Finanziamenti alla cultura: la protesta di Urbani, gesto ad effetto o concreta presa di distanza?

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Italia



di Angelo Zaccone Teodosi


Presidente

IsICult– Istituto italiano per l”Industria Culturale

Il Ministro Urbani non ha partecipato al Consiglio dei Ministri di venerd&#236 5 marzo, come gesto di protesta rispetto alle resistenze che il Ministro Tremonti avrebbe manifestato, gioved&#236 sera, rispetto ad un decreto finalizzato a rifinanziare i fondi pubblici per la cinematografia.

Urbani, secondo le agenzie, avrebbe indirizzato una lettera riservata al Presidente Berlusconi, enfatizzando che la cultura non &#232 materia di competenza esclusiva del suo dicastero.

Secondo fonti ministeriali, la dotazione di fondi a sostegno della cinematografia sarebbe ¿esaurita¿: come, e perch&#233, non &#232 ben chiaro, anche perch&#233 non sono disponibili serie di dati economici minimamente attendibili.

La querelle &#232 molto interessante, perch&#233 evidenzia contrasti interni all¿Esecutivo: evidentemente, qualcuno vede la cultura come qualcosa di ¿inutile¿ e comunque improduttivo, invece di considerarla uno strumento strategico per lo sviluppo socio-culturale di una nazione.

Il problema non riguarda, certamente, solo i finanziamenti pubblici alla cinematografia, ma, pi&#249 in generale, i fondi pubblici destinati al sostegno dello spettacolo, e, ancora pi&#249 in generale, della cultura.

La questione &#232 ancora pi&#249 estesa, perch&#233 nel concetto di ¿cultura¿, intesa modernamente, non pu&#242 non rientrare il problema del finanziamento del sistema televisivo pubblico: e gli stessi fondi destinati ad agevolare l¿acquisto dei decoder per la televisione digitale terrestre non sono, anch¿essi, strumenti di politica culturale, oltre che di politica mediale ed industriale? Esiste un disegno complessivo, un respiro strategico, nell¿operato della ¿mano pubblica¿ nell¿industria culturale, in Italia?

Si consideri che il Fondo Unico per lo Spettacolo, istituito nel lontano 1985, &#232 nato come strumento di indirizzo strategico per lo sviluppo del ¿sistema spettacolo¿ in Italia: la dotazione originaria &#232 andata via riducendosi, ed attualmente si tratta di circa 500 milioni di euro all¿anno, buona met&#224 dei quali viene assorbita da quelle ¿macchine mangiasovvenzioni¿ che sono gli enti lirici (che, senza dubbio, sostengono l¿offerta di una forma culturale nobilissima, ma destinata ad una fruizione privilegiata di poche decine di migliaia di cittadini).

Uno Stato che destina solo 500 milioni di euro all¿anno per sostenere tutte le attivit&#224 di spettacolo &#232 gi&#224, in s&#233, uno Stato che si dimostra insensibile, rispetto alle enormi potenzialit&#224 del settore. Il bilancio culturale italiano suscita ilarit&#224 (o pianti), se comparato con quello di nazioni come la Francia.

Quel che &#232 per&#242 pi&#249 grave &#232 che queste ¿scoperte¿ (non ci sono pi&#249 soldi¿, lamenta il Ministro) avvengono un po¿ tardivamente: Urbani gestisce il dicastero da due anni e mezzo, ormai, e non &#232 verosimile che, improvvisamente, si scopra che le casse sono vuote (svuotate, peraltro, dicono i maligni, da commissioni consultive ministeriali particolarmente generose verso imprenditori iper-assistiti). Quel che &#232 certo &#232 che, in Italia, non esiste ancora una adeguata cultura valutativa, in materia di interventi pubblici a favore della cultura: non ci sono studi economici, analisi di costi / benefici, studi accurati sulle ricadute sulla domanda, sul mercato del lavoro, sull¿indotto¿

Ha prevalso, per decenni, una cultura di finanziamenti a pioggia, che &#232 passata attraverso i governi ¿culturali¿ democristiani, socialisti, diessini: la scoperta del Ministro Urbani &#232 tardiva, e stupisce, ma ci auguriamo che l¿occasione venga colta al meglio. Non per emanare l¿ennesimo provvedimento ¿emergenziale¿, nella migliore tradizione delle leggi e leggine, leggi-ponte e leggi-raccordo, decreti e decretino, del Dopoguerra, sulle quali infier&#236, purtroppo senza esiti concreti, la sagace penna di Ernesto Rossi sulle colonne de ¿il Mondo¿: le pagine del pamphlet di Rossi, ¿Lo Stato Cinematografaro¿, dato alle stampe nel lontano 1960, dedicate alle clientele ed al consociativismo nel finanziamento pubblico del cinema, restano valide ancora oggi.

Che il Ministro approfitti di questa piccola crisi dentro l¿Esecutivo, per promuovere finalmente un¿indagine approfondita, attenta, accurata, di valutazione economica e culturale, sull¿intervento pubblico nel settore culturale.

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