La rivista

Democrazia Futura, online il numero 1. Invito ad una lettura ibrida della rivista

di Democrazia Futura |

Parte oggi la pubblicazione dei contenuti del numero 1 di Democrazia Futura, la rivista trimestrale promossa dall'Associazione Infocivica-Gruppo di Amalfi, diretta da Giampiero Gramaglia e curata da Bruno Somalvico.

“A pochi mesi dall’uscita del numero zero di cui abbiamo pubblicato tutti gli articoli fra ottobre e novembre 2020, iniziamo oggi la pubblicazione del numero 1 di Democrazia Futura, la rivista trimestrale promossa dall’Associazione Infocivica-Gruppo di Amalfi, diretta da Giampiero Gramaglia e curata da Bruno Somalvico. Troverete qui di seguito la presentazione del Direttore, seguita da un testo in cui Bruno Somalvico illustra le ragioni per le quali si è scelto di dare al periodico una scadenza trimestrale“.

“Conversazione” di Lucio Saya

Democrazia futura è…

Democrazia futura, di cui esce ora il numero 1, dopo gli esordi laboratoriali del ‘numero zero’ uscito nell’ultimo trimestre del 2020 oggi disponibile sul mio sito https://www.giampierogramaglia.eu/wp-content/uploads/2021/02/Democrazia-futura.pdf, è un’iniziativa editoriale online ideata e prodotta da un gruppo di comunicatori, giornalisti, analisti, intellettuali curiosi del futuro della comunicazione e dell’informazione e proiettati verso l’innovazione, senza però celare evidenti nostalgie della carta stampata. L’ambizione, che è forse un’illusione, è di riuscire, con questo strumento, a fare meglio sentire la nostra voce sui fronti della democrazia e dei valori, della responsabilità e dei diritti. Promossa dall’Associazione Infocivica – Gruppo di Amalfi, nata nel dicembre 2003 per iniziativa di Bino Olivi a cui dedichiamo questo numero in occasione del decennale della scomparsa sopraggiunta a Roma il 15 febbraio 2011, Democrazia futura, che non ha padrini né referenti, finanziari o politici, si propone di essere un periodico che fonda l’approfondimento dell’analisi con la tempestività del commento, scevro di presentismo, ma neppure greve e polveroso della saccenza dell’esperienza e della pedanteria del nozionismo. Democrazia futura non ha una linea e non ha un’agenda. È luogo di confronto e di discussione, ma respinge ogni violenza fisica e verbale, ogni negazione della libertà e della democrazia, ogni rifiuto d’umanità e solidarietà. È palestra di libertà d’espressione, ma è pure tesa a intercettare e contrastare falsità e bufale che inquinano il dibattito sociale. Non ha sulla lingua i peli del politically correct, ma il suo è un linguaggio corretto e rispettoso. Ha una vocazione europea e crede nel prevalere dell’interesse pubblico su quello particolare. Nel momento in cui Democrazia futura diventa da labile progetto futuribile concreta iniziativa editoriale, il mio ringraziamento, di presidente di Infocivica e di direttore della pubblicazione, va al nucleo di amici e di colleghi soci dell’Associazione che vi hanno concorso e a tutti quanti, esterni all’Associazione, vi hanno generosamente contribuito, ma soprattutto a quelli che già sono e saranno i nostri lettori e che ci daranno forza e lo stimolo con le loro critiche e i loro input. La presentazione del numero 1, che qui riproduciamo come “voce collettiva”, è di Bruno Somalvico – segretario d’Infocivica e vero motore trainante di questa iniziativa, che senza di lui non avrebbe mai trovato approdo –: ripercorre la successione e i contenuti di questo fascicolo. Collaborano a Democrazia futura: Roberto Amen, Raffaele Barberio, Guido Barlozzetti, Gianni Bellisario (!), Michel Boyon, Ugo Cavaterra, Licia Conte, Luigi Covatta, Pier Virgilio Dastoli, Massimo De Angelis, Paolo Luigi De Cesare, Piero De Chiara, Lino Deseriis, Antonio Di Bella, Arturo di Corinto, Giampiero Gramaglia, Erik Lambert, André Lange, Giacomo Mazzone, Marco Mele, Andrea Melodia, Maria Grazia Meriggi, Michele Mezza, Paolo Morawski, Fabrizio Ottaviani, Silvana Palumbieri, Gianfranco Pasquino, Bruno Pellegrino, Pieraugusto Pozzi, Augusto Preta, Giuseppe Richeri, Stefano Rolando, Carlo Rognoni, Lucio Saya, Dom Serafini, Claudio Sestieri, Francesco Siliato, Bruno Somalvico, Michele Sorice, Raffaele Vincenti e Giorgio Zanchini.

