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5G, banda 3.4-3.6 Ghz: il Tar conferma la proroga ma rivede il prezzo

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Il Tar del Lazio conferma la proroga dei diritti d'uso della banda 3.4-3.6 Ghz ma il contributo annuo per il loro utilizzo andrebbe rivisto in considerazione del prezzo della banda gemella all'asta 5G.

La proroga di sei anni delle licenze d’uso delle frequenze 3.4-3.6 Ghz al 2029 concessa dall’Agcom e dal Mise è legittima, ma il prezzo del contributo annuo per il loro utilizzo – peraltro allargato al nuovo standard 5G dal “vecchio” Wimax cui erano state originariamente concesse – dovrebbe essere rivisto ed equiparato al prezzo versato dagli operatori lo scorso anno in sede di asta 5G. Tanto più che la proroga è avvenuta in contemporanea con l’asta frequenze 5G, in cui gli operatori hanno speso somme ingenti (eccessive?) per aggiudicarsi le frequenze contigue in banda 3.6-3.8 Ghz.

Questo in sintesi il verdetto del Tar del Lazio sui i ricorsi di Tim, Vodafone e Iliad contro i provvedimenti di Mise e Agcom che avevano prorogato al 2029 la durata dei diritti d’uso delle frequenze 3.4-3.6 GHz, in scadenza nel 2023, utilizzabili per il 5G in capo ad Aria (Tiscali), Linkem, Go Internet e Mandarin.

Proroga legittima, contributo va rivisto

Di fatto, il Tar conferma la legittimità della proroga ma il contributo andrà riconsiderato in base al prezzo salatissimo versato dagli operatori Tim, Vodafone, Iliad per le frequenze gemelle in banda 3.6-3.8 Ghz assegnate lo scorso anno in sede di asta 5G per un controvalore di 4,36 miliardi. E questo perché proprio la banda 3.6-3.8 Ghz, e con essa anche la banda gemella 3.4-3.6 Ghz oggetto della pronuncia del Tar, saranno le prime utilizzabili per il 5G, insieme alle altissime frequenze in banda 26 Ghz, in attesa della liberazione da parte dei broadcaster della banda 700 Mhz, che avverrà gradualmente di qui al 2022.

A questo punto, l’ultima parola sul ricorso per la banda 3.4-3.6 Ghz la darà il Consiglio di Stato che si pronuncerà fra circa un anno dopo la sospensiva.

A Linkem la proroga dei diritti d’uso era costata 40 milioni di euro, ad Aria 27,14 milioni, a Go Internet 2,6 milioni e a Mandarin 1,14 milioni. Aria (Tiscali) ha poi venduto a Fastweb per 150 milioni nell’ambito della cessione del suo ramo Business, operazione poi ritoccata.

Fastweb soddisfatta

Fastweb sulla vicenda delle frequenze 5G, puntualizza ed esprime soddisfazione per il respingimento da parte del Tar dei principali motivi di ricorso presentati da Iliad, Vodafone e Tim relativi al trasferimento delle frequenze di Aria/Tiscali e sull’estensione temporale della licenza, un pronunciamento che ha riconosciuto la correttezza dell’azione amministrativa del Mise e di Agcom. In merito al motivo di ricorso, relativo all’asserito difetto di istruttoria per la determinazione del valore dei diritti d’uso delle frequenze, Fastweb confida nell’esito positivo da parte del Consiglio di stato alla luce delle circostanze che il criterio adottato da Agcom è in linea con quanto già disposto in passato per la proroga di altre frequenze di cui hanno beneficiato alcune delle parti ricorrenti.

Tiscali soddisfatta a metà

Tiscali si dichiara “soddisfatta dell’esito dei pronunciamenti del Tar del Lazio sui ricorsi presentati da Tim, Iliad e Vodafone sulla proroga dei diritti d’uso delle frequenze 3.4-3.6 GHz utilizzabili per il 5G, per la parte in cui i pronunciamenti confermano la legittimità dell’estensione temporale delle licenze, nonché del trasferimento dei diritti da Tiscali, attraverso la controllata Aria, a Fastweb”.

