Il raggiro

18App e truffe online, poche decine di euro in cambio dei 500 euro del Bonus Cultura

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Ai giovani adescati in rete gli vengono chiesti i dati della carta di identità e del codice fiscale. Dare 70 euro a un giovane in cambio di un Bonus da 500 euro è già abbastanza grave, ma si aggiunge anche il rischio che le informazioni personali consegnate siano utilizzate per ulteriori finalità criminali.

Da qualche giorno i ragazzi nati nel 2000, che hanno compiuto quindi diciotto anni nel 2018, possono registrarsi via SPID e vedere accreditati i tanto sospirati 500 euro del Bonus Cultura da spendere entro l’anno in cinema, musica, concerti, eventi culturali, libri, musei, monumenti e parchi, teatro e danza, corsi di musica, di teatro o di lingua straniera.

Un provvedimento che in tanti aspettavano già per settembre, ma che per vari motivi amministrativi e burocratici, tra cui anche l’insediamento del nuovo Ministro dei Beni culturali, Alberto Bonisoli, alla fine è slittato di diversi mesi.

I soldi arrivano tramite l’applicazione ufficiale 18App, a cui si accede con la propria identità digitale (lo SPID). Tramite le lista degli esercenti che hanno aderito, il ragazzo può cominciare a creare ‘buoni’ da spendere per i singoli prodotti o servizi, tra cui biglietti per il cinema, per concerti, per il teatro, oppure libri, corsi di formazione, musei, mostre, musica registrata (CD e dischi).

Il problema è che già da un paio di anni, in rete e addirittura nei negozi sotto casa, circolavano delle vere e proprie truffe ai danni del Bonus Cultura. Nel 2017 se ne era occupata Striscia la Notizia, con la truffa delle cartolibrerie. In quel caso, l’esercente incassava il bonus, dando in cambio al giovane qualche centinaio di euro in contati, ma non la somma per intero, che poi spendeva come voleva.

In poche parole, lo scambio era 200-300 euro in contati a fronte di un Bonus di 500 euro. L’esercente ci guadagnava, il giovane, in cambio di alcune centinaia di euro da spendere subito, magari per smartphone e altri gadget elettronici che non sono contemplati dalla lista della spesa del Ministero, ci perdeva sempre.

Insomma, pochi soldi ma subito e da mettersi in tasca in contanti. Un paio di giorni fa, la trasmissione televisiva Le Iene ha rilanciato di nuovo l’argomento delle truffe sul Bonus Cultura, ma stavolta in rete. I giovani sono adescati da annunci del tipo “Ragazzi del 2000 se volete guadagnare qualche soldo contattatemi in privato non è una perdita di tempo”.

Gli annunci in questione si trovano ovunque, anche su Facebook, nei tanti gruppi di compravendita di qualsiasi cosa. Ai ragazzi, in cambio dell’intero Bonus Cultura, venivano offerti anche meno di 100 euro, nel caso riportato da Le Iene intorno ai 70 euro in contanti.

Sul sito de Le Iene è riportata la trattativa in nero tra un truffatore online e un ragazzo che si è finto interessato allo scambio. Alla fine, non solo gli sono stati offerti pochissimi soldi in cambio di un Bonus da 500 euro, ma gli si chiedeva anche di trovare altre persone interessate all’accordo, tra i suoi amici neo diciottenni, in cambio avrebbe avuto diciamo una provvigione di 20 euro per ogni trattativa andata a buon fine.

Alla domanda del giovane “ma come funziona? È tutto vero?”, il truffatore rispondeva semplicemente “Io do i soldi. Con i libri non te ne fai nulla, credo”.

Un problema ulteriore, leggendo i posti riportati nel servizio de Le Iene, è che nella trattativa in nero erano chiesti al giovane anche foto della carta di identità e del codice fiscale, sia suoi, sia di chiunque altro fosse stato coinvolto in questi accordi in nero.

Informazioni personali che vengono consegnate ad estranei e che possono venire utilizzate per qualsiasi altra finalità, anche criminali, portate a termine con i dati di questi ignari ragazzi.

Di fatto, il numero di queste truffe è in aumento e la possibilità di avere dei soldi in contati, anche se pochi, ma subito (ammesso che arrivano per davvero poi sul conto o su postepay), per molti di questi ragazzi sembra una prospettiva irresistibile, anche se capiscono bene di perdere gran parte del Bonus.

Cosa ne faranno del Bonus questi truffatori è al momento materia di indagine, ma è certo che le forze dell’ordine, già a partire da Facebook e dalle chat più popolari come WhatsApp, dovrebbero intervenire per porre fine a questo business criminale che fa leva sull’incoscienza dei diciottenni e sull’assenza di controlli.