Glossario

Democrazia Futura. Piattaforma politica, Il termine nella sua accezione tradizionale

di Gianfranco Pasquino, Professore emerito di Scienza politica, Università di Bologna, e Socio dell’Accademia dei Lincei |

“Una piattaforma politica contiene non soltanto i principi fondamentali che stanno all'origine a alla base di un partito, della sua ideologia e della sua pratica politica, ma anche dei problemi esistenti, salienti in quel sistema politico, delle soluzioni che un candidato e/o un partito propongono”.

Sempre per il Glossario, a conclusione del primo fascicolo 2021 di Democrazia futura per completezza, Gianfranco Pasquino ha predisposto, dopo quelli di Richeri e Sorice, un terzo contributo accademico relativo alla voce piattaforma, ma questa volta nel suo significato tradizionale, profondamente diverso, da quelli precedenti, riferito all’universo politico: “Piattaforma politica”. “Una piattaforma politica – chiarisce Pasquino – contiene non soltanto i principi fondamentali che stanno all’origine a alla base di un partito, della sua ideologia e della sua pratica politica, ma anche, di volta in volta, a seconda delle competizioni elettorali, delle cariche in gioco e dei problemi esistenti, salienti in quel sistema politico, delle soluzioni che, in maniera più o meno dettagliata, un candidato e/o un partito propongono.

Gianfranco Pasquino

Con piattaforma politica si indicano i principali obiettivi formulati da un candidato e/o da un partito in un documento presentato e utilizzato soprattutto, ma non esclusivamente, nelle campagne elettorali. Dalla piattaforma prende slancio un insieme di attività politiche e elettorali che nel confronto/scontro con piattaforme concorrenti contribuiscono all’esistenza e al funzionamento di una democrazia competitiva.

Le piattaforme politiche sono sottoposte agli elettori per conquistarne il voto.  In seguito, gli elettori, gli altri candidati e partiti, i mass media potranno valutare se, come, quanto ciascun candidato e ciascun partito sarà rimasto fedele agli obiettivi enunciati traducendoli in comportamenti politici e, qualora avesse ottenuto cariche di governo, in politiche pubbliche. L’attenzione va rivolta alle piattaforme dei candidati quando è in gioco una carica elettiva monocratica, per esempio, quella di presidente della Repubblica, di presidente di una regione, di sindaco, di candidato a un seggio parlamentare nei collegi uninominali. Va, invece, rivolta ai partiti nelle democrazie parlamentari. Naturalmente, anche laddove la competizione è indirizzata ad una carica monocratica è più che probabile che i partiti svolgano un ruolo di importanza notevole ancorché variabile nella formulazione della specifica piattaforma politica.

Più precisamente, una piattaforma politica contiene non soltanto i principi fondamentali che stanno all’origine a alla base di un partito, della sua ideologia e della sua pratica politica, ma anche, di volta in volta, a seconda delle competizioni elettorali, delle cariche in gioco e dei problemi esistenti, salienti in quel sistema politico, delle soluzioni che, in maniera più o meno dettagliata, un candidato e/o un partito propongono. Quanto più la piattaforma politica ruota intorno ai principi fondamentali di un partito tanto più gli elettori potranno utilizzarla come scorciatoia cognitiva per i loro comportamenti elettorali, anche senza addentrarsi nei meandri delle singole proposte di soluzioni. Tuttavia, le ricerche elettorali hanno accertato che, in alcuni, non pochi, casi, sussistono problemi talmente rilevanti che proposte di soluzioni particolarmente originali e innovative riescono a raggiungere elettori che altrimenti continuerebbero a preferire il partito di cui condividono i principi fondamentali.

Una simile dinamica vale, a maggior ragione, quando la competizione non è fra partiti, ma fra candidati, in particolare per le cariche di vertice di un sistema politico. A contare saranno, allora, le qualità personali del candidato piuttosto che la più o meno nota piattaforma del suo partito. Anzi, talvolta, sarà il candidato stesso a prendere le distanze dalla piattaforma sottolineando la sua biografia personale e professionale, mettendo in evidenza la sua competenza, vantando la sua autonomia di giudizio e di azione, affermando la sua volontà/capacità di andare altro quanto il suo partito ha detto e fatto.

