ICT nella bufera: bilanci bugiardi, conti roventi e ruolo dell¿innovazione

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di Raffaele Barberio

Per tre o forse quattro decenni, dagli anni Sessanta agli anni Novanta, si &#232 consumata in Italia una lotta senza quartiere tra impresa privata e Partecipazioni Statali. Uno scontro che ha coinvolto personalit&#224 istituzionali, leader di partito, capitani d¿industria, che ha fatto saltare governi e segreterie di partito ed &#232 stato accompagnato nel corso degli anni da scandali di ogni genere. Uno scontro all¿interno del quale gli imprenditori accusavano i boiardi di Stato di alterare il gi&#224 asfittico mercato nazionale, con assunzioni di responsabilit&#224 che facevano capo non alle istituzioni, bens&#236 a questo o a quel leader di partito.

E cos&#236 negli anni Novanta tutti abbiamo guardato, con lo sguardo fresco ed ingenuo di un bambino, alla stagione delle privatizzazioni.

Abbiamo pensato che finalmente il nostro Paese potesse emanciparsi definitivamente da alcune storture derivate dalla eccessiva politicizzazione dello Stato e della vita pubblica. D”altro canto, la stura era gi&#224 stata data da Tangentopoli ed erano gi&#224 emersi i segni concreti di un qualcosa di nuovo annunciato e che si stava realizzando sotto i nostri occhi.

Tante imprese pubbliche sono state cos&#236 privatizzate o hanno ceduto la partecipazione dello Stato in esse presente.

Finalmente, abbiamo pensato, adesso abbiamo un mercato vero, non assistito, non asservito pesntemente alla politica,che ci rende un po” pi&#249 eguali al resto d¿Europa.

E abbiamo visto in ogni imprenditore il Cavaliere Bianco, con la spada in mano, pronto a giocare il proprio onore e l¿adesione piena alle regole della cavalleria del mercato, per interpretare al meglio la complessa dinamica della domanda e dell¿offerta.

Oggi scopriamo che alcuni tra quegli imprenditori, tra quelli pi&#249 in vista di loro, hanno rinnegato le pi&#249 elementari regole etiche dell¿impresa, hanno giocato con i soldi degli altri (spesso appropriandosene indebitamente), facendoci rimpiangere i peggiori tra i boiardi di Stato degli anni Settanta.

Enron a riguardo &#232 stato un giochino, se non proprio per gli importi, quantomeno per sofisticatezza o spregiudicatezza dei disegni criminosi adottati.

E cos&#236 anche l¿Italia ha il suo girone dell¿Inferno: prima Cirio, poi Parmalat, per citare i due giganti della cronaca dell¿ultimo anno.

Da pochi giorni il virus ha colpito anche Finmatica. Stiamo parlando di una societ&#224 che ai tempi d¿oro &#232 riuscita a capitalizzare pi&#249 di Pirelli (quando Tiscali capitalizzava pi&#249 della Fiat).

Si tratta di un virus che rischia di gettare sull¿ICT italiano l¿ombra della furberia finanziaria a danno dell¿investitore e del mercato, ma innanzitutto delle regole e dell”etica.

Non sappiamo se Pierluigi Crudele e Fabio Bottari, rispettivamente ex Presidente ed ex Amministratore Delegato di Finmatica, siano realmente responsabili delle gravi accuse contro di essi scagliate dai giudici.

Se non lo sono, avranno certo modo di far valere le loro ragioni.

Ma il problema potrebbe non essere circoscritto.

Il che sarebbe una cosa molto seria.

Intanto il Numtel affonda nella palude e l¿effetto domino del sospetto, unitamente alla caduta di fiducia ed ottimismo (veri motori del mercato) ha gi&#224 colpito duramente.

Molti, nella scorsa settimana, i titoli in grande ritirata o, peggio, in caduta libera: da Buongiorno Vitaminic (-4,4%) a Dada (-3,9%), da Data Service (-&,5%) a I.Net (-3,5%), da TcSistema (-12,18%) a Txt (-4,8%).

