Intervista a Andrea Materia e Giampaolo Colletti per il libro ‘Social TV’

di a cura della Redazione di eurogamer.it |

Come cambia la televisione quando incontra smartphone e tablet?

Italia


Samsung Smart TV

Milano – In occasione della presentazione del loro libro, abbiamo potuto scambiare quattro chiacchiere con Andrea Materia e Giampaolo Colletti, gli autori di Social TV, edito dal Sole24Ore e in libreria dal 25 giugno. Andrea Materia è attualmente creatore, presentatore e consulente esecutivo presso la Rai, oltre che direttore editoriale di Oltre la Siepe, periodico della Lombardia Film Commission, e autore della rubrica Gli anni della NewTV su key4biz.it

 

Giampaolo Colletti è invece un giornalista che si occupa principalmente di media digitali e di comunità sul web. Nel 2004 ha fondato www.altratv.tv. Inoltre è stato autore per Rai 3, Radio24 e Nòva24. Collabora anche come Blogger per il fattoquotidiano.it. Oltre a Social TV ha scritto altri libri come Vendere con le Community o TV fai-da-web.

 

Con loro abbiamo potuto scoprire la rivoluzione che la televisione, per come la conosciamo, sta per vivere. “Questo è il momento in cui, accanto al tradizionale schermo televisivo, si affianca, con eguale dignità, un secondo schermo, rappresentato da tablet, pc o smartphone” ci conferma Andrea Materia. In altre parole la televisione conoscerà una rivoluzione nel momento in cui si potrà appoggiare a un altro device grazie al quale interagire con il classico programma televisivo. Magari votando in diretta il concorrente da eliminare o postando un messaggio che apparirà in sovra-impressione.

 

Queste nuove possibilità rendono la televisione più coinvolgente e consentono alle emittenti avere trasmissioni più appetibili agli occhi degli investitori pubblicitari, sempre più freddi a causa del calo di ascolti che la televisione generalista sta vivendo negli ultimi anni. “Questo perché si è visto che meno spettatori, ma più coinvolti, danno il medesimo risultato che in passato e quindi possono generare lo stesso introito pubblicitario,” continua Materia. “Storicamente, l’investimento pubblicitario verso le televisioni generaliste era buttato a pioggia su una quantità di spettatori disinteressati e colpiva i target desiderati solo perché all’interno di una massa. La Social TV consente, estremizzando il rapporto tra spettatore e programma televisivo di trattenere gli occhi dello spettatore incollati allo schermo, anche durante il messaggio pubblicitario. Questo consente alla televisione di avere lo stesso valore che in passato, nonostante il suo reach di pubblico inferiore. Anzi talvolta l’efficacia della pubblicità è persino superiore”.

 

Negli Stati Uniti il totale degli introiti pubblicitari supera i 66 miliardi di dollari l’anno, quindi è evidente come il riuscire a calamitare questi investimenti possa decretare il successo o meno di un’emittente. Se negli USA la situazione è già matura, con volti quali Martha Stewart che si sono già “riciclati” sotto forma di gioco Facebook, in Italia le cose sono un po’ indietro, benché la RAI dovrebbe far debuttare quest’autunno la propria piattaforma di social TV. Il processo in atto è comunque irreversibile, dato che si sta assistendo all’emigrazione degli spettatori verso una formula on-demand che consente loro di saltare brutalmente la vecchia interruzione pubblicitaria.

 

Ovviamente i grandi investitori sono a conoscenza di questo fenomeno e vogliono trovare un modo per far sì che gli occhi dello spettatore siano incollati allo schermo quando passa il loro messaggio pubblicitario. “La Social TV consente di avere campagne sui social network mentre è in onda il programma televisivo, o di avere un maggior numero di show brandizzati, come per esempio uno spin-off del telefilm, magari solo via web, con una sponsorizzazione molto più forte di quanto non avvenga in televisione”.

 

In quest’ottica è stato notato come il Social Gaming potrebbe rappresentare un’arma fondamentale da sfruttare. Il tempo che molte donne o i giovani passano su internet, magari giocando con qualche applicazione su Facebook, è il medesimo che in passato questi due segmenti, molto importanti per la pubblicità, passavano davanti alla televisione vedendo una telenovela o i cartoni animati pomeridiani. Per questo motivo molti format televisivi vengono rideclinati sotto forma di Social Gaming, in modo da fidelizzare gli spettatori alla trasmissione o semplicemente andare a inseguirli e catturarli su un media diverso da quello televisivo.