Spesso le piattaforme politiche sono il prodotto della combinazione in misura variabile di due elementi. Da un lato, sta quella che per lungo tempo è stata definita l’ideologia del partito; dall’altro, si trovano quelle proposizioni che riguardano le risposte programmatiche da dare ai molti problemi contemporanei e contingenti. Custodire e riproporre, talvolta, aggiornandola, l’ideologia del partito è compito sia degli intellettuali di riferimento di quel partito, più o meno organici ad esso, sia dei funzionari del partito. Le risposte programmatiche spettano per lo più ai dirigenti del partito e ai candidati. Da tempo, però, dall’inizio degli anni Sessanta del secolo scorso, quando il grande sociologo statunitense Daniel Bell scrisse dell’esaurimento delle ideologie, peraltro, avendo di mira in particolare quelle di sinistra, gli elementi più propriamente ideologici sono sostanzialmente scomparsi dalle piattaforme. Un po’ dovunque sono rimasti i partiti che si collocano a destra a fare riferimento agli irrinunciabili principi della triade “Dio, patria, famiglia”. Dal canto loro, i partiti riformisti, progressisti si incontrano nel dichiarare come loro intenzione fondamentale e principio ispiratore quello dell’eguaglianza variamente declinato: riduzione delle diseguaglianze economiche e, talvolta, sociali, affermazione e ampliamento della eguaglianza di opportunità.

Le più recenti discriminanti nelle piattaforme politiche corrono lungo due assi. Nelle democrazie europee, l’asse principale è costituito dagli atteggiamenti e dalle valutazioni del processo di costruzione dell’Unione Europea. Da un lato, si collocano i favorevoli, dall’altro, gli scettici e i contrari i quali, poiché spesso rivalutano e enfatizzano la (ceduta/perduta) sovranità nazionale, vengono definiti sovranisti. Più in generale, nel resto del mondo la contrapposizione più frequente nelle piattaforme politiche è data dagli atteggiamenti e dalle valutazioni concernenti la globalizzazione con la linea divisoria che corre fra coloro che la accettano e ritengono sia positiva e positivamente orientabile e coloro che la ritengono foriera e responsabile di molti sviluppi negativi ai quali opporsi respingendola. Molto spesso lungo le due linee abbozzate si trovano, da un lato, le élite economiche, sociali e politiche, dall’altro, un insieme di partiti e movimenti populisti. Le rispettive piattaforme politiche registrano queste differenze, spesso le incorporano e le traducono in principi e in proposte programmatiche e politiche.

Un tempo erano i partiti grazie alla interazione e collaborazione fra intellettuali e dirigenti a elaborare le piattaforme politiche, rielaborarle, aggiornarle. I due esempi europei più significativi e di maggiore impatto sono collegati a due luoghi fisici: Bad Godesberg e Épinay. Nel primo nel 1959 i socialdemocratici tedeschi (SPD) fecero cadere il marxismo dalla loro piattaforma ideologica. Nel secondo nel 1971 un variegato insieme di associazioni gruppi, sindacati e partitini diedero vita al Parti Socialiste. Meno densa di contenuti, ma di enorme impatto e rilevanza la piattaforma politica contenuta nella video cassetta con la quale Silvio Berlusconi annunciò la sua discesa in campo alla guida di Forza Italia nel 1994 subito vincendo le elezioni. Infine, qualitativamente al di sotto degli eventi tedesco, francese e berlusconiano, va collocata la piattaforma politica, sostanzialmente priva di effettiva originalità, a fondamento della nascita del Partito Democratico in Italia nel 2007.

