Dossier rete unica

Vivendi-Mediaset, l’emendamento antiscalata peserà sul progetto rete unica?

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Vivendi pronta a rivolgersi alla Commissione Ue contro l'emendamento antiscalata del Governo, che potrebbe avere conseguenze anche sul progetto 'rete unica' su cui finora il gruppo francese è stato silente.

Vivendi sul piede di guerra dopo l’approvazione dell’emendamento antiscalata che di fatto ne blocca gli spazi di manovra in Mediaset. Il gruppo francese detiene una quota del 29% del Biscione, e starebbe meditando una protesta formale alla Commissione Ue se il Governo andrà avanti con l’approvazione dell’emendamento, inserito nel decreto Covid, all’esame della Camera per l’approvazione definitiva. Il provvedimento prevede che l’Agcomvenuta meno la Legge Gasparri di fatto bocciata dalla Corte di Giustizia Ue come non in linea con le leggi europee – possa avviare un’indagine di sei mesi sul doppio ruolo di Vivendi in Mediaset e Tim, dove detiene quote significative rispettivamente del 29% e del 24%.

Emendamento antiscalata

Si tratta di una norma da cui il Pd ha preso le distanze, la cui paternità è stata rivendicata dal ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli che consente all’Autorità di indagare eventuali distorsioni nel mercato delle Tlc e dei Media e del pluralismo. L’emendamento ha lo scopo di colmare, almeno per sei mesi, il vuoto normativo lasciato dalla recente abrogazione della legge Gasparri da parte della Corte di Giustizia Ue, che di fatto ha accolto il ricorso di Vivendi contro il congelamento della quota del 19,9% detenuta in Mediaset e sterilizzata in un trust dalla stessa Agcom tre anni fa.

La lettera

Vivendi ha già inviato una lettera di protesta al Governo italiano e al commissario per il Mercato Interno Thierry Breton. L’ad di Vivendi Arnaud de Puyfontaine avrebbe scritto testualmente che il disegno di legge allo studio “viola i principi di legalità e certezza del diritto e … il diritto di proprietà”, preannunciando azioni formali se il Governo non ritirerà l’emendamento.   

Mediaset, Patuanelli: ‘Norma anti-scalata non è ad aziendam’

“Quella è una norma che ha un’origine governativa, lavorata dal ministero dello Sviluppo economico, da me personalmente, insieme al sottosegretario Liuzzi e in collaborazione con Gualtieri. Le cose vengono spesso lette in modo difforme da come sono realmente. Non è una norma ad aziendam o per fare un dispetto a un’azienda non italiana o a una francese ma è una presa d’atto che una sentenza europea che porta ad avere un un vuoto normativo da colmare e quindi bisogna dare ad Agcom gli strumenti per valutare effetti su mercato del pluralismo di quella sentenza. E’ chiaro che si applica in questo momento perché c’é una sentenza in corso ma può essere valutata su tante altre operazioni finanziarie”. Lo ha detto il ministro Stefano Patuanelli a Sky Tg24. “L’Agcom avrà un periodo di tempo per valutare effetti su pluralismo e capire come rimediare a eventuale distorsioni se ce ne saranno”, ha aggiunto. 

Conseguenze sul progetto rete unica?

Secondo altre due fonti interpellate da Reuters, se l’emendamento sarà approvato e diventerà legge Vivendi, socio negli ultimi tempi “silente”, potrebbe “vendicarsi” rivalersi ritirando il suo appoggio al progetto di rete unica di TIM voluto dal Governo. L’intreccio potrebbe arrivare ad una svolta nel mese di aprile, in occasione della prossima assemblea degli azionisti di TIM. Oggi, Vivendi, primo azionista del gruppo Tlc con una quota del 24%, è di fatto sotto rappresentata in CDA.

Ma ad aprile – a meno di cambiamenti al momento imprevedibili nell’assetto azionario di TIM – Vivendi potrà prendere il sopravvento, magari colmando in CDA i posti occupati oggi dai rappresentanti del fondo statunitense Elliott, che si è disimpegnato.  

Ad aprile Vivendi non più sottodimensionata nel CDA di TIM

A quel punto, il gruppo francese potrebbe usare questa rinnovata presa su TIM per negoziare con il Governo. E usare tra le altre cose la leva della “rete unica” anche per strappare un accordo con Mediaset. I negoziati fra il gruppo di Vincent Bollorè e la famiglia Berlusconi, dopo diversi stop and go, sono in stallo e a quanto pare la lite, che va avanti dal 2016, si chiuderà nelle aule giudiziarie.

Il gruppo di Cologno chiede complessivamente circa 3 miliardi di euro di risarcimento danni a Vivendi per la mancata acquisizione di Premium e per la scalata ‘ostile’ bloccata nel 2017 dall’intervento dell’Agcom con il congelamento del 19,9% detenuto dai francesi.

Tra l’altro Mediaset ha smentito di aver ricevuto una lettera da parte del Consiglio di Amministrazione di Vivendi per chiudere il contenzioso.