L'annuncio

Web e fisco, Renzi: ‘Digital Tax nel 2017’

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Il premier annuncia che, se la Ue non passerà ai fatti, dal primo gennaio del 2017 anche l’Italia avrà una Digital Tax.

Il governo mette in programma la digital tax. Il premier Matteo Renzi sembra deciso a muoversi in questa direzione, accogliendo il piano già avviato dalla Ue e riprendendo quegli impegni che in Italia erano stati avviati con l’ormai nota Web Tax, voluta dal presidente della Commissione Bilancio della Camera Francesco Boccia, in vigore dal 1° gennaio 2014 per la parte riguardante il ruling per la pubblicità online.

Adesso Renzi intende dare un colpo d’accelerata e ieri sera durante il programma televisivo Otto e mezzo ha dichiarato che dal 1° gennaio 2017 partirà la digitale tax, se la Ue non dovesse prendere un provvedimento concreto nei confronti delle web company che eludono il fisco.

Stamani anche il Sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli ha confermato gli obiettivi del governo sul fronte web e fisco.
A margine della firma del protocollo sul lavoro e la legalità nell’ambito del piano nazionale per la banda ultra larga, Giacomelli ha dichiarato:
“Renzi ha confermato l’impostazione. È un piano europeo, non avrebbe senso una visione diversa. Come dice il premier, se ci sarà una via che farà perno sui contenuti e sarà equa, l’Italia la percorrerà”.

Il cuore della norma accoglierebbe la posizione assunta dalla Ue, ribadita nel corso dell’ultima visita a Roma anche dal Commissario Vestager, far “pagare le tasse nei luoghi dove si fanno transazioni e affari“, come ha spiegato ieri Renzi su La7.

Il premier ha osservato: “I grandi player dell’economia digitale mondiale che per me sono dei miti, come Apple e Google, hanno un sistema per cui non pagano le tasse nei luoghi dove fanno business: allora noi siccome stiamo aspettando da due anni che ci sia una legge europea abbiamo deciso di attendere la Ue tutto il primo semestre del 2016“.

Se Bruxelles non passerà ai fatti lo farà l’Italia e, ha annunciato Renzi, nella prossima legge di Stabilità ci sarà anche la digital tax.

Ma la Ue si sta già muovendo e, in vista degli obiettivi fissati per la realizzazione del Mercato Unico Digitale, ha deciso un nuovo giro di vite per combattere l’elusione e i paradisi fiscali.

Bruxelles non ci sta più a perdere ogni anno mille miliardi di euro di imposte non versate grazie alla pianificazione aggressiva di molte aziende, tante quelle che operano su internet.

“Il principio richiamato da Matteo Renzi del far pagare alle aziende della cosiddetta economia digitale le imposte nel paese in cui fanno business mi soddisfa molto, perché è quello fissato nel 2013 dal Parlamento Italiano che fece da ariete nel dibattito politico europeo“, ha sottolineato Boccia, commentando le dichiarazioni del premier.
“L’importante – ha indicato – è superare il concetto obsoleto della ‘non stabile organizzazione’ e decidere se far pagare con il modello inglese le imposte dirette o con il modello europeo delle imposte indirette nel quadro europeo di armonizzazione. Personalmente, come detto più volte, preferisco il modello europeo. La politica sana ha il dovere di intervenire sulla mostruosa base imponibile erosa e far pagare alle multinazionali dell’economia digitale imposte che oggi eludono, riducendo le imposte alle imprese italiane tradizionali”.

In Italia, a fronte di un fatturato di circa 11 miliardi di euro, le multinazionali del web pagano all’erario meno di 10 milioni di euro l’anno, cioè meno dell’1 per mille. Con la sede sociale in Paesi a fiscalità privilegiata (spesso Irlanda e Lussemburgo, ndr), una struttura societaria complessa, e giocando sui prezzi di trasferimento infragruppo, riescono alla fine quasi a non pagare le imposte, se è vero che in media, a livello mondiale, versano l’1% del fatturato.

Intanto Google sarebbe vicina all’accordo con la Procura di Milano per un contenzioso fiscale da 800 milioni di euro. Ma Big G non è l’unica, sotto la lente anche i sistemi di Apple, che nel nostro Paese avrebbe evaso 879 milioni di euro, Facebook e Amazon.

A giugno scorso, dopo la stretta sul tax ruling, Bruxelles ha presentato un piano d’azione per una profonda riforma della tassazione societaria nell’Ue.

Tra le azioni chiave figurano una strategia per rilanciare la base imponibile consolidata comune per l’imposta sulle società (CCCTB) e un quadro che garantisca una tassazione efficace nel luogo in cui sono generati gli utili, come annunciato nei giorni scorsi.

Misure già in fase elaborazione a livello internazionale nell’ambito dell’OCSE che si è già attivata su questo fronte, siglando lo scorso settembre un accordo con il G20 contro l’elusione fiscale.

Un primo passo importante della Ue è stato compiuto a marzo, quando la Commissione ha presentato un pacchetto di misure volte a rafforzare la trasparenza fiscale nell’Ue.

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