L’invito ad una lettura ibrida della rivista.
Perché una rivista trimestrale
Alla memoria di Bino Olivi a dieci anni dalla morte

Chi cercherà di trovare in questo fascicolo i retroscena degli intrighi di Palazzo, il disvelamento dei presunti arcani della politica, un gossip sia pure raffinato dei pettegolezzi che concernono anche il mondo della comunicazione e dei media ha sbagliato indirizzo. Non troverà nulla qui. A un anno dall’idea di dar vita a questo trimestrale e a meno di sei mesi dalla messa a fuoco del titolo e di un primo menabò non sappiamo ancora quale sarà la sua fisionomia editoriale definitiva. Sappiamo solo le ragioni per le quali abbiamo sentito la necessità di dar vita ad una nuova testata. E per quale motivo deciso di chiamarla Democrazia Futura. Con questa iniziativa culturale, civile ed editoriale promossa dalla Associazione Infocivica – Gruppo di Amalfi, intendiamo trattare con ampiezza di connessioni il tema delle libertà, delle garanzie, dei diritti sociali, degli equilibri e delle responsabilità pubbliche nel governo globale della Rete. La testata vuole essere un progetto editoriale originale che, intorno ai grandi temi dell’Information society e della responsabilità dei media, rappresenti una sorta di moltiplicatore di punti di vista non necessariamente ortodossi e politicamente corretti. Questa è la nostra Mission e su di essa si sono concentrati gli sforzi sin dal numero zero dedicato alle piattaforme che dominano il cosiddetto nuovo “capitalismo della sorveglianza” e alle conseguenze dell’ascesa di questi nuovi padroni del vapore nella riorganizzazione e datificazione frammentazione della società e conseguentemente dell’opinione pubblica che alcuni nostri amici come il professor Philip Schlesinger nel Regno Unito e Michele Sorice in Italia hanno definito come post-sfera pubblica.

Altrettanto chiara è la nostra vision di fondo, la convinzione come scrivevamo nella presentazione del numero zero cheDemocrazia non vuol dire consociativismo, ma autonomia responsabilità e capacità di decidere per il bene della collettività garantendole pari condizioni di accesso al sapere, libertà effettiva di pensiero, movimento e azione e giustizia sociale. Dopo la prima vera crisi globale del corona virus, gli Stati nazionali, l’Unione Europea, e gli altri organismi internazionali, anziché andare in ordine sparso devono convergere su un minimo comune multiplo di regole del gioco globalmente condivisibili. Riteniamo utile – aggiungevamo presentando quel numero zero nello scorso ottobre – traghettare la democrazia e ripensare le sue regole, i suoi valori e principi – in primis la libertà – nella società dell’informazione della conoscenza.Rifuggire le scorciatoie tecnocratiche, combattere i regimi autoritari e le democrature significa progettare la Democrazia futura, dando vita ad una nuova Comunità di Apoti inguaribili che desiderano uscire dal presentismo dominante e immaginare una nuova Polis. Partiamo da Norberto Bobbio e da un suo celebre articolo “C’è consenso e consenso”, dedicato ad un editoriale di Francesco Alberoni “Democrazia vuol dire dissenso”, ovvero possibilità per le minoranze di non essere d’accordo con la maggioranza, la quale ha peraltro facoltà di agire sino a quando non venga a sua volta sfiduciata da una nuova”. E concludevamo osservando come “Il programma di lavoro della testata – riecheggiando quel lontano ma fondamentale dibattito degli anni Settanta- sarà dunque di pensare come nel mondo digitale la democrazia continui a disporre dei necessari anticorpi contro i virus che la affliggono, prepotentemente emersi in questi mesi di confinamento”.

