prudenti, l’impatto del DVR è notevole. E’ quindi facile prevedere, coeteris paribus, una pressione al ribasso sulle tariffe pubblicitarie che si aggiunge a quella già menzionata .

 

Solo una minaccia?

 

Sino a questo momento abbiamo esaminato le minacce portate dalla tecnologia DVR sul mercato della pubblicità televisiva. Esistono però anche delle opportunità interessanti.

 

Video On Demand

 

Anzitutto è possibile utilizzare il DVR per offrire una sorta di Video On Demand, eventualmente anche in assenza di reti Internet a banda larga, sfruttando piattaforme di broadcasting come ad esempio la piattaforma digitale terrestre. I video possono essere selezionati dall’utente da una guida programmi elettronica, oppure, previo consenso, proposti dal broadcaster in base alla profilatura del telespettatore su un bouquet di programmi trasmessi nell’arco delle 24 ore. In questo modo anche le reti di broadcaster tradizionali possono offrire funzionalità VOD, che erano sino ad oggi precluse a questi operatori. Questa modalità distributiva consente inoltre di sfruttare slot temporali poco remunerativi come le fasce notturne per distribuire contenuti che verranno poi fruiti a piacimento dal telespettatore. Uno dei problemi che gli operatori Video On Demand si trovano a fronteggiare è che la crescita di popolarità delle piattaforme VOD comporta un arricchimento dei contenuti e la necessità di aumentare rapidamente la banda disponibile per il download. Sfruttando la maggiore efficienza del broadcasting tradizionale e unidirezionale il DVR può diventare anche uno strumento complementare alle reti VOD vere e proprie: gli eventi di maggior rilievo, ad esempio le Olimpiadi, che potrebbero mettere in ginocchio una piattaforma basata sul vero Video On Demand verrebbero trasmessi con la più efficiente tecnologia di broadcasting (uno a molti) e registrati su DVR, evitando così di intasare i server VOD.

 

Personalizzazione

 

Per i cable network, o per i nascenti network di IPTV, è possibile utilizzare le informazioni sui propri sottoscrittori, esplicite e implicite, per rendere disponibili sull’hard disk del DVR i contenuti potenzialmente più interessanti. Anche la pubblicità si sta lentamente adeguando. In Italia alcuni formati sperimentali sono già stati testati dall’agenzia Armando Testa su digitale terrestre. La presenza di un DVR e di un Hard Disk potrebbe consentire un passo ulteriore, bypassando in parte le limitazione tecniche dello standard MPEG-2, salvando veri e propri percorsi interattivi alternativi, attivabili a seconda delle preferenze dell’utente.

 

Churn

 

Il DVR può diventare un’arma importante per la riduzione del Churn. Time Warner Cable riferisce come i suoi sottoscrittori che utilizzano il DVR siano molto più fedeli rispetto a quelli che non lo utilizzano. A fine 2003 i primi registrano un Churn pari a 1,8% mentre la media degli altri abbonati è pari al 4,1%, oltre due volte tanto.

 

TV Analytics

 

Nel tradizionale mondo televisivo, la misurazione dell’audience avviene ad opera di organizzazioni specializzata su un campione ristretto di famiglie, con risultati spesso accompagnati da polemiche di ordine metodologico e politico. I DVR e i canali VOD possono consentire una raccolta capillare di informazioni non su un campione statisticamente predeterminato ma a partire dai singoli utenti/consumatori con risultati potenzialmente più attendibili. Una maggiore affidabilità dei dati di consumo potrebbe aiutare a frenare la ricordata pressione al ribasso sui fee pubblicitari. La raccolta di questi dati, la loro analisi, il superamento dei problemi legati alla privacy degli spettatori sono le criticità insite nel potenziale valore che questi dati possono avere.