La società al contrario, come si legge in una nota, “non concorda sulla parte dei pronunciamenti riguardante la determinazione del valore dei diritti d’uso, ritenendo che sia stato determinato sulla base di criteri equi e ragionevoli, i quali non hanno in alcun modo inciso negativamente sull’assetto concorrenziale del mercato. Precisa infine che tali sentenze, allo stato attuale, non hanno impatti sulle attività del gruppo”.

Linkem confida nel Consiglio di Stato

Anche Linkem commenta positivamente la sentenza del Tar che “conferma la legittimità dell’estensione temporale delle licenza d’uso delle frequenze di cui è titolare” rispetto ai ricorsi presentati da Iliad, Vodafone e Tim. Con riferimento al motivo di ricorso sui criteri per la determinazione del contributo, anche Linkem come Fastweb “confida nell’esito positivo del giudizio presso il Consiglio di Stato”. La sentenza del Tar, sottolinea l’operatore in una nota, “riconosce la correttezza dell’aziona amministrativa del Mise e di Agcom. Il criterio adottato dall’Agcom – conclude – è peraltro coerente con quanto già disposto in passato per la proroga di altre frequenze di cui hanno beneficiato alcune delle parti ricorrenti”.

Dal Wimax all’Lte al Fixed Wireless Access

Le frequenze 3.4-3.6 erano state attribuite ad Aria (ora parte di TiscaliLinkemGo Internet e Mandarin con un’asta nel 2008 per una tecnologia chiamata WiMax, che doveva portare internet nelle zone rurali e meno popolate del paese per coprire il digital divide in aree in cui i grandi operatori avevano poco interesse ad investire.

Il WiMax si è rivelato però poco efficace e molto presto superato da altre tecnologie, in particolare l’LTE. Da qui la scelta di Agcom, in continuità con il passato (proroghe, con procedimenti analoghi erano state date anche lo scorso anno per le bande 900 e 1800 a tutti i grandi operatori) di estendere le licenze dal 2023 al 2029, in modo da dare agli operatori WiMax – che nel frattempo avevano fatto investimenti importanti – una prospettiva concreta di completare la migrazione allo standard LTE e 5G. Una scelta nel senso della competizione, quella di Agcom, che allo stesso tempo garantisce agli utenti nelle zone del digital divide la presenza di un servizio di qualità, in attesa che arrivi la fibra di Open Fiber che, a distanza di 2 anno e mezzo dai bandi Infratel, non ha attivato poche connessioni. Gli investimenti degli operatori del fixed wireless access in queste aree potrebbero inoltre rivelarsi uno stimolo importante anche per spingere i grandi gruppi ad accelerare a loro volta la posa della nuova rete 5G.

L’iter delle proroghe

Un percorso amministrativo, quello delle proroghe, che non è soggetto a decisioni politiche ma ad un iter consolidato, stabilito già dalla legge Bersani del 2007. Avviato con una consultazione pubblica di Agcom nel dicembre 2017, l’Autorità ha deciso di andare avanti nel percorso proprio alla luce della “necessità di garantire l’uso effettivo ed efficiente delle frequenze qui in oggetto e la promozione degli investimenti e della concorrenza effettiva” come scrive nella sua delibera conclusiva del procedimento lo scorso aprile, dopo la quale il Mise ha dato il suo nullaosta.

Insomma, la proroga non è certo stata il blitz descritto da alcuni operatori, ma lo stesso tipo di procedimento trasparente sperimentato nel passato dall’Autorità. Del resto, la decisione di incrementare la competizione in fasi di forte discontinuità tecnologica stimolando l’ingresso nel mercato di nuovi operatori non è una novità per il regolatore: la stessa Iliad ha avuto da Agcom nell’ambito dell’asta per lo spettro 5G una riserva per una porzione dello spettro in banda 700 Mhz grazie alla quale si è aggiudicata uno dei lotti al prezzo di riserva. E nel 2010 H3G, che all’epoca era appunto il nuovo entrante, aveva avuto due blocchi di spettro 1800 a titolo gratuito per competere ad armi pari con i grandi operatori consolidati.