capitol hill

Facebook ha censurato i dipendenti che volevano ‘silenziare’ Trump

di |

I dipendenti di Facebook che chiedevano a gran voce la sospensione degli account di Donald Trump, hanno visto censurare i propri post su Workplace, il social network interno di Menlo Park.

Per Facebook silenziare temporaneamente i profili ufficiali di Donald Trump, ancora Presidente degli Stati Uniti in carica, che invece di calmare le acque continuava ad incitare la folla contro l’esito del voto popolare, urlando al broglio elettorale e alla frode, non è stato facile.

Lo sanno bene i dipendenti di Menlo Park, che, consapevoli del fatto che la piattaforma che avevano aiutato a costruire e gestire aveva contribuito all’ondata di caos e disinformazione, avevano chiesto il gesto a gran voce sulla social network interno di Facebook: Workplace.

In meno di un’ora però, Facebook si è mosso per zittirli, senza alcuna spiegazione apparente.

Lo ha riferito il sito di news americano BuzzFeed News, secondo cui dopo un’ora dall’invio di messaggi ai dipendenti nelle bacheche di Workplace, gli amministratori di Facebook, senza spiegazioni, hanno bloccato i commenti su almeno tre thread che discutevano della possibilità di sospendere gli account di Trump dalla piattaforma.

Secondo BuzzFeed News, i dipendenti di Facebook hanno anche criticato la mancanza di velocità nell’affrontare la situazione estrema a Washington. (Il CEO Mark Zuckerberg ha rilasciato una breve risposta condannando la violenza circa quattro ore dopo che i manifestanti pro-Trump hanno preso d’assalto per la prima volta il Campidoglio).

I precedenti di Facebook

Zuckerberg e Facebook hanno a lungo pubblicizzato il social network come un baluardo della libertà di parola e l’azienda ha storicamente consentito alle sue decine di migliaia di dipendenti di discutere apertamente anche argomenti politici controversi nelle sue bacheche di messaggistica interne.

Ma negli ultimi anni, Facebook ha dovuto affrontare crescenti critiche – sia esternamente che internamente – per non aver represso la disinformazione e l’incitamento all’odio, cresciuti notevolmente e continuano a raggiungere un vasto pubblico.

Questa pressione è arrivata al culmine all’interno di Facebook la scorsa estate dopo la morte di George Floyd. La società ha rifiutato di agire contro un messaggio di Trump che chiedeva violenza contro manifestanti contro la brutalità della polizia e, pochi mesi dopo, ha rifiutato di applicare le sue politiche contro le milizie nonostante avesse ricevuto avvertimenti che gli estremisti di Kenosha, nel Wisconsin, intendevano usare la violenza contro manifestanti.

Durante l’estate, mentre i dipendenti di Facebook si sono dimessi per protesta e la tensione per l’approccio dell’azienda al problema dell’estremismo violento è cresciuta.