Ci&#242 che temiamo &#232 che l¿effetto di tali dinamiche possa pesare oltre misura sull¿intero settore ICT italiano e non vorremmo che l¿azione magari di qualche trader spregiudicato e senza scrupoli trovasse attrattivo l¿effimero risultato di una qualche azione speculativa a danno di un mercato che potrebbe offrire, sia oggi che in prospettiva futura, ben altri benefici a tutti, singoli, ed al sistema-Paese nel suo complesso.

Ci&#242 che sottolineiamo &#232 che tale situazione piomba sull¿ICT italiano proprio nel momento in cui la tendenza indica nel 2004 l¿anno della grande ripresa. Secondo i dati EITO 2004, che saranno presentati al pubblico nel prossimo mese di febbraio, questo &#232 ¿l¿anno dell¿uscita dal tunnel¿.

Sarebbe un peccato se noi non potessimo partecipare al nuovo trend di crescita, o ne vedessimo alterata la partecipazione e la condivisione ai benefici che da esso ne possono derivare, solo per manifestazioni patologiche di piccoli segmenti del settore.

Se guardiamo alle telecomunicazioni e all”ICT italiano abbiamo un quadro molto articolato che pu&#242 vantare svariati casi di eccellenza, per penetrazione sui mercati esteri, per originalit&#224 di nuovi servizi, per competitivit&#224 internazionale, per impegno di ricerche e sviluppo. E il riferimento non &#232 solo a Telecom Italia, Wind, Tiscali, per citare i primi che vengonoin mente.

Vi &#232un tessuto di migliaia di medie, piccole e micro imprese che costituiscono l¿ossatura significativa dell¿ICT italiano, un esercito di attivit&#224 imprenditoriali che rappresentano investimento, lavoro, sacrificio, competenza e creativit&#224 di decine e decine di migliaia di imprenditori e di addetti.

Un patrimonio straordinario ed una straordinaria risorsa per il Paese.

Ci&#242 che auspichiamo &#232 che al pari di quanto gi&#224 accaduto in altri Paesi, vengano messe in essere tutte le misure necessarie a proteggere i patrimoni aziendali, i valori costruiti nel tempo, i soldi degli investitori, l¿integrit&#224 dei marchi, la fiducia nella crescita sostenibile e l¿ottimismo verso tutto ci&#242 che &#232 progetto e costruzione edificati sulla conoscenza, la competenza, la ricerca e l¿innovazione.

Ci&#242 che suggeriamo, &#232 che in qualche modo le risposte positive debbano per&#242 provenire anche dall¿interno stesso del settore.

Il mondo ICT vede al proprio interno la presenza di robuste associazioni di imprese di settore, che in alcuni casi raccolgono centinaia di marchi dell¿ICT italiano.


La loro attivit&#224 &#232 fatta di tante cose, dalle pi&#249 grandi alle pi&#249 piccole: negoziazioni con le istituzioni, convegni e dibattiti, e, perch&#233 no, qualche presenzialismo.

Contribuiscono ad alimentare il dibattito tra gli addetti ai lavori.

Hanno staff dedicati che producono attenzione dell¿opinione pubblica sull¿intero settore.


Ebbene, sarebbe molto bello se le associazioni di imprese dell¿ICT (ne abbiamo contate oltre 10) costituissero una sorta di Santa Alleanza, imponendo a tutti i propri associati la sottoscrizione di un codice d¿onore di rispetto delle regole del mercato, anzi un codice etico che vada al di l&#224 degli stessi obblighi fissati dalle normative vigenti. Un codice etico rispetto a cui adesione e firma di sottoscrizione abbiano valore sostanzialmente morale e, per questo, altamente simbolico.


Non &#232 necessario lanciare la Coppa per il miglior bilancio, la Grolla per il pi&#249 basso tasso di conflitto sindacale, la Palma per le comunicazioni pi&#249 trasparenti agli investitori.


L¿innovazione tecnologica pu&#242 produrre i migliori strumenti di trasparenza (per questo &#232 osteggiata dai regimi dittatoriali o dagli Stati oligarchici).


L¿ICT italiano ha bisogno di crescere. Ora. Ha bisogno di dispiegare in modo compiuto le proprie straordinarie potenzialit&#224.

Ed ha bisogno di trasparenza, per mettere in luce tutto quanto ha di buono per sé e per la costruzione di un nuovo valore per il Paese.