Nel frattempo in questi tre mesi non solo abbiamo assistito ad una seconda ondata della pandemia e alle nuove varianti del Covid-19 emerse in queste ultime settimane a cavallo fra la fine del 2021 e l’inizio di questo 2021 nonostante l’avvio di quella che sarà probabilmente considerata la più importante campagna di vaccinazione della storia dell’umanità facente seguito alla decisione politica dell’Europa di dar vita al suo più imponente piano per la ricostruzione a favore delle prossime generazioni, su cui si è già espresso su queste colonne Pier Virgilio Dastoli, grazie alla nuova volontà politica impressa dalla Presidenza tedesca di Angela Merkel nel suo ultimo mandato come Cancelliere e dall’energico impegno della nuova Commissione europea profuso da un’équipe collaudata intorno ad Angela Merkel dove spiccano, a fianco della presidente la popolare tedesca Ursula von der Leyen, i due vice presidenti la liberal-democraticadanese Margrethe Vestager e il socialista olandese Frans Timmermans, nonché il socialista spagnolo Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri Josep Borrel e il democratico italiano Paolo Gentiloni Commissario agli Affari economici, mentre la Francia può avvalersi con Christine Lagarde di un ruolo cruciale come quelle rivestito dalla presidente della Banca Centrale Europea. Nonostante un lungo procrastinarsi delle trattative con il Regno Unito, l’Unione europea con la ferma quanto abile capacità diplomatica del suo negoziatore capo europeo per l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea l’ex Commissario francese prima al mercato interno poi all’industria Michel Barnier, riesce a strappare un più che onorevole accordo con il governo conservatore di Britannico di Boris Johnson, evitando una fuoriuscita senza pervenire a nessun accordo, ovvero lo spettro della cosiddetta hard Brexit. Le sorprese e le tensioni maggiori non sono fra le due sponde della Manica malgrado le prolungate code di automezzi a Calais ma si producono al di là dell’Atlantico con la drammatica successione del democratico Joe Biden al repubblicano autoproclamatosi patriota sovranista Donald Trump che dopo essersi rifiutato di riconoscere la vittoria del suo concorrente nel mese di novembre, il giorno della proclamazione ufficiale del risultato a parte del Congresso americano ha invitato le sue truppe ad un assalto contro Capitol Hill per poi invitare le proprie truppe ad abbandonare questo grande luogo che ospita entrambe le Camere degli Stati Uniti solo dopo aver favorito spari, morti e feriti nel cuore della democrazia americana, creando uno stato di shock e l’immediata richiesta di un secondo impeachment nei suoi confronti. Un vero e propri tsunami politico a cui il nuovo presidente ha cercato di porre fine rottamando in poche decisioni l’operato del suo predecessore presentando la novità espressa in questi anni da Trump come se fosse una semplice paretesi da chiudere definitivamente in un ritorno indietro al contesto precedente con l’ascesa alla massima carica del vice presidente di Barak Obama in perfetta continuità – almeno nell’apparenza – con il primo presidente nero americano.

Mentre quella in atto a seconda dei punti di vista può essere giudicata una vera e propria rivoluzione o contro rivoluzione al di là dell’Oceano destinata forse a produrre non nel breve ma nel medio lungo cambiamenti radicali nello scacchiere internazionale grazie anche alle spinte dl un universo mediatico che potrebbe spingere porre l’asticella sempre più in alto favorendo un domani, se non l’impeachment, una condanna attraverso la giustizia ordinaria del presidente uscente, un dopo domani la secessione di quella larga parte degli Stati Uniti che sembrerebbe continuare a sostenere Trump e in futuro il suo progetto di dar vita ad un partito sedicente patriottico che potrebbe far saltare in aria il bipartitismo statunitense attraverso l’uso spregiudicato non solo dei social ma anche di una televisione rivolta potenzialmente ai suoi oltre 74 milioni di elettori. Molto probabilmente la guerra dei media emersa prepotentemente in occasione delle precedenti presidenziali statunitensi del 2016 con l’uso spregiudicato di notizie spesso non verificate e il ricorso a false notizie veicolate sui social network da improbabili navigatori dietro ai quali si nascondevano potenti robot e sofisticati strumenti di intelligenza artificiale, è destinata a proseguire durante tutto il quadriennio di Presidenza Biden. La novità è stata caratterizzata dal manifestarsi di dichiarazioni palesemente false pronunciate dal presidente in carica nei confronti delle quali questa volta sono state spiccate contromisure da  parte dei media tradizionali non sempre proporzionate sino alla vera e propria censura in diretta operata dai grandi network nei confronti del presidente in carica quando indicava brogli elettorali o in ogni caso misure inaccettabili prese nei suoi confronti sino all’oscuramento del suo account su Twitter. Un salto di qualità nella guerriglia virale sulle fake news che profittava certamente di quell’infodemia indigesta veicolata almeno nove mesi di confinamenti blackout o chiusure a singhiozzo in ordine sparso prodotti sin dallo scoppio almeno in Occidente della pandemia a partire dal febbraio 2020 con la scoperta anche fuori dalla Cina dei primi casi di persone colpite dal Covid-19. Né sappiamo quanto durerà l’attuale luna di miele fra il neo premier Mario Draghi e il mondo dell’informazione dopo la guerriglia informativa di dicembre e di gennaio che ha portato alla fine del secondo governo di Giuseppe Conte e alla formazione di una nuova inedita maggioranza di salute pubblica in un momento delicato della legislatura a pochi mesi dal semestre bianco in cui chi detiene le sorti del Paese è chiamato non solo a presentare un Piano credibile di riforme in Europa per le prossime generazioni ma anche a procedere al rinnovo di almeno 500 posizioni di vertice nelle istituzioni, nelle imprese pubbliche ed anche in seno alla concessionaria del servizio pubblico, ovvero alla Rai, Non sappiamo in che tempi potremo uscire dal Corona Virus e da questi confinamenti che hanno dilatato i consumi mediatici e l’uso dei social network insieme al lavoro agile svolto a domicilio in una casa bunker dove decisivo risultava non solo tutelarsi dl Virus all’origine della pandemia ma anche dl moltiplicarsi dei virus derivanti da un uso inappropriato di media, social e più in generale di tutte le tecnologie dell’informazione.

