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Cina, Giappone e altri 13 Paesi asiatici danno vita a mega accordo di libero scambio. Vale il 30% del Pil mondiale

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Nasce il trattato commerciale più grande del mondo per tagliare le tariffe su spedizioni e trasporto merci e stabilire regole comuni nei settori dell’ecommerce, delle telecomunicazioni e della proprietà intellettuale, ma anche per rivedere le catene di approvvigionamento e rilanciare l’economia post Covid-19. Dentro anche Australia e Nuova Zelanda. India alla finestra.

Un mercato costituito da 15 Paesi, con una popolazione complessiva di 2,2 miliardi di persone, per un pil cumulato da 26,2 trilioni di dollari, il 30% del totale mondiale: è nato ieri online, in video conferenza internazionale, il Regional comprehensive economic partnership (o Rcep), la più grane area commerciale di libero scambio al mondo.

Cina, Giappone, Corea del Sud, Tailandia, Vietnam, Singapore, Filippine, Myanmar, Malesia, Laos, Indonesia, Cambogia, Brunei, Australia e Nuova Zelanda, in attesa di una futura adesione anche dell’India, sono i Paesi firmatari del grande accordo, l’Rcep.

L’accordo commerciale

Dopo otto anni di trattative, le principali economie asiatiche, con l’aggiunta dell’Australia e della Nuova Zelanda, hanno dato vita ad un’immensa area commerciale di libero scambio, con l’obiettivo di tagliare le tariffe su spedizioni e trasporto merci e stabilire regole comuni nei settori dell’ecommerce, delle telecomunicazioni e della proprietà intellettuale.

Altro obiettivo strategico è ridisegnare le catene di approvvigionamento o supply chain, che la pandemia di Covid-19 ha mostrato vulnerabili e poco affidabili in situazioni di crisi.

Per tutti i Paesi firmatari è una grande occasione per rilanciare l’economia Asean, l’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico per la cooperazione reciproca e lo sviluppo economico, soprattutto in tempi di pandemia e di emergenza economica multilaterale.

L’ascesa cinese

Secondo gli esperti, un accordo del genere favorirebbe notevolmente l’ascesa cinese a superpotenza globale, anche approfittando della momentanea crisi americana legata all’incertezza del voto elettorale per le presidenziali 2020 e per l’emergenza sanitaria tutt’ora in corso.

Dopo l’uscita degli Stati Uniti dal Trans-Pacific Partnership, altro storico accordo di libero scambio tra undici Paesi del Sud Est asiatico e del Pacifico, voluta da Donald Trump nel 2017, la Cina potrebbe estendere la propria influenza economico-finanziaria su tutta la regione.

Ora bisognerà attendere le mosse del (probabile) nuovo Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, sullo scacchiere che si apre sull’Oceano Pacifico tra il gigante asiatico e il Nord America: tornerà al tavolo delle trattative con Pechino e gli alleati asiatici? Eliminerà o rivedrà i dazi commerciali imposti dalla precedente presidenza americana?