 

DVR e VOD in Italia

 

In Italia il DVR e il Video On Demand sono ancora agli albori: alcune funzionalità DVR sono state offerte sul mercato da Fastweb a partire dal primo semestre del 2002 con il servizio Videorec, mentre il VOD è intrinseco all’offerta TV Fastweb, che viene veicolata su reti in fibra ottica. VOD su satellite (più propriamente definito NVOD, Near Video On Demand) è disponibile sul nostro mercato già dalla seconda metà degli anni ’90 con l’offerta di D+ (oggi Sky). Nelle ultime settimane del 2005 Sky Italia e Telecom Italia hanno cominciato separatamente a distribuire un nuovo decoder che consente di registrare fino a 60 ore di programmi TV. Ci sono poi i DVR stand alone, non collegati a piattaforme VOD e IP-Television, che possono sfruttare il segnale digitale trasmesso via digitale terrestre e i DVD writer, anch’essi in grado di fornire alcune delle funzionalità tipiche del DVR. E’ ragionevole ritenere che il nostro mercato seguirà, con un ritardo di 1-3 anni, la tendenza alla crescita manifestatasi nel mercato nordamericano. Un impulso in questo senso verrà certamente dalla nuova offerta mista di DTT, IP-TV e TV on Demand di Telecom Italia e prossimamente anche di Tiscali. Le nuove piattaforme digitali infatti ben si prestano alla diffusione di servizi DVR e VOD.

 

La reazione del settore pubblicitario

 

La reazione del settore si profila lungo due dimensioni tematiche: focalizzazione/personalizzazione e nuove modalità di utilizzo dei media.

Riguardo alla prima dimensione, si è già accennato alla specializzazione e personalizzazione dei contenuti e formati pubblicitari: una pubblicità utile, interessante, rispettosa e coerente delle preferenze e degli interessi dello spettatore, distribuita ai target più opportuni, ha molte più possibilità di non essere evitata e di essere addirittura ricercata e visionata più volte. Le nuove tecnologie consentono infatti possibilità di segmentazioni molto più accurate e addirittura dinamiche (es. geo-referenziazione) che, se correttamente sfruttate, potrebbero tradursi in un miglioramento nei ritorni delle campagne.

Con riferimento alla seconda dimensione si vuole qui ricordare a titolo esemplificativo e in aggiunta ai formati interattivi in fase di sperimentazione, quel insieme di attività e normative che vanno sotto il nome di product placement. In Italia il product placement è stato normato dal decreto Urbani del 22 marzo 2004 che consente l’inserimento di marchi e prodotti nelle opere cinematografiche contestualizzandoli nella trama, rendendoli cioè funzionali – in modalità diegetica – allo sviluppo della narrazione. Il messaggio pubblicitario viene così a far parte della narrazione stessa e come tale non viene più evitato. E’ appena il caso di notare che i messaggi così veicolati vengono reiterati non solo nelle sale cinematografiche ma anche durante la fruizione televisiva. Stante le ricordate e crescenti difficoltà dello spot tradizionale, riteniamo probabile nei prossimi anni una crescita significativa di questa modalità di advertising. A riprova dell’importanza che questa tipologia di comunicazione potrà avere in futuro, ricordiamo che nel momento in cui scriviamo la Commissione Europea sta studiando una direttiva che consenta il product placement anche all’interno di serie e opere televisive.

 

Conclusioni

 

La tendenza delle forze in gioco spinge nel medio/lungo periodo verso una chiara diminuzione dei ricavi pubblicitari nel modello tradizionale di televisione in chiaro. Si è però già ricordato l’ancora significativo divario digitale che rallenta la penetrazione dei nuovi Media e dei nuovi formati. In aggiunta a ciò, proprio i principali operatori della televisione generalista stanno rapidamente guadagnando competenze, posizioni e vantaggio competitivo anche sui nuovi Media, congelando in parte le dinamiche del cambiamento e contribuendo al mantenimento degli equilibri attuali.

Dunque, se è chiara la spinta dei nuovi entranti, delle nuove tecnologie ed anche di una parte dell’ecosistema politico-sociale, non altrettanto chiaro è l’impatto di queste forze sui processi di cambiamento e la velocità con cui queste dinamiche sapranno dispiegarsi nel nostro paese nei prossimi anni. E’ certo che assisteremo a una diversificazione delle risorse degli operatori televisivi, a una crescita di formati interattivi e innovativi mentre il media mix degli inserzionisti si sposterà sempre più verso Internet, i nuovi Media—incluse le nuove televisioni—e il Below the Line. Chi scrive si augura di poter anche assistere, nei prossimi anni, a un importante miglioramento della comunicazione pubblicitaria e ad uno sviluppo del settore dei Media e della Comunicazione che possa contribuire a una ripresa solida e duratura della nostra economia.

 

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