Per quanto ci riguarda Democrazia futura si propone di pubblicare i propri articoli in regime di tutela chiamata Creative Commons ossia tesa a salvaguardare i diritti morali dell’opera, in questo caso gli scritti dei redattori, evitandone quanto possibile un uso distorto, ovvero imponendo determinati obblighi a chi desideri riprenderne integralmente o parzialmente i contenuti in primis l’obbligo di citarne correttamente la fonte e più in generale il contesto generale ( cominciare dalla data e il luogo di pubblicazione). L’esperienza del numero zero della rivista ha mostrato il carattere profondamente diverso della pubblicazione online magari sul sito di un singolo autore che ha contribuito al fascicolo, su una newsletter con 14 mila abbonati come Key4biz dove abbiamo pubblicato ogni giorno nell’ordine del sommario tutti gli articoli del numero zero, e la pubblicazione invece unitaria del fascicolo fruibile sia in rete scaricando un pdf dal sito di Giampiero Gramaglia , file che può eventualmente essere distribuito anche come allegato ad una mail, sia stampato su supporto cartaceo, attraverso la pubblicazione dello stesso pdf tramite propria stampante (sperimentata un successo da alcuni di noi (ma con il grave difetto di avere costi unitari per copia molto elevati) o come un libro tradizionale attraverso una tipografia ed eventualmente la distribuzione di un editore (che richiederebbe la vendita sia al dettaglio sia in abbonamento di alcun centinaia di copie solo per raggiungere un punto di equilibrio con i meri costi di fabbricazione (cianografica, stampa su rotativa, copertina, rilegatura e consegna).

Quest’ultima strada rimane tutta da verificare, ammesso e concesso che un editore puro accetti se non di editare e comporre i testi come stiamo facendo integralmente in seno alla redazione della rivista), perlomeno di assumersi tutti i costi di fabbricazione, stampa e distribuzione di un volume i cui singoli pezzi sono stati giù pubblicati in rete dove continuano ad essere fruibili con un semplice clic dopo aver consultato un motore di ricerca. Una vivace discussione in seno alla redazione e all’Associazione continua a rimanere accesa in merito alla necessità di tentare questo ulteriore passo, da taluni giudicato oltre che oneroso, inutile o quantomeno superfluo come il capriccio di un nostalgico di vestigia del passato o di monete fuori corso, se non addirittura antiquato e di retroguardia quasi si rifiutasse di fare i conti con la rivoluzione digitale.

