Il Decreto Aree Idonee va riscritto. È quanto stabilisce la sentenza del TAR del Lazio, che ha annullato l’articolo 7 – commi 2 e 3 – del contestato provvedimento ministeriale del 21 giugno 2024, giudicandolo illegittimo. Una decisione destinata a rimettere in discussione le procedure regionali già avviate e a segnare un momento cruciale per il settore delle rinnovabili in Italia.
A far scattare il ricorso erano state numerose realtà dell’energia pulita, tra cui ANEV – Associazione Nazionale Energia del Vento, RWE Renewables Italia, Jackomelli Energia e altri operatori, che da tempo segnalavano le criticità di un impianto normativo giudicato incoerente, discriminatorio e paralizzante per l’industria.
L’interpretazione distorta delle “aree non idonee”
Nel mirino dei giudici, l’eccessiva discrezionalità concessa alle Regioni nell’individuare le cosiddette aree non idonee all’installazione di impianti da fonti rinnovabili (FER). Il TAR ha stabilito che la normativa vigente ha completamente stravolto il concetto originario, nato con l’intento di differenziare solo in termini procedurali – e non sostanziali – tra le varie zone del territorio.
Infatti, prima dell’adozione del decreto, un’area non idonea comportava esclusivamente l’esclusione dall’iter accelerato di autorizzazione. Nessuna preclusione assoluta era prevista. Il decreto contestato, invece, ne ha fatto un criterio di inammissibilità preventiva, bloccando sul nascere molti progetti sostenibili.
Imprese e associazioni esultano: “Una vittoria per la transizione energetica”
Il pronunciamento del TAR rappresenta una vittoria simbolica e concreta per il comparto delle energie rinnovabili. L’ANEV ha espresso soddisfazione per la sentenza n. 9155 del 13 maggio 2025, sottolineando come questa riconosca il diritto delle aziende a un quadro normativo omogeneo, equilibrato e non penalizzante, valido per tutte le Regioni.
Il TAR ha ora imposto un termine di 60 giorni dalla notifica per la riformulazione del decreto da parte del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE). A catena, anche le Regioni dovranno rivedere i propri atti e piani adottati in attuazione del vecchio decreto.
Una svolta che cambia lo scenario
La sentenza segna un punto di svolta nel processo di semplificazione autorizzativa per gli impianti FER, spesso rallentato da norme contraddittorie e dall’inerzia degli enti locali. Proprio su questo aspetto, anche Legambiente aveva già puntato il dito nei mesi scorsi, denunciando i ritardi delle Regioni come una delle cause principali del rallentamento della transizione.
Il Ministro Gilberto Pichetto Fratin ha dichiarato che il Governo si prenderà il tempo necessario per analizzare la sentenza e confrontarsi internamente, ma il colpo ricevuto è tutt’altro che lieve: l’impianto normativo attuale dovrà essere riscritto tenendo conto della pronuncia dei giudici.
Un segnale forte
Questa vicenda evidenzia una verità più ampia: senza norme certe, stabili e coerenti, la transizione energetica non può avanzare con la rapidità e l’efficienza necessarie. Lo stop del TAR è un monito a tutta la macchina legislativa italiana. È evidente che la lotta al cambiamento climatico non può essere ostaggio della burocrazia né delle interpretazioni difformi tra Regioni.
In merito risulta incisivo l’appello dell’ANEV al Governo, affinché il nuovo decreto non sia solo una riscrittura formale, ma un’occasione concreta per costruire una politica energetica moderna, inclusiva e realmente favorevole alle rinnovabili.
Un provvedimento illegittimo, un settore penalizzato, e una transizione che non può più permettersi rallentamenti. Ora serve chiarezza. E serve in fretta.