La denuncia

Voto in Olanda, elettori tracciati dai social. Il peso delle Big Tech sulla democrazia

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Stasera sapremo l’esito del voto, ma è certo che i social e le tech corporation globali abbiano trovato il modo di influenzare le masse, soprattutto attraverso microtargeting e la solita disinformazione. In che modo sono stati utilizzati i dati raccolti? Qual è il prezzo che stiamo pagando in termini di libertà di scelta?

Si chiudono oggi le elezioni politiche in Olanda. Dopo tre giorni di voto, a partire dalle ore 21:00 di stasera inizierà lo spoglio delle schede e quindi saranno annunciati i primi exit poll.

Il voto in Olanda

Secondo i più informati, il premier uscente Mark Rutte dovrebbe con ogni probabilità essere rieletto ed ottenere così un incredibile quarto mandato.

Una tornata elettorale che certamente è stata segnata dalla pandemia di Covid-19, con la scelta di votare in tre giorni per evitare code e assembramenti ai seggi e sui mezzi di trasporto, ma anche da un diffuso malcontento per le misure sanitarie molto restrittive e per l’impatto sociale ed economiche dell’emergenza in corso.

Una situazione generale molto delicata, quindi, in cui i social media, che già di per sé negli ultimi mesi sono stati al centro di polemiche relative alla disinformazione e la diffusione di fake news di carattere sanitario, potrebbero aver giocato un ruolo non secondario nell’esito di questa tornata elettorale.

Cittadini elettori e utenti social tracciati e monitorati

Secondo quanto riportato da politico.eu, le sponsorizzazioni dei partiti e dei loro annunci elettorali avrebbero condizionato non poco questo voto, soprattutto sfruttando le tecnologie di tracciamento e monitoraggio degli utenti/elettori.

Quello che non era accaduto (o comunque non in maniera massiccia) nelle elezioni presidenziali americane del novembre scorso, è stato autorizzato in Europa per questo appuntamento elettorale olandese.

In una ricerca condotta da Floor Terra (Gruppo Privacy Company), pare che Google e Facebook abbiano tracciato costantemente gli utenti che hanno fatto visita ai siti web dei partiti politici, rispettivamente 13 e 8 di questi.

Democrazia, cookie e libertà di scelta

Il tutto senza che gli utenti in questione siano mai stati informati di quanto gli stava accadendo, quindi senza consenso esplicito, sfruttando semplicemente i cookie.

Determinate tipologie di cookie, infatti, consentono ai gestori di siti web che ne fanno uso, di analizzare dati personali e dati di traffico relativi all’utente, sulla base dei quali poi ricondurlo all’interno di una più o meno ampia categoria di appartenenza, quindi di proporre allo stesso inserzioni pubblicitarie – nel senso ampio del termine – il cui contenuto è realizzato ad hoc per quella categoria.

Un operato dei social media che viola gli standard di privacy dell’Unione europea e che pone seri interrogativi sul tipo di utilizzo che le piattaforme faranno di tali dati.

Secondo molti analisti, sono dati che sicuramente sono stati sfruttati per indirizzare meglio gli annunci politici e influenzare così la scelta di voto di molti cittadini.

Microtargeting e partiti politici

Come già accaduto in passato, anche in Italia, l’estrema destra olandese ha sembra abbia sfruttato molto bene il servizio di microtargeting di Facebook, come l’FvD ad esempio, che in questo modo ha raggiunto utenti nascosti grazie a tecnologie di profilazione molto avanzate per specifiche categorie di cittadini (divorziati, disoccupati, con bambini piccoli, abitanti di case popolari o di quartieri periferici con criticità varie, tutti potenziali elettori, utenti da poter convincere con messaggi mirati).

Alle scorse presidenziali americane, Twitter ha vietato completamente l’advertising politico fin dal 2019, mentre Google e Facebook hanno fatto la stessa cosa a ridosso dell’evento di novembre, ma con divieti temporaneo o limitazioni più o meno estese.

Google, ad esempio, invece di vietare in maniera univoca tale pratica, ha spiegato che a seconda dei contesti culturali e sociali provvederà a valutare limiti e divieti all’advertising di partiti e candidati politici.
Dello stesso avviso è stata Facebook.

I nostri dati, che fine fanno?

Posizioni che se da un lato prendono più o meno seriamente il problema degli annunci, dall’altro evitano volontariamente di affrontare la criticità relativa alla raccolta di dati personali e alla loro tutela.
Che fine fanno i dati raccolti? Come sono usati? Da chi? Per quali finalità?

Negli Stati Uniti si è aperto un confronto duro tra il Congresso e le piattaforme sociali (forse ridimensionato dopo l’elezione di Joe Biden), più in generale i giganti tecnologici, tra cui, oltre quelli sopra citati, ci sono anche Amazon, Microsoft, Apple e altri ancora, coinvolgendo le istituzioni democratiche e la società civile che è anche digitale ormai.

I dati sono l’obiettivo primario di qualsiasi impresa di internet, al giorno d’oggi. È qui che si impasta la materia prima da cui trarre profitti sempre più grandi. È qui che si annidano le principali minacce alla nostra democrazia.