 

In questo modo si scopre come formule conosciute, che magari non funzionano più in televisione, vanno fortissimo su internet come Ok, il Prezzo è Giusto o il Gioco delle Coppie. Nono solo: nel Regno Unito c’è un programma, The Bank Job, nel quale i concorrenti sono scelti grazie a tornei di social gaming. Senza considerare che in onda, di fianco ai concorrenti in studio, sono passati i risultati di chi gioca da casa in contemporanea con la trasmissione.

 

Sembra che oltretutto sia in atto il percorso inverso, in altre parole di alcune applicazioni per telefono talmente famose, come Draw Something, che presto diventeranno una trasmissione televisiva. E se pensiamo che quest app è chiaramente ispirata a un vecchio format televisivo anni ’80 capiamo come spesso non è solo questione d’idee, ma del modo in cui queste vengono proposte al pubblico.

 

“Se c’è qualche media in grado di controllare l’attenzione dello spettatore con risultati migliori che in passato, dobbiamo essere in grado di sfruttarlo pienamente. E quindi la televisione si sposterà verso il gaming, perlomeno finché il gaming continuerà a conquistare larghe fasce di pubblico e molte ore d’intrattenimento a settimana,” è il lapidario giudizio di Andrea Materia.

 

Questi sono però gli esempi più riusciti e avanzati emersi in mercati, come quello anglosassone, più avanzati rispetto al nostro. Giampaolo Colletti sostiene, infatti, che in Italia conviviamo ancora con i modelli pioneristici di Social TV, fatti semplicemente da esperimenti di voto online, hashtag in sovraimpressione e poco più. Tra le eccellenze nostrane possiamo citare l’esperienza di La7, quelle di Sky con i suoi canali verticali come Fox Life o Servizio Pubblico, la trasmissione di Santoro nata come prodotto multipiattaforma.

“Quello che però diciamo sempre è che se in America la Social TV ha dei contorni molto netti, da noi assume forme più sfumate,” afferma Colletti, “forse per via d’investimenti più deboli che oltreoceano, che non consentono a queste esperienze di essere sfruttate appieno. O semplicemente questa mancanza di big spender fa sì che il processo di conversione sia più lento”. Anche perché da noi manca anche una delle caratteristiche fondamentali per far sì che tali esperienze abbiano successo, ovvero un intensivo e capillare utilizzo di internet. Non solo a livello di pubblico, ma anche nelle alte sfere si nota un po’ di analfabetismo digitale. Perché un modello che ha già dimostrato di essere remunerativo in altre parti del mondo e del quale abbiamo già regole, tendenze ed esempi virtuosi, dovrebbe ingolosire degli investitori, che invece dalle nostre parti sono ancora un po’ titubanti a comprendere l’efficacia del media digitale.

 

“Quello che vogliamo dire è che in Italia c’è il pubblico, c’è la domanda, ma non c’è l’offerta,” aggiunge Materia. “È una cosa paradossale! Tendenzialmente le leggi di mercato dicono che se c’è una domanda, c’è anche un’offerta, ma in Italia manca questo passaggio logico. Tutto ciò produce un enorme gap che spinge molti utenti a rivolgersi alcuni prodotti in originale o ad abbandonare la produzione televisiva nostrana per il banale motivo che non ha quella completezza studiata per i mercati avanzati. Il rischio è che le televisioni italiane deludano un’intera generazione di pubblico multischermo e quindi di perderlo in maniera definitiva”.

 

Uno scenario davvero paradossale. Le cose comunque si stanno muovendo anche da noi, nonostante un certo immobilismo di Mediaset, uno dei principali e dinamici attori in Italia, un po’ frenata dai recenti problemi giudiziari. Sembra, infatti, che già dal prossimo autunno cominceranno ad apparire formule più articolate di Social TV anche da noi, attraverso le quali ridare “dignità alla cara, vecchia prima serata”, parafrasando le parole di Andrea Materia.