Da qualche tempo, lo sviluppo sicuramente più significativo è rappresentato dalla comparsa di veri e propri professionisti nell’elaborazione di apposite piattaforme politiche. Inizialmente costituiti da volontari che si impegnavano, spesso per chiara vicinanza ideale, nelle campagne dei candidati a loro graditi, che si trattassero delle primarie negli Stati Uniti, ma anche dell’elezione presidenziali, poi si è affermato un gruppo ampio di esperti specializzati e specialisti di settori specifici. Vi sono coloro la cui professionalità si esprime e si misura nella stesura del testo che potrà diventare la piattaforma. Con loro collaborano i sondaggisti che hanno esplorato le preferenze non solo politiche dello specifico segmento elettorale considerato più rilevante. A loro si aggiungono gli esperti della comunicazione che istruiranno i candidati sulle modalità con le quali offrire in pubblico, nei pochi comizi che ancora si svolgono, ma soprattutto in televisione le tesi contenute nella piattaforma. Infine, hanno fatto la loro comparsa e si sono conquistati uno spazio ampio e importante gli operatori dei nuovi media strumento essenziale per la diffusione dei messaggi estraibili dalla piattaforma e di volta in volta incanalabili e diretti a pubblici specifici.

Chi ha valutato le nuove situazioni affermatesi negli ultimi vent’anni per quel che riguarda la rilevanza delle piattaforme politiche, sotto forma, ad esempio, di quelli che vengono chiamati in inglese i Party Manifestos, è giunto a tre conclusioni che contraddicono molte presunte certezze circolanti nel dibattito pubblico, peraltro, con differenze tutt’altro che marginali fra i diversi sistemi politici.

Primo, non è vero che la personalizzazione della politica abbia cancellato la rilevanza delle piattaforme politiche con il leader che sarebbe diventato lui stesso il programma. Nella maggior parte delle democrazie, certo, il leader ha acquisito notevole visibilità, ma, al tempo stesso, utilizza la sua visibilità personale per farsi portatore e interprete della piattaforma politica del suo partito/schieramento così come elaborata da un ampio strato di collaboratori e professionisti. Poi, il successo dipenderà anche dalle capacità personali del leader.

Secondo, non è affatto vero che tutte le piattaforme politiche si assomigliano, che non ci sono più differenze/divergenze significative, che i profili programmatici si sono appiattiti in maniera tale da giustificare l’insoddisfazione e il malcontento dell’elettorato che accomuna e rigetta tutti o quasi i contenuti delle piattaforme politiche. Semmai, il processo di appiattimento è un effetto, più o meno voluto, della comunicazione attraverso operatori di scarsa professionalità dei mass media e, talvolta, della soggezione e sudditanza di dirigenti politici e candidati nei loro confronti.

Terzo e ultimo, tutte le ricerche condotte in tempi, in luoghi, in sistemi politici diversi, Italia compresa, hanno tanto regolarmente quanto sorprendentemente messo in rilievo come nella grande maggioranza dei casi la grande maggioranza degli eletti abbia cercato di attuare, naturalmente, con maggiore o minore successo, gli impegni presi, scritti nelle rispettive piattaforme politiche. A riprova, la lunga serie storica di dati raccolti a partire dal 1973 nelle indagini dell’Eurobarometro sugli Stati membri dell’Unione Europea rivela costantemente che maggioranze più o meno ampie in più di venti dei ventotto (includo ancora la Gran Bretagna) Stati-membri dell’Unione sono soddisfatte del funzionamento delle rispettive democrazie. Per le democrazie e per i democratici è una conclusione confortante che trova il suo fondamento sia nei valori e negli ideali dei regimi democratici sia nel rispetto ad opera dei rappresentanti e dei governanti delle rispettive piattaforme politiche. Formulare principi, indicare obiettivi, assumere impegni e collocare il tutto in una piattaforma politica rimane un compito nobile e gratificante.

P.S. Diversamente piattaforma è la Piattaforma Rousseau. Luogo tecnologico nel quale gli iscritti al Movimento 5 Stelle si esprimono su tematiche (da ultimo se partecipare o no al governo Draghi) e su persone, la Piattaforma Rousseau è un modo non disprezzabile, ma perfezionabile di praticare procedure democratico partecipative. Chi scaglia pietre contro questa piattaforma non è senza peccato.