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2015, fuga dalle torri: telco e broadcaster pronti a vendere

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Anche se in ritardo l’Italia si allinea alla tendenza europea, dove le maggiori telco non possiedono gli impianti di trasmissione ma li affidano a società specializzate, come TDF in Francia e Arqiva nel Regno Unito.

E’ entrata nel vivo anche in Italia, con un po’ di ritardo rispetto al resto d’Europa, la vendita delle torri di trasmissione wireless. In prima fila c’è Telecom Italia che, dopo aver constatato il successo riscosso dall’IPO  di RaiWay (la società delle torri di broadcasting che fa capo alla Rai), starebbe accelerando la quotazione in Borsa di almeno una parte dei circa 8 mila siti che possiede sul suolo nazionale per concluderla entro la prima parte di quest’anno. Anche Wind ha avviato il processo di vendita. In gara per le 6.300 torri dell’operatore, dopo l’uscita di American Tower (che ha da poco acquisito le torri di Tim Brasil per circa 900 milioni di euro), resterebbero in tre: Ei Tower (quotata con il 40% in mano a Mediaset) che sta lavorando al financing assieme a Unicredit, Citi e Bnp Paribas e punta a riequilibrare con clienti delle tlc il portafoglio delle sue 3.200 torri sbilanciato verso il segnale tv; la spagnola Abertis che un anno fa ha rilevato la TowerCo con gli oltre 300 siti venduti da Atlantia e avrebbe al fianco Mediobanca; infine, corre anche il fondo F2i che ha l’appoggio del fondo Providence.

Anche se un po’ in ritardo rispetto a una tendenza già consolidata nel resto d’Europa, dove molte telco hanno già delegato la gestione degli impianti, gli operatori italiani, non solo di telecomunicazioni, ma anche televisivi, stanno dunque andando verso l’affidamento dei loro siti di trasmissione a società che di mestiere fanno prevalentemente quello, ossia gestiscono gli impianti con competenze specifiche di gran lunga superiori, risorse e personale dedicato e costi di gestione sicuramente minori di quelli degli operatori televisivi e di telecomunicazione, che fondamentalmente di mestiere fanno (o dovrebbero fare) altro.

Le torri, hanno infine compreso anche le telco di casa nostra, rientrano nelle risorse ‘non strategiche’ e il ricavato della loro vendita può invece essere utilizzato per rafforzare il core business, ossia l’acquisto di contenuti per i broadcaster o di frequenze per le telco.

Come dire, insomma: mi libero di un asset costoso e non strategico per concentrarmi sulla mia attività  principale e cogliere le nuove opportunità di un mercato in continua evoluzione.

Così hanno fatto, ad esempio, Telecom Italia in Brasile – con la vendita delle torri e l’acquisizione di nuove frequenze per il 4G – e Mediaset in Italia, che ha utilizzato i 283,7 milioni di euro della cessione del 25% delle torri Tv di Ei Towers per fare cassa e finanziare l’acquisizione dei diritti della Champions League.