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Web tax nel Def? Boccia rilancia (con Michele Emiliano)

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Francesco Boccia (PD) sulle modifiche al Documento di Economia e Finanza: ‘No aumento dell’Iva e Sì a web tax per le multinazionali che che fanno profitti in Italia e continuano ad eludere il nostro fisco’.

Scongiurare l’aumento dell’Iva e introdurre la web tax per le multinazionali. È semplice e anche di equità sociale la proposta di modifica al Def 2017 di Francesco Boccia (PD). “Chi sostiene la mozione ‘Emiliano’ al Congresso del PD è fermamente contrario ad un aumento dell’Iva nella prossima manovra. Piuttosto serve una web tax per farla pagare a chi non la paga: alle multinazionali del web che fanno profitti in Italia e continuano ad eludere il nostro fisco”, ha dichiarato Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera, nel corso di alcune iniziative pubbliche in Puglia  in vista delle primarie aperte del 30 aprile.

Pier Carlo Padoan, ministro dell’Economia, nel presentare il Documento di economia e finanza ha affermato che non è da escludere dal primo gennaio 2018 un aumento dell’Iva sia agevolata (dal 10 al 13%) sia ordinaria (dal 22 al 25 per cento). Più l’aumento delle accise sui carburanti. L’obiettivo è mettere nella cassaforte dello Stato circa 20 miliardi di euro. Ma Renzi e la sua compagine si dicono pronti a far cadere il Governo qualora questa decisione verrebbe presa. Contraria è anche l’ala moderata che fa capo a Michele Emiliano, candidato alla segreteria del PD, e sostenuto, fra gli altri, da Boccia.

Perché la web tax è una valida alternativa a aumento Iva

Francesco Boccia ha rilanciato, per l’ennesima volta, la proposta di far pagare le tasse alle multinazionali del web perché è una strada praticabile che porta ad entrate sicure. Ecco quante, nel dettaglio.

Introdurre nel nostro Paese la “web tax” potrebbe portare Google a pagare al Fisco italiano 19,4 milioni rispetto ai 2,2 milioni versati nel 2015, e lo stesso discorso varrebbe anche per Facebook, che nello stesso anno ha versato 200mila euro e verserebbe invece 6,1 milioni. Somme che lieviterebbero ulteriormente se fosse applicata l’altra ipotesi del provvedimento, ovvero l’applicazione di una ritenuta alla fonte del 26%, perché in questo caso l’imposta sarebbe di 133 milioni per Google e a 56,6 milioni per Facebook, ossia 188 milioni in più di quanto versato al Fisco due anni fa. I dati sono stati forniti a marzo da Alberto Zanardi, componente del Consiglio dell’Ufficio parlamentare di bilancio (UPB), in audizione congiunta dagli Uffici di presidenza delle Commissioni Finanze e tesoro e Attività produttive del Senato nell’ambito dell’esame del disegno di legge n. 2526 che punta ad introdurre la web tax.
Se si moltiplicano queste percentuali per tutti gli Over The Top che fanno profitti in Italia di sicuro le casse dello Stato sarebbero più piene e si potrebbe agevolmente evitare di aumentare ancora una volta le tasse agli italiani.

Finora la web tax è stata rinviata in attesa di una normativa omogenea a livello europeo. L’Italia introducendo la tassa per le multinazionali del web ha l’occasione di farsi emulare dagli stati membri e porre fine a “una specie di far west”, così come l’ha definito Francesco Boccia