Chi scrive queste righe ritiene al contrario che la lettura online e quella tradizionale costituiscano due modalità complementari e non alternative di fruizione del medesimo testo, certo, ma in un contesto, ben diverso. Nel primo caso trattasi sostanzialmente di fruizione su un terminale elettronico del pezzo singolo in quanto tale, nel secondo caso al contrario, il pezzo sia letto internamente ad un pdf su schermo o su carta sia in un tradizionale fascicolo rilegato, vive in condominio con altri, al pian terreno, o ai vari piani di un edificio sino all’attico e alla mansarda sotto i tetti, all’interno di un edificio o se preferite di un’unità abitativa multipla. In taluni casi due tre o più testi online possono rimanere affiancati come una serie di villette a schiera che occupano un po’anonimamente un isolato residenziale. La rivista è una sinfonia di scritti e come tale riteniamo si debba presentare al lettore anche nell’era crossmediale e ben diverso è il risultato di una fruizione separata dei singoli pezzi rispetto alla fruizione corale dell’opera intera.

Immaginiamo di visitare Democrazia futura come se si trattasse di una mostra o meglio di un museo vivente entrando obbligatoriamente dalla porta principale nel nostro caso la copertina per poi scegliere un percorso osservando la cartina di dislocazione delle opere (il nostro sommario) avvalendosi eventualmente di una guida introduttiva al percorso (la presentazione che state leggendo). Avrete la possibilità di seguire tutto il percorso di vista del Museo, saltando velocemente alcune sale (singoli pezzi o intere sezioni del fascicolo), ed anche di andare direttamente a vedere una singola opera (ad esempio la Gioconda al Louvre). Ma molto diversa ne risulterà la visita del grande museo francese. La lettura online favorisce subito questa scorciatoia la possibilità di vedere l’opera di Leonardo da Vinci: a prescindere dal museo, dall’esistenza stessa del museo, nel nostro caso l’intero fascicolo/edificio che struttura e costituisce la spina dorsale di una coralità di articoli, autori che si esprimono sui più vari  diversificati argomenti con i punti di vista più svariati, ognuno dotato di una propria originalità che si afferma e consolida nella visita accurata dell’intero edificio o perlomeno di alcune sue sezioni che suscitano al lettore/visitatore maggiore interesse. Internet attraverso la datificazione dei propri spazi, servizi e contenuti, anziché favorire un grande e dettagliata navigazione dell’internauta ha assecondato la tendenza alla frammentazione, segmentazione e formattazione rapida voluta dalle piattaforme: come se bastasse cliccare “like”.

Vi invitiamo dunque ad una doppia lettura: sia ad hoc del singolo articolo che potete leggere e citare tranquillamente partendo dalla pubblicazione online, sia a questa lettura corale della rivista convinti che questa modalità antiquata di leggere rimanga comunque un ottimo taccasana contro il presentismo dominante e le letture veloci formattate tese a raccogliere informazioni sul vostro conto invitandovi a dirci se vi piace, siete passati magari solo un per un nano secondo su una pagina, senza soffermarvici troppo. Il nostro sarà dunque un appello di un antico ad una lettura slow, ovvero lenta, meditata, unitaria e contestualizzata al di fuori di qualsiasi volontà di formatizzazione del pensiero, datificazione delle nostre idee, sensazioni, e nemmeno delle nostre prese di posizione e decisioni come cittadini. Non si tratta di fermare il mondo e scendere, di reagire luddisticamente contro le tecnologie dell’informazione e nemmeno contro gli effetti perversi o meglio ancora le variabili inattese della post modernità. Ma di reagire e ribellarsi contro questo appiattimento della rete, questa sottomissione del web ai diktat di piattaforme unicamente orientate al profitto e non al benessere dell’intera collettività.

Ribellarsi contro il presentismo passa anche attraverso nuovi comportamenti da parte di piccole nicchie della società convinti che solo ritrovando una coesione e una coralità si potranno superare e vincere le grandi sfide della globalizzazione che richiedono condivisione delle opportunità e consapevolezza dei rischi cui andremo incontro ad esempio nell’uso dell’intelligenza artificiale, la ricerca di una piattaforma politica comune basata su sistemi non proprietari ma che considerano la rete un bene comune per il quale va sancito costituzionalmente un diritto d’accesso universale regolamentato da un minima pacchetto di diritti e doveri da assolvere nel rispetto di tutti, delle grandi potenze planetarie come dei piccoli paesi, della maggioranze e di tutte le minoranze nel quadro di uno sviluppo e di una convivenza davvero sostenibili per gestire la grande Polis emersa in questo terzo millennio.